Roberto Vecchioni torna a parlare di Inter e lo fa in una bella intervista alla Gazzetta dello Sport.

L’Inter è rimasta senza inno per due anni: questione di diritti con la signora Celentano appena risolta. Il suo “Inter spaziale” cantato da Bertini è del ‘71. Vecchiotto. Non ha mai pensato di colmare il vuoto? 
"L’inno non è roba per me. Quello era bruttissimo. Non l’avrei dovuto fare, ero giovincello. Mi piace Pazza Inter, è l’identikit dell’interista, siamo proprio noi. Era un peccato non averlo più: ci ha trascinato come il trombettiere prima della battaglia. Un tempo a San Siro anche l’Inter aveva un trombettiere. Tutto cambia".

Tranne l’interista.
"Ecco, più che l’Inter mi ispira l’interismo, l’essere interista: insicuro, debole, masochista, incazzato più con la sua squadra che con le altre. Ma è l’unico critico e il più appassionato di tutti. Più che un inno ci vorrebbe un saggio, ma io non riesco a scrivere di Inter, mi emoziona troppo. Seppur di straforo, l’Inter però è nelle mie canzoni, anche in questa collezione, citate con amore in Gli anni e Ho sognato di vivere".

Luci a San Siro. Si sono riaccese con i 7 gol al Sassuolo?
"Non ho grandi attese. Devo capire... Non abbiamo un leader: uno è troppo giovane, l’altro è appena arrivato (Kovacic ed Hernanes). Tanti avventizzi. Ranocchia potrebbe esserlo, ma gli serve tempo".

Un tempo si rivedeva nella serenità di Toldo e nella spregiudicatezza di Recoba...
"Non abbiamo più quella fisionomia: eravamo tutto o niente ma mai mediocri. Adesso assestati su un livello medio alto, non piace a nessuno".

Compiti per casa?
(Ride) "Ripassare a memoria la lezione sulla grandissima tradizione dell’Inter che vuol dire onestà, sportività, grande passione per la rivincita e soprattutto signorilità. Non dobbiamo neppure sembrare una squadra di pallone". 

Sezione: News / Data: Mer 17 settembre 2014 alle 10:27 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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