Il capolavoro si è finalmente completato, persino in anticipo rispetto alle previsioni. Il pomeriggio reggiano ha certificato anche con la matematica la vittoria dello scudetto da parte dell'Inter, il numero 19 della sua storia ultracentenaria. Un trionfo che ha nomi e cognomi, un gruppo di lavoro che ha visto, chi più chi meno, tanti protagonisti. E anche se il campionato ha in serbo altre quattro giornate con numerosi verdetti ancora da stabilire, in casa nerazzurra è già tempo di bilanci. E di pagelle. Ecco i voti agli eroi di questa stagione storica per il calcio italiano.
HANDANOVIC 6,5 - Vero è che di lui si ricorderanno soprattutto gli errori e le papere, anche perché piuttosto recenti. Ma non ci si può dimenticare di alcune prestazioni sontuose che hanno permesso all'Inter di vincere partite fondamentali, come quella col Napoli al Meazza e nel derby di ritorno, il famoso minuto che ha scatenato la fuga nerazzurra. In calo rispetto alle precedenti stagioni, ma necessario a Conte per la costruzione dal basso di cui ormai è specialista. Dopo 9 anni a Milano, meritava di alzare un trofeo.
RADU 6 - Voto di stima, o meglio di fiducia. L'allenatore gli ha sempre preferito il capitano, però dopo la conquista matematica dello Scudetto ha voluto concedergli qualche riflettore. Porta immacolata nella ripresa contro la Sampdoria, discreta prestazione da titolare contro la Roma. Il futuro potrebbe portarlo altrove, quanto meno ha timbrato il catrellino in questa stagione trionfale.
PADELLI SV - Appena un tempo in campo, nella ripresa contro l'Udinese. La sua prossima squadra, tra l'altro. Interista, tra i volti puliti dello spogliatoio, merita questa soddisfazione.
SKRINIAR 8 - Doveva lasciare l'Inter a gennaio per incompatibilità tattica, una delle classiche storie di mercato di cui poi chi vende si pente amaramente. Fortuna ha voluto che nessuno credesse abbastanza in lui da spendere quanto la società milanese chiedeva. Lo slovacco si è rimboccato le maniche, ha lavorato duramente e ha convinto il suo allenatore di poter essere una risorsa non importante, ma necessaria. Un inno all'etica del lavoro e all'attaccamento alla maglia, che mai come oggi si tiene stretta. E i gol, 3, tutti determinanti. Può essere meritatamente inserito tra i volti di questo scudetto.
DE VRIJ 8 - Gioca a calcio come suona il pianoforte: con eleganza, meticolosità e personalità. Per il modo in cui guida la difesa potrebbe addirittura dirigere un'orchestra. E ci si chiede come possa fare panchina nella Nazionale olandese un centrale del suo livello. Punto di riferimento del pacchetto arretrato, regista e spina dorsale della squadra, prezioso soprattutto quando il pallone scotta e bisogna farlo uscire dalla propria area senza gettarlo alle ortiche. Leader silenzioso per antonomasia.
BASTONI 8 - La 'plusvalenza fittizia' migliore al mondo. Dopo una prima stagione di apprendistato, nella seconda è riuscito a imporsi come talento assoluto della sua generazione. A 22 anni ha appena vinto uno scudetto da protagonista, dopo essere svezzato da Conte che ne ha vietato due anni prima l'ennesimo prestito e l'ha forgiato tatticamente e tecnicamente. Difensore di una pulizia indescrivibile, piede sinistro e visione periferica da regista (il lancio per Barella contro la Juventus è il suo manifesto), è migliorato anche alla voce cattiveria che un po' gli faceva difetto. Completo, ha ancora margini di crescita esponenziali.
D'AMBROSIO 6,5 - Ha giocato poco, a causa di infortuni e Covid che lo hanno bloccato più del previsto. La crescita poi di Skriniar e l'equilibrio difensivo raggiunto con i tre moschettieri lo hanno reso una pedina da finali di partita, quando c'è da mettere sul campo freschezza, esperienza e cazzimma. Nonostante ciò, il jolly di Caivano si è fatto apprezzare per la solita spietatezza nell'area di rigore avversaria: per info contattare Fiorentina, Cagliari e Genoa.
RANOCCHIA 6,5 - L'altro capitano, quello silenzioso, che fa la differenza più con il non detto che parlando. Unico in rosa ad aver vinto con la maglia dell'Inter, ha finalmente chiuso un cerchio passando dalle forche di anni bui e senza speranza. E l'ha fatto da pedina preziosa dalla panchina, sempre presente e pronto quando l'allenatore aveva bisogno di lui. Con prestazioni solide che tutt'oggi lo rendono appetito anche da altri club. Un vero interista, tra i più meritevoli di questo scudetto.
KOLAROV 6 - Francamente ci si aspettava di più, ma sin dall'inizio è sembrato chiaro quanto ormai fosse sul viale del tramonto. Di lui si ricorderà soprattutto il sorriso in faccia a Ibrahimovic dopo averne causato l'espulsione nel derby di Coppa Italia, quello del conflitto verbale con Lukaku. Ma anche la capacità di rimanere al suo posto, di farsi sentire anche dalla panchina e guidare i compagni dall'alto della sua esperienza. Più prezioso nello spogliatoio che sul rettangolo di gioco, ma serve anche questo in un gruppo vincente.
HAKIMI 8 - Diciamo la verità, ha avuto bisogno di un corso accelerato di contismo per riuscire a esprimere tutte le sue qualità in un campionato estremamente tattico come quello italiano. E ne è emerso alla grande, arricchito sotto tutti i punti di vista e a tratti arma devastante sulla corsia di destra. Può ancora migliorare, sia chiaro, soprattutto laddove mancano gli spazi e bisogna puntare l'avversario da fermo. Ma c'è tanto di lui in questo scudetto nerazzurro. A tassametro ancora aperto, 7 gol e 7 assist. Difficile trovare un bilancio migliore per un esterno all'esordio in Italia...
BARELLA 8,5 - L'animus pugnandi dell'Inter. Per lui non è solo una questione sportiva o professionale, ma una faccenda di cuore. Il quid in più che ha messo in campo lo testimonia, dove gli altri dovevano fermarsi lui continuava a correre. E chilometro dopo chilometro ha trascinato l'Inter, a 24 anni, verso lo scudetto. Occhio però, la corsa è abbinata a una tecnica che ancora in molti non considerano. C'è tanto talento in quei piedi, quello che permette di trovare il gol con botte d'esterno (a Cagliari), conclusioni a giro (a Firenze) o in velocità (contro la Juventus), oppure di servire 7 assist. Anche lui un leader, nella sua semplicità che lo fa amare a prescindere.
BROZOVIC 8 - Il coccodrillo può finalmente smettere di piangere, perché dopo 6 anni a bighellonare nella metà campo dell'Inter, tra alti e bassi, è finalmente diventato un giocatore concreto, continuo, insostituibile. E guai a farsi ingannare dal modo in cui continua a gesticolare in campo, è solo fumo negli occhi. Questo scudetto se l'è guadagnato con la perseveranza, resistendo a sessioni di mercato che lo volevano fuori dai piedi e mantenendo nonostante ciò l'etichetta di indispensabile. Geometrie e cattiveria agonistica, senza mai rinunciare all'atteggiamento istrionico che impedisce chiunque di averlo in antipatia. Brozo è come le cose importanti: ti accorgi del loro valore quando mancano.
ERIKSEN 7 - Mettiamo le cose in chiaro: il campione danese che tutti ammiravamo in Premier League non si è visto se non a sprazzi all'Inter. Ma da un addio quasi certo se ci fosse stata un'offerta seria all'essere titolare della squadra campione d'Italia, il passo è stato significativo. merito suo che ha saputo rimettersi in gioco accantonando momentaneamente il suo status e arricchendo il proprio gioco di nuovi contenuti, merito di Conte che ha voluto insistere e lo ha aspettato fino a quando non gli ha dato le risposte attese. La sensazione è che se rimarrà a Milano ne vedremo delle belle, intanto ci ha lasciato scolpito il ricordo di quella punizione nel sette contro il Milan e del destro secco che ha ufficializzato la vittoria del titolo a Crotone. Ad Maiora.
PERISIC 7 - Mezzo voto in più per l'abnegazione con cui si è saputo ritagliare uno spazio nell'undici titolare. Eppure un anno prima era stato invitato ad andare altrove (al Bayern, con tanto di Triplete...) perché incompatibile con il ruolo di quinto di centrocampo. Sedotto e abbandonato dai tedeschi, si è messo sotto e a 31 anni ha studiato seriamente, senza proferir parola, fino a quando non ha imparato bene la lezione. E lo ha fatto da Campione d'Europa, mica da esordiente. Ancora oggi i retaggi da ala offensiva lo portano a uscire dal binario, ma nel complesso l'esperimento può dirsi riuscito.
DARMIAN 7,5 - L'insolito sospetto. Arrivato nel disinteresse generale, come fosse una delle tante tasse di mercato da pagare, è stato la sorpresa nell'uovo di Pasqua nerazzurro. Jolly per antonomasia, in grado di giocare con la stessa disinvoltura su entrambe le fasce o nei tre dietro, al netto di prestazioni sempre apprezzabili condite da osservanza dei compiti quasi militaresca, è stato baciato dal destino quando contro Cagliari e Hellas Verona ha firmato (sempre a 15 minuti dalla fine) due reti di pesantezza estrema nella corsa scudetto dell'Inter. Un vincente dalla faccia pulita.
YOUNG 6 - L'età inizia a farsi sentire, e dopo 6 mesi importanti al suo arrivo ha vissuto la sua ultima stagione in nerazzurro da comprimario, sempre sull'attenti e reattivo quando chiamato in causa. Prestazioni altalenanti, ma un inscalfibile senso del dovere a 35 anni suonati e con alle spalle una carriera invidiabile, uno di quegli elementi che Conte vorrebbe sempre nel suo gruppo di lavoro. Tornerà in Inghilterra con la stima e il rispetto dei tifosi interisti e un altro titolo nel proprio palmares.
GAGLIARDINI 6,5 - Meno coinvolto rispetto alla precedente stagione, in particolare dopo il giro di boa che ha visto l'insediamento di Eriksen nell'undici titolare. Ed è così che l'ex Atalanta ha preso atto del suo ruolo e ha atteso le chiamate di Conte in corso d'opera, mettendo fisicità e gamba nei momenti cruciali delle partite, quando c'era bisogno di stringere i denti. Probabilmente non è ancora entrato nei cuori di tutti i tifosi, intanto si è cucito sul petto questo scudetto a cui ha saputo contribuire.
SENSI 6 - A inizio stagione la speranza era di poterlo finalmente vedere con continuità dopo tanti mesi di calvario. Invece per lui appena 490 minuti in campionato, più da subentrato, a conferma che qualcosa a livello fisico e psicologico si è rotta e vada aggiustata prima possibile per non depauperare un patrimonio su cui lo stesso Ct Mancini punta. La sensazione è che lo spartiacque della sua stagione sia stato nel riscaldamento di Firenze in Tim Cup, quando ha sentito un fastidio e non se l'è sentita di rischiare. Chissà se in questo finale di campionato potrà godere di maggior spazio e recuperare fiducia.
VIDAL 6,5 - Doveva essere uno dei leader carismatici, lo è stato più fuori dal campo che dentro. Una seconda parte di stagione vissuta ai box a causa di un fastidio al ginocchio che lo ha costretto a operarsi, mentre Eriksen metteva la freccia e prendeva quello che era stato a lungo il suo posto nell'undici titolare. Qualche buona prestazione ma un bilancio al di sotto delle aspettative. C'è però quel momento che ha segnato la svolta: lo stacco nell'area della Juventus che ha dato il la alla vittoria della consapevolezza, attesa da tanti anni. Un gol che merita spazio tra le istantanee di questo scudetto, l'ennesimo della sua carriera. Da talismano, un ottimo lavoro senza dubbio.
VECINO 6 - I problemi fisici lo hanno tenuto ai box per tanto, troppo tempo. Però quando chiamato in causa, finalmente abile e arruolabile, seppur in un periodo ormai già festaiolo, ha mostrato come un posto nella rotazione lo avrebbe meritato anche prima. Corsa e inserimenti, si è tolto la soddisfazione di timbrare il cartellino contro la Roma dimostrando di avere ancora molto da dire.
MARTINEZ 8,5 - La stagione della consacrazione per il Toro, che dopo aver vissuto un po' all'ombra della sequoia Lukaku ha saputo ritagliarsi un posto al solo con prestazioni, gol e assist da stella. A quattro giornate dalla fine, 15 gol e 8 assist ma soprattutto un'evidente crescita sotto tutti i punti di vista. Da diamante grezzo, lavorando duramente e con estrema professionalità, è diventato un attaccante completo, spietato negli ultimi 16 metri e creativo sulla trequarti dove ha imparato a legare centrocampo e attacco con talento e visione di gioco. Qualche angolo va ancora smussato, ma non sorprende che a 24 anni sia uno dei più richiesti sul mercato. Acà toro!
LUKAKU 9 - E' il volto di questo scudetto, il simbolo di una restaurazione nerazzurra e di tutto il calcio italiano. Un uomo in missione, che ha saputo trascinare i compagni con carisma, empatia e leadership. Quando il pallone scotta, tutti sanno a chi consegnarlo e il gigante belga non si nasconde mai. Lottatore, sempre in prima linea, ha vissuto questa stagione in modo quasi spirituale, caricandosi sulle spalle consapevolmente tutte le speranze che il popolo nerazzurro aveva riposto in lui con la semplicità di un ragazzo divenuto uomo molto presto. Gol a grappoli (21), tanti assist (10) e la forza mentale di archiviare le negatività e concentrarsi solo sugli aspetti positivi. In Italia non c'è un giocatore più decisivo di lui per la propria squadra. Missione compiuta, Big Rom.
SANCHEZ 6,5 - Trovare spazio tra Lautaro e Lukaku sarebbe stata impresa ardua per tutti, così l'ex Nino Maravilla ha vissuto una stagione da comprimario in attesa della chiamata alle armi. E lo ha fatto con serenità, senza polemiche, pur potendo far richiamo al suo status di stella del calcio. A parte qualche caso di scarso adattamento, ogni volta che ha messo piede in campo a gara in corso ha trasferito la propria adrenalina ai compagni, cercando sempre di fare la differenza e riuscendoci più di una volta. Non è il campione che ricordavamo, l'età e gli infortuni non mentono, ma è stata una risorsa tecnica e caratteriale preziosissima per Conte.
PINAMONTI 6 - In campo con una certa consistenza solo a Scudetto cucito sul petto (virtualmente), nella vendemmia contro la Sampdoria ha iscritto anche il proprio nome tra i protagonisti della macchina da gol nerazzurra. Una gioia personale accolta con commozione, a conferma del profondo legame con questa squadra. Cresciuto, pur senza vedere il campo.
CONTE 9 - Se ci si focalizzasse anche sul percorso in Europa il voto sarebbe più basso, ma è da lì che nasce questo scudetto che a ragione lui definisce un'opera d'arte. In tanti sostengono che solo l'Inter poteva perderlo, ma l'obiettività nelle valutazioni invita a considerare altre squadre più attrezzate dei nerazzurri, e a non ignorare le varianti imprevedibili di questa stagione anomala che avrebbe potuto alterare gli equilibri. Il teccnico leccese ha abbandonato l'utopistica speranza di dominare il gioco tornando a puntare in modo più lineare sulle qualità dei propri giocatori, implementandole allenamento dopo allenamento e sfruttandole al massimo. Così ha costruito una squadra schiacciasassi, che nel girone di ritorno ha lasciato per strada appena 4 punti su 45. Bilancio da cannibali. Il tutto, va ricordato, in un contesto societario da carboni ardenti, con tanti dubbi sul futuro, stipendi rinviati e proprietà lontana. Altro che allenatore, è stato un autentico factotum. La sfida personale non è vinta, di più.
VIDEO - LUKAKU IN GIRO PER MILANO A FESTEGGIARE LO SCUDETTO!
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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