Quante attese, quante emozioni, in un certo senso quanta epica si è creata intorno alla partita di questa sera. Quella che sembra, ora più che mai, la gara che può dare un indirizzo ben preciso alla corsa per lo Scudetto: consce già da diverse ore del risultato del Penzo di Venezia, dove è stato di scena il Napoli di Antonio Conte, sul prato del Gewiss Stadium si sfideranno la terza e la prima in classifica di questo campionato, un duello tra corregionali, tra ‘sorelle’ di colori, di sicuro tra due squadre pronte a darsi battaglia fino all’ultimo. Insomma, si sfidano l’Atalanta e l’Inter, e la partita non è mai di quelle banali. A maggior ragione adesso, che dopo un lungo periodo di consolidamento, la Dea pare finalmente organizzata e costruita per puntare all’obiettivo grosso, al compimento di un capolavoro che porterebbe lo scudo tricolore sulle maglie dei nerazzurri di Bergamo che nella loro storia di tricolore hanno accolto solo la coccarda della Coppa Italia vinta nell’ormai remotissimo 1962-63.
Ora più che mai, l’Atalanta e la sua gente credono di poter realizzare questo sogno, ed è giusto che ci credano. È giusto che ci credano in primo luogo i tifosi, come da striscione esposto durante l’happening organizzato all’interno del centro sportivo di Zingonia, dove ieri hanno fatto sentire il loro incitamento alla squadra all’interno dei campi di allenamento portando alla commozione il presidente Antonio Percassi. Giusto che ci creda la stessa dirigenza, che negli anni ha saputo costruire una squadra coi controfiocchi col culmine raggiunto quest’anno, dove si è creata una rosa talmente ampia che all’assenza di Juan Cuadrado il tecnico Gian Piero Gasperini può rispondere scegliendo uno tra Charles de Ketelaere, Mario Pasalic o Marco Brescianini. Ed è giusto che ci creda anche lo stesso allenatore, per il quale sono bastati tre mesi balordi in un tempo assai lontano perché ogni sfida contro l’Inter venga dipinta sempre coi termini di vendetta, rivalsa, pan per focaccia e così via, ma per il quale l’unico pensiero sarà indubbiamente quello di dimostrare di avere trovato la chiave per stoppare quel Simone Inzaghi che nelle ultime uscite lo ha sempre messo puntualmente all’angolo senza pietà. Sarebbe stato bello capire quali emozioni suscitasse in lui un’Atalanta-Inter così speciale, ma alla vigilia non c’è stata la consueta conferenza stampa.
Ma se l’Atalanta ha tutto il diritto di crederci, perché non dovrebbe crederci a maggior ragione la stessa Inter? Quell’Inter che nonostante infortuni, inciampi, impegni a raffica, riesce comunque a mantenersi in cima alla classifica e se dovesse ottenere i tre punti darebbe un segnale importante soprattutto evitando quello che sarebbe un peso tremendo da sopportare anche e soprattutto per i tifosi: arrivare all’ultima pausa stagionale con una sconfitta che renderebbe pesantissimi i prossimi 15 giorni nei quali, pur di riempire pagine e combattere la noia, presumibilmente si sentirebbe e si scriverebbe di tutto e anche di più. Una vittoria ha lo stesso peso specifico per l’una come per l’altra squadra, eppure già c’è chi si è premurato di parlare di pressioni diverse, adducendo e camuffando dietro una presunta ‘vox populi’ il pensiero (auspicio?) che solo per l’Inter e per Simone Inzaghi un passo falso e più in generale il mancato arrivo del ventunesimo Scudetto rappresenterebbe una sorta di fallimento a metà, che, facendo il gioco dei contrappesi, è come dire che l’eventuale vittoria finale sarebbe una sorta di successo ‘mutilato’, perché non si sa. Mischiare la cronaca calcistica alla filosofia è esercizio forse interessante ma altrettanto aleatorio; meglio badare al sodo, badare alla partita e alla ricerca di tre punti preziosi per l’una come per l’altra squadra.
Inutile dire che Simone Inzaghi sa bene che questa partita sarà un passaggio cruciale, e soprattutto che il rotondo 4-0 dell’andata appartiene ad un tempo che appare assai lontano, considerate le condizioni dell’epoca degli avversari. Inzaghi che per il resto, parlando ai canali ufficiali del club, non si discosta molto dal copione di tante vigilie, predicando concentrazione, aggressività e determinazione; chiedendo ai suoi uomini un approccio importante e soprattutto di non cadere in alcune defaillance che hanno rischiato di costare carissime nel match contro il Monza ultimo in classifica e che per poco non faceva un clamoroso scherzetto ai nerazzurri, figuriamoci di fronte ad una squadra come l’Atalanta che quando decide di partire si trasforma in un rullo compressore e non guarda in faccia niente e nessuno. E che soprattutto vorrà dare al proprio pubblico una gioia dopo diverse giornate storte, anche molto amare come quella di Champions League contro il Club Brugge.
L’Inter arriva alla sfida contro l’Atalanta forte di una striscia di risultati utili consecutivi nello scontro diretto che dura da ben 12 partite, le ultime tre concluse con vittoria e porta imbattuta tra campionato e Supercoppa. L’Atalanta non si impone sui nerazzurri di Milano dal 4-1 del novembre del 2018, quando in panchina c’era Luciano Spalletti, dopo un match praticamente senza storia e anche in quel caso alla vigilia di una sosta. Spettro, comunque, già ampiamente esorcizzato negli anni a venire anche se, mai come in questa circostanza, la cabala e le statistiche vanno messe da parte. Ci sarà un’atmosfera incendiaria, l’ambiente sarà carico più che mai e l’Inter dovrà prepararsi ad una battaglia che si preannuncia anche una battaglia di nervi. Anche perché l’Atalanta di Gasperini rispecchia in pieno le virtù della figura della mitologia greca dalla quale prende il nome: l’eroina abilissima nella caccia e soprattutto inafferrabile nella corsa, al punto tale che chiunque avesse voluto prenderla in sposa avrebbe dovuto batterla proprio su questo terreno, pena l’uccisione.
E quindi, stasera più che mai, servirà un’Inter che faccia un bel corso accelerato di miti e leggende dell’antichità e cercare di ispirarsi alla figura di Ippomene, colui che riuscì nella clamorosa impresa di correre più veloce di Atalanta grazie allo zampino della dea Artemide che gli suggerì l’escamotage delle tre mele d’oro da lasciare sul terreno durante la corsa, contando sull’attrazione che avrebbero suscitato in lei. Ovviamente, l’auspicio, anche se di fronte ci sarà la cosiddetta Dea, è quello di non dover ricorrere a chissà quali forze extraterrene per reggere il confronto; semplicemente, basterà convincersi che l’Atalanta è sì un ostacolo di quelli tostissimi, ma se si vuole dare ragione a mister Inzaghi e a quelle sue tre dita alzate, allora non bisogna lasciare nulla di intentato. La stagione è alla fase conclusiva, le forze sono quelle che sono, il calendario evidentemente non sarà per nulla amico ma lottare fino all’ultima goccia di sudore sì, quello è tassativo.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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