Gabriele Oriali, intervistato dal Corriere della Sera, risponde così alla domanda su come spiegherebbe a un ragazzo chi sia stato Johan Cruyff. "Intanto gli direi che è uno dei migliori calciatori che ho avuto la fortuna e l’onore di incontrare. Una leggenda del calcio. Per me il migliore europeo di sempre e tra i primi tre del mondo, con Maradona e Pelé».

Lei lo ha sperimentato sulla sua pelle nella finale di Coppa dei Campioni nel 1972: Ajax-Inter 2-0. Il sentimento che si portato dietro da quella sera qual è?
"Lo stupore. Io avevo 19 anni, ero nel pieno della mia incoscienza, non sapevo di avere di fronte qualcosa di così grande. Lui ne aveva 23, era all’apice. Elegante, agile, l’interprete principale di un tipo di calcio totale a noi sconosciuto. Una rivoluzione. E una rivelazione".

Cosa faceva la differenza?
"Cruyff giocava a tutto campo. Non c’erano ruoli fissi, c’erano pressing e fuorigioco e un moto perpetuo. Per noi era tutto nuovo. Perdemmo 2-0 e ci andò di lusso, perché nel primo tempo non passammo la metà campo e Bordon fece delle grandi parate. Cruyff fece due gol, ma su errori nostri. Il primo tra me e Burgnich. Il secondo di testa, che forse era il suo limite".

Era scontroso?
"No, affatto. Era un tipo molto alla mano. Ci siamo rivisti, parlati, aveva un bel ricordo di me. E io di lui".

C’è commozione nella sua voce.
"Sì. Lo chiamo “ragazzo”, anche se aveva 5 anni più di me. Il ricordo di quei tempi è molto piacevole, ma adesso c’è anche molto dolore. Speravo che Cruyff potesse vincere questa battaglia, lui che ne ha vinte tantissime. È un grande dispiacere, ma porterò sempre con me quei momenti. Assieme alla maglia numero 14 che ho a casa".

Sezione: News / Data: Sab 26 marzo 2016 alle 10:29 / Fonte: Corriere della Sera
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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