Allievo di Giovanni Trapattoni, ex compagno di Antonio Conte, Massimiliano Allegri, Frederic Massara e Francesco Moriero. Allenatore dei due mondi. Salvatore 'Totò' Nobile, ex laterale dell’Inter di fine anni ’80, oggi è un allenatore vincente che spopola in Africa. “Qui prima della partita i giocatori si raggruppano e pregano. Si sentono tutti fratelli, non importa tu sia cristiano o musulmano. In questo continente capita che i tuoi tifosi saltino il pasto per pagarsi il biglietto della partita. C’è un amore verso la propria squadra che va al di là dei bisogni personali. Sento la responsabilità di dare sempre il meglio, conscio che se non hai un grande spirito di adattamento, secondo gli usi e i costumi del posto, non puoi allenare, né vivere in questi contesti”.
Quel che uno dà per scontato in Europa, non lo è ovunque.
“Capita che l’acqua venga razionata. O salti la corrente. Ma gli africani sorridono e sono sempre felici. Hanno uno spirito talmente libero che non si deprimono davanti alle esigenze. Si sostengono l’uno con l’altro, anche se non si conoscono nemmeno”.
Il presente è in Madagascar, per un’avventura iniziata (da calciatore) a Lecce.
“Il primo tecnico che mi fece respirare l’aria della prima squadra fu Gianni Di Marzio. L’esordio con i salentini avvenne con Corso, mentre con Mazzone sfiorammo la promozione in A”.
In quella squadra si affacciano per la prima volta al grande calcio due giovanissimi Conte e Moriero.
“Antonio era un assiduo lavoratore. Subì l’infortunio di tibia e perone, ma quando tornò in campo fu come non fosse successo nulla. Un ragazzo, oggi uomo, dal carattere forte, che emerge nelle squadre che allena. Checco era tutto estro e fantasia, un peperino che si faceva coccolare da tutti e dava l’impressione del farfallone. Poi i fatti hanno dimostrato il loro grande valore”.
Arriva intanto una chiamata che cambia la vita di Nobile.
“Il Trap mi voleva già alla Juventus, sarei dovuto essere un giocatore bianconero. Poi lui andò all’Inter e mi volle fortemente in nerazzurro. Fu davvero un grande orgoglio”.
Una stagione da 19 presenze, con un brutto infortunio alla caviglia che forse cambia proprio la carriera di Totò.
“Stavo andando benissimo. Avevo fornito diversi assist a Serena e Altobelli. L’Inter aveva più nazionali che giocatori comuni”.
La voglia di giocare e il sogno Nazionale sono determinanti per il ritorno a Lecce. Poi il biennio di Cesena e il quinquennio di Pescara, dove il classe ’64 condivide lo spogliatoio con Allegri e Massara.
“Max è tutt’oggi quello che era nel ’91: un toscanaccio a cui non passa la mosca sotto il naso, che distribuiva consegne sul verde agli altri. Aveva già l’impostazione da allenatore. Descrivere Frederic non è semplice. Educazione estrema, dai valori di vita importanti, antidivo per natura nonostante fosse uno dei calciatori più importanti di quella rosa. Se in questo momento lo vediamo spopolare nel suo lavoro è grazie anche alla sua cultura di vita”.
Trascorrono gli anni e Salvatore, dopo un breve periodo da allenatore-giocatore al Galatinia, “dove fui catapultato in un lavoro davvero impegnativo concluso con uno splendido secondo posto”, appende definitivamente le scarpe al chiodo e si concentra solo sulla panchina: Tricase, Gallipoli, Nardò e Manduria. poi l’avventura come secondo di Moriero alla guida dell’Africa Sports, in Costa d’Avorio.
“Eravamo candidati alla panchina della Nazionale locale, avremmo guidato i vari Drogba, Touré, Gervinho. Non se ne fece più nulla, ma accettammo la proposta di questo importante club di prima divisione, il cui Presidente era il capo del gabinetto della Nazionale”.
E si apre un mondo nuovo.
“Nonostante Abidjan fosse, e sia tuttora, tra le più occidentali delle città africane, l’esperienza è forte e contagiante”.
Con l’addio di Moriero, Nobile diventa prima allenatore. E vince il campionato per ben tre volte. Con un trionfo, unito alla Supercoppa nazionale, che si ripete successivamente anche con il Séwé Sports di San Pedro.
“Quando giocavamo il derby, dovevamo cambiare stadio. Venivano a vederci 40 mila tifosi. Che annata, arrivammo lontano anche in Champions League”.
Per un entusiasmo che non si smorza nemmeno al Ganbasport, in Gabon.
“A Mounana non c’era niente: strada, foresta, qualche magazzino col cibo. Poi solo natura. Rilevai la squadra nona, terminammo secondi. Poi la stagione successiva stracciammo tutti gli avversari”.
Oggi al Fosa Juniors l’obiettivo è sempre lo stesso, conquistare titoli, con la squadra ampiamente prima in classifica. E qualche scomodità a cui il tecnico si è abituato.
“Ogni città ha il suo stadio in sintetico, per certi versi sotto questo punti di vista è meglio che in Italia. La tragedia è che per raggiungere i vari impianti dobbiamo viaggiare per dodici ore in bus, giocando poi anche con i 40° percepiti. Ma i risultati mi ripagano di qualsiasi sforzo”.
Poi il resto.
"Mangio carne di zebù, fisso per ore i bellissimi camaleonti e studio tantissimo”.
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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