Brutto mestiere quello del difensore centrale, soprattutto all’Inter, dove chi gioca nella linea a quattro deve avere la giusta personalità per saper gestire la pressione di uno stadio come San Siro  e il carisma per gestire i movimenti del reparto. Dopo le partenze di Lucio e Walter Samuel, pilastri del Triplete, alla squadra nerazzurra è sempre mancata personalità in difesa. Lo scorso anno Ranocchia e Juan Jesus hanno patito molto durante tutto l’arco del campionato, tanto che Roberto Mancini ha chiesto alla dirigenza dell’Inter di rifare il look al pacchetto arretrato: detto, fatto. Joao Miranda, Jeison Murillo e Martin Montoya sono i primi tre pezzi del nuovo schieramento che Mancini ha già iniziato a provare in quel di Brunico (in attesa ovviamente del brasiliano che si aggregherà alla squadra verosimilmente dopo la tournée in Cina). Ma quale storia si portano dietro questi tre giocatori? Saranno capaci di guidare una difesa importante e fino a questo momento deficitaria come quella nerazzurra? Riusciranno a coesistere? 

Per presentare al grande pubblico la figura di Jeison Murillo si potrebbe facilmente imbastire un discorso retorico, sulla storia di un ragazzo che frequenta Inter Campus per poi arrivare in prima squadra, dopo aver fatto tappa in Spagna ed essere maturato tecnicamente. Ma c’è qualcosa di più da raccontare della storia del colombiano, oltre ai tratti biografici. Infatti non può passare inosservato lo stile di gioco di Murillo che richiama l'attitudine tribale di un calciatore che ha nella scivolata un credo calcistico e che ha fatto dell'anticipo una sorta di religione. L'analisi del suo modus operandi sul rettangolo di gioco diventa quindi un elemento imprescindibile da osservare per capire che tipo giocatore può diventare, per capire se la sua ricerca spasmodica e irruente della palla sia quando entra in scivolata sia quando affronta un avversario corpo a corpo possa diventare un marchio di fabbrica da tramandare ai posteri. Murillo non è uno di quei difensori rocciosi e cattivi, anche se di certo non tira mai indietro la gamba, producendosi in interventi il cui confine con l’illegalità è molto labile. Eppure funziona, visto l’exploit del giocatore in Copa America: l’ex Granada è stato infatti premiato come miglior giovane della competizione, dopo aver arginato l’attacco dell’Argentina e del Brasile (contro cui ha segnato anche il gol decisivo per la vittoria dei colombiani). Insomma, quello che è appena sbarcato all’Inter è un profilo decisamente interessante, cresciuto in famiglia (la sua foto da bimbo con addosso la maglia di Inter Campus è stata già diffusa tramite giornali e social network) e ora pronto ad indossare la sua 24 per difendere la porta di Handanovic. 

SLIDING DOORS - E pensare che Murillo poteva andare alla Juventus: per tornare all’episodio da sliding doors bisogna riavvolgere il filo del calciomercato fino a gennaio 2013, quando Guarin era in procinto di passare alla Juventus e Vucinic doveva fare il percorso inverso verso Milano. Come racconta calciomercato.com, infatti, il procuratore del Guaro è lo stesso di Murillo e durante i meeting con la Vecchia Signora aveva proposto l’idea di portare anche Jeison, talentuoso difensore, a Torino. Tuttavia i discorsi si interrompono anche a causa della frenata che l’Inter impone alla trattativa Guarin-Vucinic e non se ne fa nulla, prima che la Vecchia Signora non ritenti di strapparlo all’Inter nel gennaio scorso, quando però Ausilio firma il blitz con la famiglia Pozzo e si assicura il 22enne colombiano. 

IL BAGAGLIO TECNICO - Murillo si fa forte del suo stile di gioco irruento basato su anticipi (a volte tanto sgraziati quanto efficaci) e prese di posizioni di fisico, lavorando con il corpo per arginare l’offensiva. Predilige il corpo a corpo con gli attaccanti, anche se nell’ultima competizione continentale ha saputo destreggiarsi anche con avversari brevilinei e scattanti: uno su tutti, Leo Messi, a cui Murillo è stato appiccicato per tutta la durata della partita, prima di sbagliare il rigore decisivo. E’ interessante vedere come Murillo riesca ad adattarsi a diversi tipi di marcatura che essa sia più fisica (come quando deve gestire attaccanti di grossa stazza) o più tattica, ovvero quando deve giocare in velocità e si deve affidare al suo QI calcistico per calibrare gli interventi contro giocatori che danno pochi punti di riferimento. Come il suo connazionale Cordoba, Murillo si esalta quando deve rincorrere l’avversario e prodursi in chiusure pirotecniche, come accaduto contro Lavezzi sempre in Copa America. Ha un ottimo senso della posizione, tant’è che a volte esagera e riesce ad effettuare spazzate acrobatiche lasciando il suo uomo partire in progressione,  sicuro di intercettare il pallone. Esuberanza giovanile e un po’ di arroganza che, ad una difesa fragile ed insicura, non può che fare bene. 

… E LE COSE DA MIGLIORARE - Uno dei problemi di Murillo è la gestione della palla, visto che troppe volte soffre il pressing avversario e ha difficoltà a giocare la sfera in uscita, effettuando passaggi disordinati che mettono in difficoltà o il compagno di reparto o il mediano a cui Murillo si appoggia. Un altro problema deriva dall’incredibile forza che il difensore applica ad ogni intervento: finché riesce a rimanere concentrato, il più delle volte va a segno. Altrimenti rischia spiacevoli situazioni, come quando - contro il Celta Vigo nell’aprile scorso - ha rimediato due cartellini gialli in tre minuti, venendo espulso. O, ancora, quando si è infortunato, terminando in anticipo il proprio campionato, contro il Valencia, per essere uscito fuori dalla sua area di competenza, spintosi fino alla linea di fallo laterale per un tackle (che egli stesso ha definito inutile) e che gli è costato un infortunio al ginocchio, ora totalmente rigenerato. 

Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un giocatore che ha ampissimi margini di miglioramento e che, accanto ad un giocatore come Miranda, non potrà che migliorare. Forse la sua insubordinazione tattica potrà costargli qualche sgridata del Mancio, ma quel che è certo è che non si può non apprezzare un vero e proprio Guerriero (come si è definito lui stesso poco prima di essere presentato ufficialmente con la sua nuova maglia numero 24) che lotta su ogni pallone e fino al 95’ non smette di rincorrere il proprio uomo. L’Inter che punta alla Champions League ha bisogno di uomini così. 

Sezione: Copertina / Data: Sab 18 luglio 2015 alle 21:26
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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