Le tempistiche e le narrazioni spesso e volentieri influenzano il pensiero comune, attribuendo valori spesso antitetici a situazioni molto simili, se non addirittura stravolgendole. Il mercato rientra in questo contesto, perché oggi più che mai tutto viene filtrato dai media e dagli esperti che distribuiscono notizie come se fossero volantini, spesso accettando la prima conferma che passa davanti a prescindere dall'affidabilità della fonte. Si sa, il tempismo in questi casi è fondamentale e guai ad arrivare dopo un competitor o presunto tale. Discorso che meriterebbe molti approfondimenti, in particolare per la deriva antipatica e verbalmente violenta che ha assunto negli ultimi tempi eleggendo la corsa alla notizia una sorta di guerra santa impensabile da perdere.
Nella narrazione del mercato accade che dai media arrivi al pubblico di massa una descrizione allarmante delle strategie dell'Inter ed estremamente positiva per quanto riguarda quelle del Milan. Solo una goccia nel mare, ci mancherebbe: esempi ce ne sarebbero a iosa. Ma trattandosi di due club vicini, non solo geograficamente ma anche nell'ultima classifica, il confronto appare quasi naturale. Ebbene, la dirigenza nerazzurra, notoriamente imbrigliata dagli input aziendali che la obbligano a chiudere in forte attivo la campagna trasferimenti entro il 30 giugno 2023, si è mossa con largo anticipo per bloccare i parametri zero (André Onana, poi Henrikh Mkhitaryan) e convincere a trasferirsi Gleison Bremer. Poi, a giugno, piuttosto rapidamente, il ritorno a sorpresa di Romelu Lukaku e gli arrivi di Raoul Bellanova e Kristjan Asllani. Insomma, nel complesso e al netto di cessioni e/o risoluzioni contrattuali più o meno agevoli, finora il lavoro è stato positivo. Il vero neo è stata la perdita di Bremer, che dopo aver mantenuto la parola con i nerazzurri, proprio mentre era in corso la trattativa con il Torino, si è fatto lusingare dall'offerta della Juventus talmente ricca da fargli scordare il patto con l'Inter. Naturalmente, esaltazione per i bianconeri e bacchette sulle mani per Marotta & Co. che si sono fatti bruciare dagli acerrimi rivali su un giocatore di valore, trattato per mesi. Ma questo è il mercato, alla fine i soldi fanno la vera differenza a meno di avere a che fare con un giocatore per cui una promessa vale a prescindere.
Che poi, a pensarci bene, è un po' quanto accaduto al Milan con Sven Botman, che dopo mesi di strizzate d'occhio ai rossoneri ha optato per i soldi del Newcastle, lasciando così una casella ancora vuota nella rosa rossonera. Basta così? No, perché la storia si è ripetuta con Renato Sanches, l'erede designato di Kessie, che dopo mesi di discussioni con Paolo Maldini e Fredric Massara alla fine ha preferito lo stipendio del PSG. E ora in viale Rossi si cerca di trovare un Piano B. La narrazione dicevamo: rispetto al trattamento riservato all'Inter, per cui viene costantemente evidenziata la prevalenza del progetto finanziario rispetto a quello tecnico (come se in viale della Liberazione lavorassero solo ragionieri), le due occasioni perse dal Milan sono state accolte con moderazione, come se la scelta del club di non partecipare ad aste fosse da applausi perché i rossoneri rispettano il proprio diktat di società sana con progetto tecnico futuribile e ogni scelta, anche quella di alzarsi dal tavolo delle trattative gettando al vento mesi di lavoro, è legittima. Che poi è esattamente quello che l'Inter ha fatto con Bremer, ma in questo caso è emerso un retrogusto di sconfitta.
Finora il mercato dell'Inter e del Milan sono stati abbastanza simili, tra parametri zero e investimenti intelligenti senza nessuna cessione pesante. Da qualche giorno sulla sponda rossonera del Naviglio si cammina tre metri sopra il cielo per l'arrivo di Charles de Kelelaere, 21enne talento belga per il quale la società ha investito 35 milioni bonus compresi. Tanti, sicuramente, per un gran bel giocatore che però ha ancora molto da dimostrare fuori dai propri confini nazionali. Insomma, la classica scommessa che se vinta può pagare enormi dividendi. Sicuramente un bel segnale, un investimento che certifica la strategia verde del Milan e che va comunque applaudito anche a scatola chiusa. Ed è quello che filtra dalla famosa narrazione, al punto che prevale la sensazione di essere al cospetto del nuovo Kakà.
De Ketelaere indosserà il numero 90, esattamente come Romelu Lukaku, suo connazionale, in nerazzurro. Un ritorno accolto quasi con smarrimento per la rapidità con cui è maturato, passando dall'essere impossibile per ragioni economiche all'essere reale nel giro di pochi giorni. Un ritorno che davvero potrebbe spostare gli equilibri in Serie A e non ipoteticamente, perché il centravanti belga lo ha dimostrato esattamente nel nostro campionato. Ripetersi non sarà facile, certo, ma dati alla mano c'è una differenza abissale tra i due 90 di Milano e forse sarebbe stato giusto raccontarla così, dando il giusto peso alle due operazioni di mercato che sicuramente faranno bene a entrambe le squadre.
Nessuna accusa al Milan, ci mancherebbe. Sta facendo ciò che deve, ha incassato due rifiuti pesanti ed è andato avanti portando a casa il proprio principale obiettivo "senza cessione pesante", come tiene a sottolineare la propaganda milanista. E oggi ha una rosa migliore della scorsa stagione, che ha vinto lo Scudetto. Guai a sottovalutare i rossoneri, che legittimamente sono carichi di entusiasmo e accoglierebbero come il nuovo Pelé anche un ragazzino proveniente dalla Serie B. Questione di mood. Ma la rosa dell'Inter, attualmente, non ha nulla da invidiare a quella dei cugini. Va ancora completata ma ha aggiunto Lukaku al miglior attacco della Serie A. Non c'è più Ivan Perisic ma la fiducia in Robin Gosens rimane intatta. E dalla panchina Simone Inzaghi può pescare bene. Per questo l'allarmismo che filtra da giornali, siti e trasmissioni tv non ha ragione d'essere. Poi, se arrivasse un addio pesante da qui al 31 agosto ne riparleremmo. Ma oggi il tifoso interista, pur orfano di Bremer, non ha motivo di invidiare le altre squadre, anzi deve solo pensare alla propria che ha tutto per fare bene, se non meglio della scorsa stagione.
La narrazione non può intaccare il pensiero analitico di cui ognuno è dotato.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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