Sette giorni vissuti troppo pericolosamente, chiusi da una partita con l’Empoli brutta nel primo tempo e più vivace nel secondo. 
Vittoria importante che sigilla il terzo posto e rilancia Nainggolan, il cui capitolo dovrebbe essere tutt’altro che chiuso. Il suo comportamento ha messo in imbarazzo la società, la quale ha ben gestito la faccenda, con una politica finalmente intransigente. 

Gara con i toscani giocata con la cronica mancanza di ritmo delle gare in trasferta. L’assenza di Brozovic permette l’unica opzione della regia affidata a B. Valero, con Vecino impalpabile e Joao Mario ottimo palleggiatore, nonostante la compassatezza. Centrocampo lento ed esterni con poca iniziativa, anche a causa di un Empoli con la linea dei difensori molto alta, tattica rischiosa ma funzionale per tutta una frazione durante la quale i giocatori nerazzurri terminano spesso in fuori gioco. 

Nella seconda parte l’Inter guadagna campo, Spalletti fa entrare Nainggolan e L. Martinez, la squadra prende qualche iniziativa in più, con estrema lentezza ma più precisione. Dopo tre azioni sciupate arriva finalmente il gol di Keita ma l’Inter rischia in almeno due occasioni di farsi beffare, come con il Chievo. 
 

Lautaro Martinez si conferma giocatore di grande prospettiva, Keita cresce e Icardi sta trovando una nuova dimensione di attaccante che dialoga con la squadra. Bene la classifica, grazie anche alla grande vittoria sul Napoli, trascurata per i fatti di mercoledì.

Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da vicende diverse, con il denominatore comune della volgarità e dell’impreparazione. Il tema è vasto ma in pochi giorni è stato fatto un minestrone su elementi distinti da parte delle istituzioni, una zuppa di frasi retoriche e ottuse culminate in una lettura inadeguata. Ogni governo ha affrontato la questione con formidabile superficialità annunciando cautele messe in atto solo a metà, fallendo. Tra queste la tessera del tifoso. 

 

Non essendoci alcuna cultura nell’ambito sportivo, ogni evento è accolto in modo emotivo. La squalifica della curva è stata “accettata”, quella dell’intero stadio è invece diventata una misura grossolana ed esasperata, messa in atto senza una riflessione preventiva.

Se ci fosse una linea messa in atto da anni sarebbe una sanzione severa ma assolutamente congrua, invece la squalifica di San Siro ha sortito l’effetto opposto perché estemporanea, isterica e punitiva verso la maggioranza di un pubblico civile.  

Senza contare che da sempre c’è una difformità nelle pene inflitte in casi come questo. Criminalizzare gli interisti è stata una sciocchezza, evocare il razzismo sostenendo che “siamo tutti Koulibaly” è un modo goffo e vuoto di trattare la questione, senza risolvere storicamente niente, perché la questione è molto più seria ed è sempre ridotta a slogan che fanno effetto solo su chi è già sensibilizzato.     

Si tratta di un castigo dato da un maestro sorpreso e impreparato a un livello tanto diffuso di infantilismo. Perché di questo si tratta: autentica immaturità. La questione delle volgarità e degli ululati (che non vengono da un centinaio di spettatori ma da più di un migliaio e non solo dalle curve di tanti stadi), difesi da un sorprendente numero di persone che nei commenti sui social sostiene convintamente e in modo inconsapevolmente tragicomico che non sia male fare ululati a un nero o inneggiare al Vesuvio, perché si è sempre fatto così e poi “altri insultano madri morte, fanno striscioni su Superga, Heysel e non vengono puniti”. Ho assistito ad un dibattito sui social che faceva differenze tra “uh” razzisti e “buu” e alla fine è arrivata l’assoluzione, dando la colpa ai “buonisti”.

Il tema dunque è l’assenza di una cultura di riferimento che infatti produce nelle persone una morale del tutto personale, la quale giustifica ogni gesto. Si tratta di immaturità diffusa e inconsapevole. I tifosi sostituiscono come un avatar la persona e si giustificano come bambini togliendosi qualunque responsabilità. Quei tifosi sfruttano la zona franca perché le regole non sono attuate, salvo casi eccezionali come questi.

Si guarda al modello inglese ma se applicassero da noi le stesse modalità restrittive ci sarebbe una massa cospicua di tifosi che si rivolterebbe. Cultura, appunto.

Il tema ultras è diverso ma anche qui si preferisce affrontarlo con approssimazione, senza studiarlo a fondo e comprendere che sviluppo ha preso. Si tratta di un movimento che comprende almeno 420 gruppi ultras, molti di questi politicizzati e vulnerabili per l’inserimento della criminalità come dimostra anche la vicenda delle curve juventine. 

È una questione multiforme e complessa che non si risolve attraverso un incontro con i capi curva e una lunga squalifica o i daspo. Sono misure punitive che quando i riflettori si spegneranno (in fretta) risulteranno inefficaci perché prive di metodo. 
In ultimo i tesserati. Abbiamo parecchi casi di presidenti che fomentano con dichiarazioni sconcertanti, tweet di giocatori, allenatori e società che evocano cospirazioni, malafede e complotti, con la complicità di alcuni siti e quotidiani che ricorrono al vittimismo ed eccitano i loro lettori ben oltre un limite che non c’è. Tutto senza alcuna conseguenza.
La colpa è di tutti.
Buon anno.
Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 30 dicembre 2018 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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