"Zanetti giocatore ormai è alle spalle, anche se la tensione resta la stessa e forse anche di più, perché dall'esterno non puoi incidere sul campo. Sì, si soffre decisamente di più. Le sensazioni sono diverse, ma la soddisfazione è la stessa: c'è orgoglio nel vedere la crescita della squadra in questi due anni, nonostante tante difficoltà. Questo progetto è partito con Conte due anni fa e con lui mi è stato possibile essere ancor più vicino alla squadra. I ragazzi sono cresciti anche attraverso momenti duri, necessari però per migliorare e prepararsi a vincere". Parla così Javier Zanetti intervistato da La Nacion. Ecco alcuni passaggi della lunga chiacchierata del vicepresidente nerazzurro con il quotidiano argentino.
Quando parli di momenti duri ti riferisci alla finale di Europa League e all'eliminazione dalla Champions?
"Sì, esattamente. Ma anche ad alcune partite del campionato scorso in cui avevamo perso. Tutti i gruppi, se vogliono imparare a vincere, devono prima passare attraverso delle delusioni".
Perché dici che ora sei più vicino all'ambito sportivo? Forse perché Conte ti dà un ruolo che altri allenatori prima di lui non ti avevano dato?
"È scomodo parlare di questo per me. Diciamo che a volte ti rendi conto quando si instaura subito feeling, armonia. Fin dal primo pranzo che ho fatto con Antonio dopo la sua firma ho capito che stava partendo qualcosa di importante. Lui ha una grandissima capacità di trasmettere le sue idee e mi ha dato fiducia".
Che cosa ha portato Conte?
"Cultura del lavoro e mentalità prima di tutto. Ha convinto della bontà del suo progetto anche i più giovani. Da quando è arrivato non c'è stato giorno in cui non abbia pensato a come migliorare la squadra. I suoi meriti vanno anche oltre la vittoria del titolo dopo un decennio e la fine della striscia di vittorie della Juventus. È stato anche responsabile della valorizzazione dei giocatori, del riposizionamento del club. Ha convinto il gruppo a seguirlo".
Conte, da giocatore e allenatore, ha trascorso 16 anni nella Juventus, grande rivale dell'Inter. Come pensi che questa cosa sia vista dai tifosi delle due squadre?
"Penso che il tifoso della Juventus non possa essere felice di tutto quello che Antonio stia facendo all'Inter. Invece il tifoso nerazzurro, dopo l'iniziale scetticismo, penso abbia imparato ad amarlo. Lui è focalizzato al 100% sull'Inter fin dal primo giorno: ha accettato questa sfida proprio come un vero interista".
Quali sono stati i momenti fondamentali per arrivare allo scudetto?
"La chiave è stata la convinzione, il crederci sempre. Anche in Champions abbiamo fatto bene, venendo eliminati per il doppio pareggio con lo Shakhtar. Per questo motivo il gruppo non si è pianto addosso e si è riscattata in campionato".
Quali aspetti calcistici che metteresti in evidenza, a parte i gol di Lautaro e Lukaku?
"Sicuramente la crescita della fase difensiva. Abbiamo raggiunto grande solidità tra difesa e mediana, poi Lautaro, Lukaku ma anche Sanchez sono stati fondamentali".
E i tuoi meriti?
"Minori. Ho sempre provato a dare una mano dentro e fuori dal campo, perché per arrivare ai risultati serve che tutti si remi dalla stessa parte".
Pensi che l'esplosione dei tifosi domenica in piazza del Duomo sia stata una fuga da tanti mesi difficili?
"Il pubblico ci manca tanto. Immagina quante persone ci avrebbero seguito ovunque in una stagione come questa. Ci stiamo preparando perché all'ultimo appuntamento, in casa contro l'Udinese, almeno qualcuno possa entrare. Comunque, a modo suo, il tifoso interista si è fatto in ogni caso".
Finora sono 44 i gol segnati da Lukaku e Lautaro Martínez in stagione. L'Inter ha il miglior attacco d'Europa?
"Abbiamo una delle migliori coppie di attaccanti, certamente. I due si completano molto bene: Lauti e Lukaku giocano insieme da due anni ormai e ti rendi conto che si sentono a proprio agio, si cercano, si aiutano. È bello vederli giocare. E la squadra è importante anche per loro, perché c'è molto lavoro alle spalle affinché si possano trovare nelle migliori condizioni per colpire".
Come analizzi l'evoluzione di Lautaro?
"Andammo a prendere un ragazzo di 20 e non ci sbagliammo. La speranza era proprio quella di vederlo crescere come poi è accaduto. L'Inter gli ha dato tempi di crescere, Conte lo ha consigliato benissimo e lui è stato bravo a raccogliere questi consigli. Sono davvero molto felice".
E come ogni anno ci saranno ancora voci di mercato su di lui?
"È la normalità quando hai dei buoni giocatori. Qui ne abbiamo tanti che rappresentano anche un patrimonio economico importante. E poi abbiamo anche tanti giovani: Lukaku, Lautaro, Barella, Skriniar, Bastoni, Hakimi... Chiunque li vorrebbe nella propria squadra".
Com'è Lukaku fuori dal campo?
"Un ragazzo molto disponibile con tutti, generoso. Tranquillo, dedito alla famiglia: è uno di quei giocatori che fanno gruppo e sono leader silenziosi".
Tanti momenti complicati dopo il Triplete, anche a livello societario. Anche per questo lo scudetto è tornato dopo 11 anni?
"Certamente non è facile, devi riuscire ad adattarti a vari cambiamenti. E qualcosa perdi per forza. Penso che questo scudetto arrivi anche come conferma della continuità di lavoro. Ecco perché ritengo che il grande merito, anzi, tutto il merito sia di Conte e dei ragazzi".
Le voci secondo cui il gruppo Suning stia cercando acquirenti per il club hanno destabilizzato la squadra?
"È vero che a metà campionato il club sarebbe potuto essere venduto. Attraversava grossi problemi finanziari, sebbene noi non siamo gli unici a passare un momento delicato da questo punto di vista. Ma dico che come società possiamo ancora migliorare: l'allenatore e la squadra hanno fatto qualcosa di eccezionale in due anni, adesso bisogna aspirare a qualcosa di più e c'è da migliorare i meccanismi interni. Questa è la realtà".
Il bilancio è ancora in rosso?
"I problemi finanziari restano, sì. E potrebbero volerci un paio d'anni per ritrovare l'equilibrio. Servirà che la gente torni allo stadio per accontentare gli sponsor. In poche parole, serve tornare alla normalità, dopodiché risolveremo i problemi. Non bisogna nascondersi: a oggi la situazione è delicata, però abbiamo la soddisfazione di aver vinto uno scudetto. Ma questo deve essere il punto di partenza per compiere un ulteriore passo in avanti. La base sulla quale costruire un progetto duraturo. Molto dipenderà dalla parte sportiva, dovremo essere molto chiari sul da farsi. Le entrate dalle tv sono importanti, ma non tutto può dipendere da quello. Va attuata una strategia ad ampio respiro, che ti garantisca sostenibilità nel tempo".
E la costruzione del nuovo stadio?
"È un argomento di cui si parla da due o tre anni e stiamo ancora aspettando la definizione di alcune parti. È un progetto congiunto con il Milan, ma i permessi dipendono dal Comune e da una commissione che non finisce mai con la sua analisi. Quando sembra che tutto sia a posto, suuccede sempre qualcosa. La pandemia, probabilmente, non ha aiutato".
Come è andata con la Super League? L'Inter è stata una delle 12 società fondatrici...
"Un'idea che è durata poco, la risposta l'hanno data i tifosi. E non solo i tifosi delle 12 squadre fondatrici, ma di tutti gli appassionati di calcio. È stato un errore e bisogna imparare dagli errori. Questo è stato un errore, senza dubbio, ma sicuramente aiuterà la FIFA, la UEFA e tutti i principali organi di calcio, insieme ai club, a mettersi insieme e cercare di trovare modi alternativi per migliorare il mondo calcio".
Quando il logo è cambiato, molti fan si sono spaventati. Temevano la perdita d'identià del club.
"Molte cose sono state dette, ma il nome non è cambiato. Puoi innovare perché non devi ignorare che il mondo sta cambiando, però non puoi mai allontanarti dalla tradizione, non puoi mai dimenticare la tua storia. Non puoi permettere che il passato scompaia. La tua identità e i tuoi valori non possono mai andare perduti".
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Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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