Poche ore all’alba di due giornate che decreteranno il destino di un campionato di Serie A che potrebbe conoscere il suo epilogo già quest'oggi. Certo, un epilogo, qualora dovesse essere questo, che ricalcherebbe - come qualcuno ha inevitabilmente ricordato - un evento storico il cui ricordo non troppo aggrada i nerazzurri, specie se all’alba di un match decisivo per lo scudetto e ancora contro la Lazio. Nel caso in cui l'Inter cadesse contro i biancocelesti a San Siro e il Napoli trionfasse a Parma, il Tricolore si vestirebbe d'azzurro ad una giornata dalla fine; diversamente invece tutto sarebbe ancora da scrivere: a Como e al Maradona, ancora in contemporanea. Insomma un'alba di un giorno che può tanto sapere di 5 maggio o che può rimandare ancora il verdetto di una lotta scudetto che potrebbe non vedere padroni nemmeno dopo il fischio finale della 38esima giornata. E chissà… speriamo di no pensando al necessario risparmio di energie, che non si vada persino ad uno spareggio che in caso di sconfitta potrebbe giocare per l'Inter una carta scomoda in vista della finale del 31 maggio. Tanti, tantissimi se e ma, probabilità e tentativi di calcolo che accendono l'insonnia di interisti e napoletani che si ritrovano a pronunciare promesse e 'voti', chiedendo ad un dio a cui non credono neanche troppo di donargli la forza, quantomeno, di resistere. Resistenza fino all'ultimo estenuante attimo come desiderio preliminare del grande, grandissimo 'sogno' finale. Parola andata in inflazione da alcune parti dello Stivale dove i termini usati sono spesso stati il frutto di una comunicazione che poco ha fatto i conti con il significato attribuito nel profondo dai protagonisti alla suddetta parola.
Se ad una latitudine della Penisola si fanno tabelle, scongiuri, torte, caroselli e tatuaggi già da qualche settimana, dall'altra i calcoli sono ormai semplici e già mandati nel dimenticatoio e al contrario, semmai, si spera. Con lo stomaco in subbuglio ma con una rassegnazione che ha lasciato spazio alla leggerezza di affidarsi al 'chissà come va', concentrando piuttosto l'attenzione su app di booking e caselle email in attesa di un link. E allora sì che si fanno calcoli e si prega nella speranza di ricevere un link che significa, prima di tutto, esserci lì dove conta, sugli spalti come in campo: nella notte delle notti, dove tutto si accende come un faro che illumina e oscura allo stesso tempo tutto. Di sicuro eclissa, e trepidazione e ansia si mischiano a convulsa e incerta strategia da seguire nel tentativo di ingannare il tempo e non attirare legge di Murphy e bad vibes. Rivedere gli highlights della Champions fatta fin qui e darsi carica o ignorare tutto, calendario e annessi impegni compresi? Intanto si spera, non importa in cosa: nelle case e nei pensieri degli interisti si spera. È la speranza l'unica vera grande ragione di ogni nerazzurro che ancora una volta si ritrova a parlare di sogno, umile ma anche parecchio consapevole. Le preoccupazioni degli interisti rimbalzano, come per tutta la stagione, da una competizione all'altra, il leit motiv non cambia e il filo che unisce la finale di Monaco con le due finali con Lazio in primis e Como dopo (nel caso non si perda con i laziali) in campionato è la bellezza e l'onda d'urto d'emozioni che vibra quanto la Nord dopo il gol di Frattesi dentro ogni singolo tifoso dell'FC. Una scia di entusiasmo che aleggia sulla squadra di Inzaghi e trascina gli stessi giocatori a vivere una realtà che assapora sì ansia, ma anche tanta, tantissima gioia e trepidazione nell'accezione più bella del termine inspiegabili per chi non le vive e che valgono, per chi ne conosce il sapore, il rumore e il peso, il prezzo del biglietto... o tutta la delusione di non riuscire ad accaparrarsene uno.
Frenesia, adrenalina, batticuore, tachicardia, stomaco in subbuglio e momenti in cui non si pensa ad altro, voglia di esserci, urlare a squarciagola e sperare di poter tornare a farlo senza freni. Speranza, ancora una volta, che si mischia a onirico naufragio di pensieri che finiscono col desiderare e sussurrare inconsciamente a se stessi immagini che trovano come punto finale piazza Duomo. Per la notte di Monaco quanto per quello che dice ancora la classifica di Serie A, fatta di un +1 del Napoli sull'Inter che al momento in cui scriviamo tiene accesa, seppur debolmente, la fiammella delle lampade dei sogni di ogni bambino e anche di ogni adulto che tifa il Biscione. A qualsiasi età consapevoli e rassegnati dell'improbabilità della cosa, ma altrettanto consci che proprio nel momento in cui questo scritto ha luce, ogni nerazzurro può appisolarsi appagato, con tacita allegria e senza alcuna Gaviscon o exit-strategy d'emergenza. Tra qualche ora, come nei giorni a venire, gli undici in campo e i restanti in panca saranno enormemente spinti da un sentimento comune che coinvolge persino loro, coltivando all'unisono l'essenza di ciò che a tutti gli effetti può essere definito sogno. Quel desiderio fatto di leggerezza, gioia d'attesa, inspiegabile felicità, ricorrente e trascinante quasi ossessivo filo di brio che di tanto in tanto s'impossessa della mente lasciando pronunciare un inconscio e quasi incolpevole 't'immagini se...' alternato ad un perentorio e intransigente 'tanto non succede' che non provoca però alcun macigno sul cuore e sa di assurda euforia che ti riporta a vivere nel corpo di un sedicenne innamorato in preda ai primi effetti collaterali da eccessivo rilascio di dopamina. Qualcosa che non poco differisce da chi, sotto la Torre Eiffel o sotto il Vesuvio, vive la partita del 31 maggio o le due con Parma e Cagliari con il peso e la 'responsabilità' (Cit.) di chi dovrà conquistare più che un sogno un'ossessione, per evitare quello che sì, sarebbe un 5 maggio. Sotto la Madonnina la sensazione è un'altra e si chiama consapevolezza, che comunque vada niente è come esserci lì dove conta. E se a vincere dovesse essere ancora una volta Murphy, 'camma fa, a prochaine fois'.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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