Tra un derby d'Italia di Coppa Italia e un derby d'Europa, l'Inter s'appresta affrontare l'ennesima sfida da cerchietto rosso sul calendario: la Lazio. Proprio l'ex, la grande ex, di Simone Inzaghi, quella che il piacentino, dopo ventidue anni di passionevole storia d'amore abbandonò dalla notte alla mattina seminando non poco malumore alle sue spalle. Ma i momenti di rabbia e amarezza che avevano pervaso e infiammato gli animi dei biancocelesti in quell'inoltrata primavera 2021, quando la rescissione di Antonio Conte, fresco di scudetto, ridisegnò gli scenari delle panchine italiane sono ormai lontani e scemati e persino i laziali, oggi, non volgono più lo sguardo a quella lontana deludente 'fuga dai Parioli'. Una fuga alla quale penserà probabilmente, anche solo per qualche secondo, Simone, che alle aquile della Capitale è e sarà sempre particolarmente legato. Un pensiero che però il piacentino dovrà prontamente salutare, nel bene di un futuro che oggi ha il compito di tracciare per portare a compimento un percorso di maturità partito proprio da Formello. Se lo deve e glielo deve... all'Inter: ai suoi ragazzi, ai suoi tifosi, alla sua dirigenza e a tutto sudore e gastrite sopportati da agosto ad oggi. Per vivere notti come quella di San Siro di qualche giorno fa, per ricalcare le sue stesse parole al termine di una serata da spunta verde durante la quale l'allenatore nerazzurro ha dichiarato senza remora gli obiettivi stagionali: giocare al massimo le dieci partite restanti, con speranza e volontà di ottenerne una in più. Il tutto senza dimenticare la casella numero quattro in classifica sulla quale piantare bandierina.
Le insidie del lunch match di quest'ultimo giorno di aprile non sono poche, basti pensare al risultato dell'andata e alla beffa che già al primo faccia a faccia con la sua vecchia famiglia fu costretto a incassare Inzaghi. Ma quello è ancora una volta passato e tempo di guardarsi indietro oggi Simone non ne ha più molto e rigirarsi a rimirar lo passo è cosa cattiva e sbagliata. Specie oggi. Reduce dalla vittoria contro la Juventus che ha fruttato il pass per la gara di Roma del 24 maggio e in trepidante attesa del doppio confronto con i cugini che le frutterebbe il pass per la sfida di Istanbul, l'Inter non può disinteressarsi ancora una volta dell'obiettivo numero uno della lista di Zhang: qualificarsi alla Champions della prossima stagione per continuare a danzare sui palcoscenici europei sui quali ha fin qui attirato migliori recensi e standing ovation nel bene di un proseguio di progettualità sportiva e societaria. I tre punti sono, senza troppe perifrasi varie, fondamentali e d'obbligo e sono la perentoria regola da seguire e obiettivo da non mancare, al netto delle coscienziose difficoltà alle quali si dovrà dribblare.
Il dribbling numero uno per Simone and co è il mordente di Sarri e gli incroci a lui annessi che incombono, una sorta di tenebrosa ombra che aumenta i chiaroscuri della fotografia che l'Inter dovrà sviluppare tra le mura del Meazza allo scoccare del primo pomeriggio, quando in classifica potrà contare gli stessi punti di Milan e Roma, rallentatesi a vicenda lo scorso pomeriggio, e un +2 dalla vincente Atalanta contro il Toro e un eventuale -4 dal secondo posto, occupato proprio dalla Lazio di Maurizio Sarri. Ma ocho! Lo scoglio numero uno è proprio l'allenatore toscano, che a giudicare dalle parole dispendiate in conferenza stampa fuma ancora per la grandissima scottatura rimediata cinque anni e un giorno fa. Era proprio il 29 aprile 2018 quando una delle più belle squadre italiane degli ultimi dieci anni cadeva sotto i colpi di un ispirato Simeone che oggi, ironia della sorte, potrà insignirsi del Titolo sottrattogli proprio alla sua attuale squadra in quel primaverile pomeriggio del Franchi. Non uno, non due, ben tre colpi del figlio d'arte argentino affondarono il Napoli di Sarri incapace poi di ritrovare verve per rinsavire dal naufragio e finito secondo alle spalle dei grandi nemici torinesi che la sera prima avevano vinto un solito controverso derby d'Italia contro l'Inter di Spalletti. I nerazzurri quell'anno rischiarono, come da copione, la qualificazione in Champions, agguantata poi all'ultimo respiro con la famosa garra charrua di Matias Vecino che riportò i milanesi a riveder le stelle condannando, guarda caso, la Lazio di Simone Inzaghi. Un disegno circolare che fa invidia a tesi-antitesi-sintesi hegeliana insomma, ma che può proprio per ciò progredire verso quel movimento lineare e progressivo che porti alla perfetta sintesi di circolarità che mette a posto gli assiomi.
"È stata apparecchiata pensando che noi non faremo risultato. Speriamo che il Napoli festeggi il più tardi possibile" ha detto Sarri alla stampa durante la conferenza della vigilia, un avviso che risuona forte e chiaro a Milano quanto tra le vie dell'addobbato e fremente capoluogo partenopeo, dove tutto è pronto per la grande festa che l'allenatore toscano in questione vuole se non rovinare (di nuovo) quantomeno posticipare. Con l'Inter la Lazio vuole vincere, per salvaguardare il secondo posto e mettere bastoni tra le ruote all'ex allenatore e alla tiranna Inter, più e più volte ingenerosa e avida contro i biancocelesti. Ma è proprio con la Lazio che l'Inter non può e non deve tornare a chinare il capo, per concludere al meglio un aprile come non se ne vivevano da un pezzo e per cominciare nel migliore dei modi un maggio al cardiopalma che può dare e togliere tutto.
E se a Sarri brucia ancora... è Inzaghi che ha il compito di continuare a farlo fumare.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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