Correva l’anno 1923 e Virginio Rosetta si trasferisce dalla Pro Vercelli alla Juventus. Guadagnerà 1.000 lire al mese come contabile, avrà una macchina (Fiat, ovviamente), rimborsi spese e ricchi premi. Impossibile rifiutare un’offerta del genere. Il Genoa guida la protesta delle altre squadre, riesce a far convocare un’assemblea della federazione sul caso e fa invalidare il trasferimento del terzino alla Juve a cui viene inflitta una penalizzazione di 6 punti in classifica… Polemiche a non finire e accuse. Si dimette il consiglio federale e i bianconeri si ritirano dal campionato. Finisce la stagione, la Juve per risolvere il caso versa 45.000 lire alla Pro e paga uno stipendio di 6.000 lire al mese a Rosetta. Addio calcio poetico, viva la prosa del denaro! Nascono il professionismo e il calciomercato, due facce della stessa medaglia.
Certo, i trasferimenti da una squadra all’altra sono sempre avvenuti fin dall’epoca del calcio dei pionieri. Pedatori dilettanti che per un compenso una tantum, un lavoro migliore, una casa, un avanzamento di carriera, cambiavano, contro i regolamenti, la casacca. Come Aristodemo Emilio Santamaria che per 3.000 lire passa nel 1912 dalla Doria ai nemici del Genoa. E’ denunciato dal cassiere della banca alla quale si era rivolto per l’incasso dell’assegno, accusato di professionismo, si becca due anni di squalifica, ridotti a uno con multa di mille lire.
A Milano il protagonista è Cevenini III che cambia maglia passando da una sponda all’altra del Naviglio più volte. Clamoroso il trasferimento di Meazza dall’Inter al Milan, siamo nel 1940 e i nerazzurri del presidente Pozzani sono freschi campioni d’Italia. Il passaggio scatena molte polemiche tra i tifosi della Beneamata ma è il fascismo che comanda: il bicampione del mondo deve firmare, senza versamento di lira alcuna, per i rossoneri per ridare lustro a un club in difficoltà (l’Inter per un decennio vince o quando va male pareggia il derby).

Gli anni 30 e 40 portano in Europa gli oriundi. Argentini, uruguagi, brasiliani sbarcano dai piroscafi, dopo un viaggio di due settimane per oceano, a Marsiglia o a Genova. All’Inter arrivano campioni come De Marìa, Frione, Mascheroni, Faccio e Scarone e bidoni come Bovio, Cerioni, Pedemonte, Volpi e Zapirain consigliati da un fantomatico intermediario chiamato Tiger al presidente Masseroni, che prepara anche un banchetto in loro onore.
E’ l’hotel Andreola in via Scarlatti nel Dopoguerra ad ospitare le prime organizzate trattative di calciomercato per tutti i club. Il merito è del tecnico-manager del Palermo, poi lo sarà del Milan, (già campione d’Italia con l’Ambrosiana nel 1929/30) Gipo Viani, sempre seguito da un codazzo di giornalisti per via delle enormi potenzialità economiche del suo presidente: il principe Raimondo Lanza di Trabia. Sarà proprio il principe a far spostare la sede del calciomercato al fastoso hotel Gallia, dove possiede una suite, la numero 131; estroso, tratta l’acquisto dei calciatori in vasca da bagno piena di schiuma o a letto vestito di un pigiama di seta. Nel 1950 paga 45 milioni per il francese Bronée; un operaio campa con 25.000 lire al mese, un kg di pane costa 100 lire, un litro di benzina 116. L’hotel stile liberty dei vip a un passo dalla Centrale diventa l’ombelico del pallone. A luglio tutte le 150 stanze (9 mila lire al giorno) sono occupate dai presidenti delle squadre, i direttori sportivi chiudono affari nei corridoi tra nuvole di fumo e valigette piene di cartamoneta, il commendator Gallia fa togliere i tappeti persiani per paura che vengano bruciati dalle sigarette (servite dalle signorine “servizio fumo” in apposite cassettine), il conte Alberto Rognoni dell’Ufficio Inchieste si traveste da frate con saio e barba finti per andare a caccia di illeciti (chiudendosi - dice la leggenda - anche negli armadi per origliare), i cocktail del momento sono il Manhattan, il Martini, il Negroni, i giornalisti non dormono, aspirano allo scoop e a un telefono (fisso) per chiamare il giornale prima della chiusura, i tifosi si assiepano a centinaia all’esterno della porta girevole commentando gli affari. Achille Lauro, presidente del Napoli, è il primo a superare la soglia dei 100 milioni comprando nel ’52 Jeppson dall’Atalanta. Quando, per un fallo, il bomber cade, scoppia l’ironia dei tifosi: “E’ crollato o banco ‘e Napule”. Masseroni si riscatterà acquistando per 50.000 dollari Skoglund, fuoriclasse svedese protagonista degli scudetti del ‘53 e ’54. Il Milan prende in prestito Schiaffino per 45 milioni. Protagonista diventa l’Inter, passata ad Angelo Moratti, e guidata nelle trattative dal direttore sportivo Italo Allodi. Attori unici del calciomercato, quando spuntano al Gallia sale la febbre. I nerazzurri pagano al Barcellona 250 milioni nel 1961 per avere Suarez (nella foto il suo arrivo a Milano) e 160 milioni la stagione successiva per Maschio dall’Atalanta. Moratti incontra Pelè e presenta un’offerta al Santos ma la trattativa non va in porto per il timore di una vera e propria sollevazione popolare dei tifosi brasiliani. Qualche anno dopo cercherà Riva offrendo al Cagliari 300 milioni ma Rombo di Tuono dirà no. Nel 1965 Sivori vola a Napoli. Troppo duri gli allenamenti di Heriberto Herrera, allenatore della Juve. Il prezzo? 90 milioni e la commessa di due motori Fiat per le navi del comandante Lauro. Nel 1969 cambia la cornice: i vip scappano dal Gallia così la giostra è sfrattata all’ hotel Hilton, dove vengono allestiti una segreteria e venti cabine telefoniche. Nel 1975 altri limiti sono valicati. La Juventus di Agnelli e Boniperti tocca la vetta del miliardo per comprare Tardelli dal Como. Urla di scandalo!. Ma invece di lasciare, i presidenti raddoppiano. Ferlaino compra Savoldi dal Bologna per due miliardi. L’Inter di Ivanoe Fraizzoli scuce 950 milioni al Varese per Libera, definito dalla critica il nuovo Riva. Complice un infortunio ai legamenti sarà un flop ma è grande la signorilità del presidente: pranzo per tutti i 200 addetti ai lavori. Nel 1980 si riaprono le frontiere e le trattative, dopo una parentesi al Leonardo da Vinci di Bruzzano, con relativa irruzione dei carabinieri su richiesta del sindacalista Campana “per chiudere la tratta degli uomini”, migrano ad Assago Milanofiori. La legge 91 del 1981 rende i calciatori lavoratori subordinati e abolisce il vincolo sportivo con le società, da merce di scambio dei club, i giocatori, lo diventano dei procuratori. Italia nuova terra promessa. Il colpo arriva da dove non ti aspetti: dalla provincia. L’Udinese compra Zico, si parla di 6 milioni di dollari ma in Friuli ribattono: tre miliardi e mezzo compreso il miliardo per il calciatore. Altri giri, altri regali: Platini e Falcao. Due colpi mancati per l’Inter. “Platini ci sarebbe costato solo 82 milioni. L’avevamo in pugno prima della riapertura delle frontiere, bastava metterlo sotto contratto e lasciarlo in prestito – parole di Mazzola consulente di mercato nerazzurro. Fraizzoli, gentiluomo di vecchio stampo, tentenna e non si arrischia. Il francese andrà (ahinoi) alla Juve. Avrebbe potuto prendere il fantasista brasiliano ma le pressioni politiche (di un indistruttibile politico tifoso della Roma) fanno saltare l’affare. Il 1984 porta l’oro in bocca. La trattativa (estenuante) tra il Napoli e il Barcellona dura quasi due mesi ma il 5 luglio più di 60.000 napoletani pagano mille lire per vedere un palleggio e un tiro di Maradona. Ferlaino versa 14 miliardi sul c/c blaugrana. Ernesto Pellegrini pochi mesi prima aveva aperto la sua presidenza con il botto: 8 miliardi e Rummenigge è dell’Inter. Poi seguiranno alcuni acquisti da carrello dei bolliti ma il pieno riscatto del presidente con i panzer tedeschi guidata dal Trap che stravince lo scudetto. Unico colpo d’ala (con la Coppa Uefa) rispetto alla forza degli elicotteri (con cui il Milan sbarca all’Arena) del dirimpettaio rossonero, coprente di miliardi il calcio italico, riscrivente nuove regole, vincente di tutto il vincibile.
Il calciomercato dal 1991 al 1993 si sposta nella quiete di Villa Erba a Cernobbio per trasferirsi, nel 1994, al Forte Crest di San Donato Milanese, a due passi da Linate, crocevia di autostrade e tangenziali. Il 1995 segna il ritorno di un Moratti alla guida dell’Inter. Il cerchio si chiude. Si apre la caccia ai trionfi. Arriva il Fenomeno. Moratti paga al Barcellona l’intera clausola di rescissione (48 miliardi) più 3 miliardi di indennizzo stabilito dalla Fifa.
Il 25 luglio 1997 Ronaldo è sommerso dall’entusiasmo e dall’amore dei tifosi, nell’agosto di cinque anni dopo scappa tra la rabbia e la contestazione degli stessi. E la “F” diventa minuscola. Moratti concede il bis. E’ il 1999 e per la cifra record di 90 miliardi preleva Vieri dalla Lazio. Il bomber finisce seminudo sui cartelloni pubblicitari (6 metri x 9) con una carta di credito, la coppia dei sogni rimarrà solo un sogno. Un sogno diventato incubo perché qualcuno amava vincere facile.
Il 2001, ultimo anno della vecchia lira, vedrà il passaggio di Zidane dalla Juventus al Real Madrid per la cifra iperbolica di 150 miliardi. Poi saranno solo euro. Il record sarà battuto nel 2009 coi 94 milioni sonanti versati sempre dal Real nelle casse del Manchester United per avere l’altro Ronaldo (oggi scopriamo che le banche spagnole - alla faccia della Ue – concessero prestiti agevolati). E come dimenticare i 65 milioni per Kakà, i 61 per Figo, altri record dei blancos?! Oggi la sede del calciomercato è il mondo, con i suoi fusi orari, internet sempre acceso. Con l’euro in crisi è la volta dei petrodollari d’Arabia e di Russia. Manchester City, Psg, Anzhi… pagano e vogliono vincere. Il nostro luna park, la nostra fiera è diventata paesana. Qualche luce spenta, una signora vende stanca lo zucchero filato, i dischi volanti salgono e scendono semivuoti, un cartello appeso alla cassa recita: “1 gettone, 1 euro. 5 gettoni, 4 euro”. Firmato, la direzione: Financial fair play.

Sezione: Vintage / Data: Gio 26 luglio 2012 alle 05:00
Autore: Marco Pedrazzini
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