Questa francamente mette la freccia e supera ad alta velocità quelle che l'hanno preceduta da parte di altri giocatori e dello stesso diretto interessato un paio di anni fa. Romelu Lukaku sta riuscendo nell'impresa di farsi disprezzare dagli unici tifosi che gli hanno dato amore incondizionato e gli hanno persino perdonato la prima scappatella e una stagione con più bassi che alti. La situazione che si è creata in questi giorni è ai limiti dell'assurdo, piacerebbe molto a Samuel Beckett o, più semplicemente, sarebbe una perfetta scenografia per una serie TV prodotta da Paramount+, con tanto di ripresa dall'interno del tutto accessibili.
Che Big Rom fosse un tipo volubile era noto, dopo tutto in tempi non sospetti diede un due di picche al suo ammiratore principale Antonio Conte, preferendogli il Manchester United, salvo poi fare di tutto per raggiungerlo all'Inter non prima di aver accettato il trasferimento alla Juventus in cambio di Paulo Dybala, operazione saltata per il muro eretto dalla Joya. Poi il richiamo del Chelsea, dove aveva lasciato un lavoro incompiuto e il nuovo, roboante dietrofront per ritornare all'Inter. Dove, parole sue, si è sentito amato e voleva farsi perdonare la scappatella, incorniciando questi bei concetti con un più volte ribadito "mai" al Milan o alla Juventus. Il no ai soldi degli arabi, il patto con i nerazzurri per rimanere a Milano e, oggi, quel comportamento infantile e assai poco professionale di non rispondere alle chiamate di compagni e dirigenti, proprio ora che l'accordo con il Chelsea è a un passo. E non ha senso puntare il dito contro Ledure, perché siamo al cospetto di un uomo adulto e vaccinato in grado di prendere le proprie decisioni da solo, come del resto ha sempre fatto cambiando agenti come le mutande.
Al di là di come finirà questa vicenda, solo un intervento pubblico nelle prossime ore dello stesso Lukaku, con secca smentita della trattativa con la Juve e con amore eterno giurato ai nerazzurri potrebbe ricucire questa strappo. E non è detto che ci riuscirebbe comunque. Altrimenti stavolta è davvero finita, che vada a Torino oppure in Arabia, poco importa. Perché con questo comportamento il belga, oltre a certificare di essere inaffidabile ed estremamente attratto al masochismo (che lui probabilmente chiamerebbe sfide, destinate però sistematicamente a fallire), ha letteralmente maltrattato un lavoro di settimane da parte della dirigenza per cercare di trattenerlo all'Inter, la stima e il rispetto dei compagni di squadra e l'amore di una tifoseria che, istintivamente, si è convinta di potersi fidare di lui stavolta. Come un uomo o una donna traditi dal partner che le/gli concedono un'altra possibilità salvo poi pentirsene.
La storia della finale di Champions League non regge, sarebbe stato sufficiente sfogarsi la sera stessa o il giorno dopo invece di mantenere il rancore e sfogarlo flirtando con la Juventus. Come se fosse una vendetta servita a freddo, estremamente ragionata. Poi, proprio la Juventus. Che ambiente vorrebbe trovare lì? Tifosi che lo hanno insultato, giocatori che lo hanno fatto espellere, niente competizioni europee e un contesto di gioco che favorisce tutto tranne il gioco offensivo. Oltre all'onta nei confronti di un popolo, quello nerazzurro, che ha avuto con lui enorme pazienza. Questa sarebbe ambizione? O è una questione di vil denaro? Eppure era stato lui a rendersi disponibile a un taglio dello stipendio per continuare a giocare nell'Inter. Davvero è difficile trovare un senso in questa vicenda, e forse come direbbe Vasco, semplicemente, un senso non ce l'ha.
Il vero dispiacere è aver perso tanto tempo per definire questa lunga ed estenuante trattativa, tralasciando eventuali possibili sostituti. Bastava essere chiari sin dall'inizio, sarebbe stato tutto più semplice e comprensibile. Bastava essere uomini. Invece, come due anni fa, mentre giurava amore all'Inter il classe '93 covava ben altre ambizioni e aspettava che i tempi maturassero. Pazienza, morto un Papa se ne fa un altro. Con il budget a disposizione che non è tantissimo. Ma poco importa, la scorsa stagione ha dimostrato, se ce ne fosse bisogno, che a vincere le partite non sono solo i calciatori forti, ma gli uomini veri. E all'Inter ce ne sono ancora tanti. Non è ancora finita, chiaro. Ma sarà dura incollare i cocci stavolta perché le crepe sarebbero troppo evidenti.
Uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli. Luciano ha sempre avuto ragione.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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