La sessione estiva di mercato è ormai in archivio, almeno per i principali campionati europei e per i calciatori sotto contratto. L'Inter ha concluso la sua performance con una doppia operazione importante in prestito l'ultimo giorno, vale a dire l'arrivo di Manuel Akanji dal Manchester City in sostituzione di Benjamin Pavard, trasferitosi al Marsiglia. Tutto è dunque rinviato a gennaio, quando aprirà la finestra di riparazione. Nel frattempo, Cristian Chivu dovrà cercare di far funzionare la squadra a sua disposizione, consapevole che il lavoro ad Appiano Gentile sarà ridotto a causa delle numerose partite in agenda tra campionato, Champions League e Coppa Italia. A bocce ferme, è tempo di bilanci per il mercato nerazzurro, iniziato con largo anticipo grazie alla finestra di giugno prevista per le squadre impegnate al Mondiale per Club. Ma invece di analizzare le cifre, le spese e i ricavi, si può provare a rispondere ad alcune domande che molti tifosi nerazzurri si sono poste in questo periodo ricco di eventi.

L'Inter è uscita rinforzata dal mercato?
Sì, almeno sulla carta. Mantenendo il gruppo storico e aggiungendo giocatori più giovani ma potenzialmente già pronti, ha dato profondità alla rosa. Proprio quella che è mancata la scorsa stagione, soprattutto in attacco. Petar Sucic ha già mostrato le sue qualità, Ange Bonny e Pio Esposito portano freschezza al reparto offensivo. Luis Henrique e Andy Diouf hanno caratteristiche che in rosa mancavano. Manuel Akanji ha esperienza e versatilità. In più, va sottolineato che l'Inter non ha ceduto alcuno dei suoi calciatori principali rispetto ad altri club.

Si poteva fare di più?
Certo. In difesa a parte l'avvicendamento Akanji-Pavard il reparto è rimasto lo stesso, con una media età di circa 30 anni e ben quattro calciatori in scadenza di contratto. Ma soprattutto i centrali hanno 70 anni in due, troppi considerando il numero di partite da disputare. Certo, sia Francesco Acerbi sia Stefan de Vrij restano dei maestri nel loro ruolo, ma il logoramento fisico non risparmia nessuno e forse aggiungere un difensore più giovane e veloce avrebbe fatto molto comodo. A centrocampo c'è fin troppa abbondanza, con 7 calciatori tutti con caratteristiche specifiche ma non esiste un'alternativa tattica a Hakan Calhanoglu dopo la partenza di Kristjan Asllani. In attacco il numero di elementi è passato dai cinque dell'ultima stagione ai quattro attuali e non c'è un giocatore di fantasia e dal dribbling facile che possa aprire le scatole difensive. Insomma, tanti punti su cui Chivu dovrà lavorare.

Perché l'Inter ha rinunciato a Giovanni Leoni?
Leoni era sul taccuino nerazzurro dal marzo del 2024 quando giocava nella Sampdoria, poi in estate si puntò su Tomas Palacios perché serviva più un braccetto mancino che un centrale puro. Anche in questa estate i nerazzurri hanno lavorato sul giovane difensore del Parma, ma non avrebbero investito più di 20-25 milioni e la richiesta dei gialloblu da 40 milioni era giudicata eccessiva. La speranza in Viale della Liberazione era arrivare a fine mercato per ottenere condizioni favorevoli, ma nel frattempo si è presentato il Liverpool che ha speso 35 milioni bonus compresi. Impensabile competere. Il rischio che alla lunga Leoni possa diventare un rimpianto è concreto.

Come mai l'Inter si è inceppata su Lookman?
Dopo aver risolto a inizio mercato le urgenze principali, la dirigenza ha avuto l'opportunità di regalarsi un giocatore importante nell'immediato. Il nigeriano non era nelle previsioni fino a quando gli agenti non lo hanno proposto, garantendo che in base alla famosa promessa fatta dai Percassi sarebbe stato ceduto in questa sessione di mercato per 40 milioni di euro. A certe condizioni in Viale della Liberazione non hanno perso tempo, considerando l'acquisto di Lookman una grande opportunità. Poi, però, la situazione si è evoluta diversamente, soprattutto a causa della cessione di Mateo Retegui che ha reso non necessaria quella del collega di reparto. L'Inter ha comunque formulato un'offerta ufficiale importante, ma dopo il primo rifiuto dell'Atalanta non ha più spinto per Lookman, che a 45 milioni bonus compresi sarebbe stata un'opportunità da cogliere al volo, ma alle cifre prospettate da Bergamo non più. Il via libera della proprietà per completare questa operazione c'è sempre stato, alla luce del valore del calciatore in questione. Il quale poi ha creato volontariamente la rottura con il suo club affinché mantenesse la promessa e accettasse l'offerta dell'Inter, senza riuscire a smuovere le acque.

Perché dopo la rinuncia a Lookman l'Inter non ha puntato su un giocatore con caratteristiche simili?
Lookman era l'occasione irrinunciabile a certe condizioni economiche, da acquistare a prescindere da valutazioni tecnico-tattiche. Ma dopo aver mancato l'obiettivo, la dirigenza ha deciso in accordo con Chivu di virare su un centrocampista di gamba, profilo assente nella rosa. Su questo cambio di rotta ha pesato anche la volontà di puntare su Pio Esposito, che con un nuovo innesto in avanti sarebbe stato il primo a perdere minutaggio. Tra l'altro, la stessa Atalanta aveva proposto lo scambio tra il centravanti azzurro e Lookman, approfittando di una situazione scomoda per trarne vantaggio: proposta rispedita al mittente senza troppi giri di parole. Quindi l'assenza di un profilo simile al nigeriano è stata dettata da un cambio di strategia che alla fine ha portato l'Inter a investire su Diouf, giocatore nel giro della Nazionale francese sul quale da tempo stava lavorando il Napoli.

Cos'è successo con Koné?
Il centrocampista della Roma è stato proposto ai nerazzurri e qui vale lo stesso discorso fatto per Lookman: occasione da cogliere al volo, ma solo a certe condizioni economiche. Condizioni che prevedevano un investimento da 40 milioni circa, gli stessi stanziati per il nigeriano. Per i giallorossi però, nonostante la pressione del FFP, il prezzo non era giusto. Da qui la decisione di tirarsi indietro e tenere il francese in rosa. L'Inter, dal canto suo, non ha voluto superare il limite autoimposto e ha virato su Diouf subito dopo l'uscita di Kristjan Asllani. Si è passati così da un profilo noto e affidabile a una scommessa, spendendo la metà.

Perché, nonostante ci fosse margine economico per un colpo in difesa e uno in attacco, entrambi sono rimasti in canna?
La prima spiegazione riguarda la lista UEFA. L'unico rimasto fuori è Palacios, rimasto a dispetto dei santi pur avendo opzioni alternative davanti a sé. Aggiungendo calciatori in questa sessione di mercato qualcuno dei nomi inseriti in lista sarebbe rimasto fuori. E non essendo arrivata l'occasione giudicata irrinunciabile a fine mercato si è preferito proseguire con questa rosa senza alterare gli equilibri. Proprio questa è la seconda ragione: avendo sistemato i punti critici, la dirigenza ha scelto di aspettare la classica opportunità. Non essendo arrivata, ha optato per non forzare situazioni poco convincenti rinviando tutto eventualmente a gennaio, quando potrebbero esserci giocatori scontenti o vicini alla scadenza che aumenterebbero davvero il valore della rosa e sarebbero investimenti 'anticipati' rispetto alla prossima estate, quando bisognerà sostituire 5 elementi per fine contratto. Per allora il club dovrà avere già le idee chiare e bloccare in anticipo i profili che riterrà ideali per sostituire chi saluterà.

Come giudicare la cessione di Zalewski?
Operazione condivisibile dal punto di vista finanziario, meno da quello tecnico. Il polacco, per quanto non una prima scelta, ha caratteristiche di duttilità e rapidità nello stretto non comuni nella rosa nerazzurra e si sarebbe ritagliato uno spazio significativo anche da trequartista. Poi, a 23 anni, i margini di crescita non gli mancano. Però non trattandosi di un titolare e non avendo in Chivu un grande sponsor (come si evince dalle prime amichevoli estive) la dirigenza ha colto l'opportunità di realizzare una grande plusvalenza, sfruttando l'intuizione dello scorso gennaio quando Zalewski è stato prelevato dalla Roma a condizioni ottime. Il problema è che alla sua uscita non è corrisposta un'entrata nella rosa nerazzurra, con conseguente spostamento sulla corsia mancina di Carlos Augusto e l'assenza di un vice Alessandro Bastoni (Palacios non viene preso in considerazione e la lista UEFA lo conferma). Bene dunque dal punto di vista economico, meno bene da quello tecnico e tattico.

Perché non dare fiducia a Valentin Carboni e Aleksandar Stankovic?
In entrambi i casi la dirigenza ha pensato che i due canterani del 2005 non fossero pronti per la responsabilità di vestire la maglia nerazzurra e avessero bisogno di una stagione ad alto livello per dimostrarlo. L'argentino ha perso la scorsa a causa di un infortunio e l'opzione Genoa in prestito secco è stata considerata ideale per vederlo all'opera con contionuità in contesti più impegnativi. Per quanto riguarda il figlio di Dejan, l'Inter ha scelto la carta della recompra per incassare subito 10 milioni e garantirsi al contempo il diritto di riacquisto del centrocampista per i prossimi due anni, qualora desse le risposte auspicate. In tal senso, la soluzione Bruges è lo step più adatto per la sua crescita. Se son rose fioriranno e i nerazzurri potranno riportarlo alla base per puntarci.

C'è stato un problema di comunicazione da parte della dirigenza?
Sì, e questo ha alimentato il malcontento della tifoseria. Soprattutto quando sia Piero Ausilio sia Beppe Marotta si sono esposti pubblicamente per il nigeriano, sostenendo di non voler tirarla troppo per le lunghe, i tifosi si sono realmente illusi di veder la loro squadra rinforzata da un top player come non accadeva da anni a causa delle ristrettezze finanziare. In gergo popolare, si sono fatti la bocca. Poi però quando la trattativa è andata per le lunghe e giorno dopo giorno si è rafforzato il concetto che l'Atalanta non avrebbe mai ceduto il nigeriano all'Inter, l'entusiasmo ha lasciato spazio alla forte delusione, inasprita quando l'Inter non si è mossa per un'alternativa di cui si sentiva la necessità (necessità tra l'altro sottolineata sia da Chivu sia da Marotta stesso). A parziale discolpa, i dirigenti si sono esposti convinti che le condizioni indicate dall'entourage di Lookman fossero condivise con i bergamaschi, che invece non le hanno assecondate, anzi. Probabilmente esprimersi senza aver prima parlato con l'Atalanta è stata un'ingenuità pagata a caro prezzo dal punto di vista ambientale.

Qual è il senso dell'avvicendamento in rosa tra Akanji e Pavard?
Operazione del tutto inattesa, ma evidentemente dettata dal contesto. Il francese da tempo, mediaticamente, era stato messo sul mercato ma non c'è mai stata un'offerta degna di essere presa in considerazione o dal giocatore o dal club. Club che non ha messo l'ex Bayern alla porta per questioni tecniche, quanto piuttosto per certe situazioni extra campo poco gradite. E le parole di Lautaro Martinez dopo la sconfitta con il Fluminense erano evidentemente indirizzate (anche) a lui. L'assenza di Pavard dall'undici contro l'Udinese si spiega proprio con l'evolversi dalla trattativa con il Marsiglia, soluzione a lui gradita. Nel mentre, i nerazzurri hanno bloccato Akanji, in uscita dal Manchester City, considerato l'ideale sostituto. Due trattative slegate, entrambe in prestito, che hanno un po' sconfessato la strategia estiva nerazzurra di puntare sui giovani e ridurre il costo squadra. Lo svizzero infatti ha un anno in più e pesa di più a bilancio. Il che conferma la sensazione che sia stata una questione di opportunità.

L'Inter è competitiva dopo questa sessione di mercato?
Sì, ma non può essere considerata favorita per lo Scudetto, anche solo per il semplice fatto di iniziare con un nuovo allenatore. La rosa ha qualità e profondità per fare bene, ma al di là dei proclami di facciata in Viale della Liberazione c'è una corrente di pensiero che considera questa stagione di transizione, anche in vista della rivoluzione in agenda la prossima estate. L'età media si è abbassata, così come il costo squadra, tenendo parte del budget stanziato per le occasioni o le necessità future. Quindi, gli obiettivi primari aziendali sono stati centrati. Nel frattempo però le altre società hanno investito e cambiato volto per essere altrettanto competitive, con il Napoli che, da campione d'Italia e grazie a una campagna di rafforzamento significativa, parte davanti a tutti. Per non parlare delle spese ai limiti della follia delle big d'Europa, soprattutto inglesi. Partendo da questo contesto, il piazzamento tra le prime quattro in Serie A e il raggiungimento degli ottavi di finale di Champions League non verrebbero accolti in modo negativo dal club. Vincere è un auspicio, ma quest'anno non può essere una pretesa.

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 03 settembre 2025 alle 20:55
Autore: Fabio Costantino
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