"L'ultima volta che mi ero cimentato a comporre un pensiero sulla Beneamata, maltrattai con migliaia di ditate la mia disastrata tastiera per parlare del Principe Milito. All'epoca, si parla di un paio di mesi fa, l'eroe di Madrid viveva la crisi più nera della sua carriera, perso com'era nell'incapacità di fare le cose che sapeva fare, anche le più banali, immalinconitosi dinanzi ai gol mangiati a porta vuota che anche il peggior Kluivert avrebbe realizzato. Per converso la sua squadra, cavalcava l'onda di una rimonta impossibile. Quella serie di vittorie consecutive iniziata con una vittoria a Firenze, e conclusasi a San Siro con il sofferto 2 a 1 inflitto alla Lazio, sette giorni dopo aver vinto il derby. Una partita, quella contro i cugini, risoltasi proprio grazie ad una zampata del Principe.
Quella serie positiva, aveva fatto risvegliare dai torpori di inizio stagione il nugolo di tifosi più pessimisti, riaffacciatisi sul carro dei (temporanei) vincitori, e ringalluzzire quanti invece, nonostante tutto, continuavano a credere in una rinascita. La "remuntada" come va di moda definirla, firmata da Ranieri e c. aveva realmente fatto pensare che l'Inter potesse tranquillamente riappropriarsi della terza piazza, addirittura pungolare le due odiate rivali rossobianconere in cima alla classifica. Cosa possibile, vista la pareggite bianconera, e il calo vistoso dei cugini, senza trascurare l'evidente flessione qualitativa del nostro campionato, a cui si sommava la rinascita del Principe dalla nobiltà non più decaduta, e dalla corona non più arrugginita.
Sono bastati otto giorni per ricambiare tutto. Tre sconfitte in quattro partite, considerando anche la Coppa Italia, un'inciampata dietro l'altra, un climax ascendente di debacle aventi la propria acme nell'ingloriosa sconfitta di Roma. La ''caporetto'' di domenica scorsa (per rivedere una sconfitta uguale o peggiore bisogna tornare allo 0 a 6 nel derby del 2001, ndr) ha fatto ripiombare l'ambiente nerazzurro nella depressione post gasperiniana, cancellando ogni velleità tricolore, e mettendo in dubbio persino la raggiungibilità del terzo posto. L'amarezza di cui erano intrise le dichiarazioni del patron Moratti, ben testimoniano la durezza della sconfitta. Perché erano anni che non si vedeva una squadra cedere di schianto senza manco abbozzare un'azione degna di essere annotata su un taccuino. Naturalmente ora tutti a buttare fango su Ranieri, a dire che le sette vittorie consecutive sono state frutto di una serie di congiunzioni astrali, più che di reale bravura, tutti a rimarcare la scarsa qualità di un organico, che poco meno di dieci giorni fa veniva invece definito come ancora capace di sorprendere.
Il calcio è anche questo, ovvero il lasciarsi trascinare dalle folate di vento della massa; è un po' come quando si va alle elezioni, dove esistono fette di elettori fedeli a questa o quella fazione, e un'altra ampia fetta di banderuole solite a girarsi a seconda di dove Eolo si diletti ad alitare. Il calcio è simile, immerso tra tre punti di vista differenti, i detrattori da un lato, i sostenitori dall'altro, e poi gli incerti, quelli che ti danno e ti tolgono a seconda degli eventi, per aver la certezza di trovarsi sempre dalla parte del più forte.
 Qualcuno si chiederà: tutto sto papiro per dire cosa, con chi stai? Beh vedete, io credo possa esistere una via di mezzo, ovvero la capacità di criticare in maniera costruttiva, evitando i facili catastrofismi che uno 0 a 4 legittimerebbe, e rifuggendo allo stesso tempo dai "We are the Champions" che un derby vinto avrebbe potuto fomentare. Perché in fondo sono convinto che questa squadra non è ancora da buttare anche senza Motta a centrocampo, ma che necessiti di interventi mirati, perché sono convinto che alcuni ''vecchi'' abbiano ancora da dare, ma che ci sia bisogno di un sostegno, perché penso che certi giovani siano potenzialmente validi, ma che debbano essere affiancati a ragazzi giovani ma più formati.
E soprattutto credo che sia giunto il momento di fare scelte basate sulla ponderatezza tipica di un serio progetto tecnico e non sull'improvvisazione, sulle attente analisi, e non sull'approssimazione. Il tutto condito da sana ed imprescindibile pazienza, che è alla base di ogni ciclo vincente. Alla Juve dopo cinque anni forse l'hanno capito, alla Roma lo stanno capendo giorno dopo giorno. Attendiamo che una medesima presa di coscienza si faccia strada anche ad Appiano".

Alessandro

Sezione: Visti da Voi / Data: Mer 08 febbraio 2012 alle 15:30
Autore: Redazione FcInterNews
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