"Nel calcio ho tantissimi amici. Il migliore è Elio Zalli, che ho incontrato all’Inter. In campo ci divertivamo tantissimo, giocava di punta come me anche se ha i piedi un po’… (e fa segno con le mani come fossero invertiti). Adesso è al Sassuolo, ma ci sentiamo sempre". Il racconto è di Wilfried Gnonto, attaccante dello Zurigo con un passato all'Inter intervistato oggi da SportWeek. 

Hai detto: “Se ripenso alle mance che mamma metteva da parte per la benzina che serviva a portarmi agli allenamenti dell’Inter ad Appiano, provo un sentimento strano”. Adesso riesci a spiegarlo?
"Non è imbarazzo, perché non c’è nulla di cui vergognarsi né da parte di mamma né mia. È solo che da piccolo non mi rendevo conto di quel che i miei hanno fatto per me, ora che lo capisco provo riconoscenza".

Forse basta un “grazie”.
"E infatti gliel’ho detto".

L’Inter: come andò?
"Giocavo nell’Inter Suno, vicino a Novara. Feci un paio di tornei contro l’Inter e dopo un anno ero a Milano".

Eri già tifoso?
(sorride) "Non tanto… Per me c’erano il Barcellona e Messi. Poi mi sono affezionato, e qualche volta ho pianto".

Quando?
"Inter-Juve, aprile 2018, la partita della mancata espulsione di Pjanic per fallo su Rafinha. Per loro segnò Higuain quasi all’ultimo minuto e con quella vittoria misero le mani sullo scudetto. Io ero a San Siro col mio amico Elio, e scoppiammo in lacrime. Quella sera diventai veramente interista".

Hai detto: fossi rimasto all’Inter, non avrei raggiunto la Nazionale.
"Non così presto. In Italia per un giovane è più difficile. Con la Nazionale ho giocato contro l’Inghilterra: c’erano ragazzi poco più grandi di me che vanno in campo con Arsenal, Tottenham, Chelsea. Non ho visto questa grande differenza tra noi e loro, ma loro hanno più possibilità. In Inghilterra o Germania, se uno è bravo lo fanno giocare, non guardano la carta d’identità. È mentalità, coraggio".

È vero che all’Inter Lautaro è il tuo preferito?
"Quello che sa fare in area non devo dirlo io. Mi piace perché non molla mai, è sempre “cattivo”. Un trascinatore".

Hai detto pure: stare all’estero mi è servito per crescere. Più come uomo o giocatore?
"Più come uomo. Stando in una prima squadra ho iniziato a capire come funziona davvero nel calcio. Ho avuto la fortuna di avere per compagno Dzemaili, che ha giocato pure in Italia. Mi aspettavo uno pieno di sé, invece è la persona più umile del mondo. Mi ha detto che devo restare sempre me stesso e stare attento a quello che scrivono sui social, alle persone che mi gireranno intorno… E se in allenamento mi mostravo un po’ troppo sicuro, mi tirava per un orecchio".

Se l’Inter ti riprendesse, dovresti dimostrare più di altri?
"No. Io chiedo tantissimo a me stesso, a volte esagerando. Ma sto imparando a gestire le pressioni che mi metto addosso, perché capisco che non può andar sempre bene".

Sezione: Rassegna / Data: Sab 02 luglio 2022 alle 10:38
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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