L'Inter di Stefano Pioli cade in casa e s'inchina al Napoli di Maurizio Sarri. A un girone di distanza dal roboante 3-0 esibito allo stadio 'San Paolo', il divario tra le due compagini trova la sua seconda certificazione nello spazio di cinque mesi, nell'1-0 rifilato dagli azzurri agli ingenui e malcapitati padroni di casa. José Maria Callejon scarta il regalo di Yuto Nagatomo e firma il trionfo partenopeo a San Siro: una sconfitta che preoccupa i nerazzurri (2 punti nelle ultime 6 partite) e invita il tecnico Pioli ad interrogarsi sui perché di questa debacle casalinga.
Le due formazioni scendono in campo con moduli pressocché speculari: quello nerazzurro è un 4-2-3-1 "schematico", con Joao Mario che agisce sulla trequarti campo avversaria alla stessa altezza degli esterni d'attacco (Eder e Candreva), mentre negli ospiti il tridente Insigne-Mertens-Callejon è sostenuto da un mobile e ubiquo Marek Hamsik, che non agisce da vero trequartista ma garantisce comunque un apporto più offensivo che difensivo. L'incontro del 'Meazza', che vede i ragazzi di Sarri impartire lezioni di gioco ai nerazzurri, viene deciso dai duelli individuali. La squadra ospite risulta complessivamente ben disposta in campo, più altruista e attenta al gioco collettivo rispetto ai rivali meneghini. Ma l'elemento-chiave che determina l'andamento del match è la predominanza tattica dei partenopei negli "uno contro uno". Sono tre i duelli cruciali per l'Inter: uno in difesa (Medel-Mertens), uno a centrocampo (Gagliardini-Hamsik) e uno in attacco (Joao Mario-Diawara). Scontri nei quali i nerazzurri non riescono a fare la differenza. Come nel caso di Gary Medel, che viene catturato dalle trame offensive del Napoli e in difficoltà quando si presenta davanti a sé Dries Mertens. All'attaccante azzurro manca solo il gol, per il resto la sua prova è perfetta: dispensa classe e raffinatezza, con tagli in profondità che colgono di sorpresa il Pitbull e continui tentativi verso la porta avversaria che solo Handanovic e il palo esterno sono in grado di disinnescare. Il belga dialoga a meraviglia con Insigne e s'intende a memoria con il compagno di squadra, ma mentre nel caso dell'ala sinistra su di lui c'è il raddoppio di marcatura (da parte di D'Ambrosio e Candreva), Mertens viene fronteggiato soltanto da Medel che compie una fatica incredibile a contenere le avanzate palla al piede dell'avversario e i suoi insidiosi movimenti senza palla. Emblematica la goffa caduta del cileno in seguito ad un tunnel dello stesso falso nueve napoletano.
Gara difficile anche per Joao Mario, ingabbiato dall'asse Zielinski-Diawara che non gli consente di avere campo libero per lanciare l'azione offensiva dei suoi. È in particolar modo il centrocampista ivoriano, faro del gioco partenopeo, a rendere travagliata la giornata del portoghese: il grande lavoro svolto dall'ex Bologna nella zona nevralgica del gioco limita gli spazi al numero 6 nerazzurro, che gestisce pochi palloni e non li sfrutta neanche a dovere. Mentre l'avversario si dimostra abile nel chiudere le linee di passaggio, recuperando in questo modo diversi palloni che si trasformano in azioni d’attacco per i suoi, Joao Mario viene chiuso e non riesce ad esprimere le proprie potenzialità. Diawara fa il martello, lui recita il ruolo dell'incudine. Non è di certo la sua miglior serata e infatti, dopo neanche un quarto d'ora dall'inizio del secondo tempo, Pioli lo richiama in panchina.
Discorso opposto, invece, per Roberto Gagliardini, che fronteggia con l'approccio giusto il duello con Marek Hamsik a centrocampo. Lo slovacco non lascia mai punti di riferimento al marcatore nerazzurro, muovendosi sempre sulla linea della trequarti e rientrando in più occasioni nella zona di mediana per prendere il possesso del pallone e far partire dai suoi piedi l'azione napoletana. In fase d'avvio il centrocampista dell'Inter risulta in difficoltà e non riesce a prendersi carico dell'avversario, ma con il passare del tempo il suo rendimento comincia a decollare e l'ex Atalanta acquisisce sempre di più quel senso di posizione che gli consente di opporsi alle avanzate del capitano del Napoli con prontezza ed autorevolezza. Difatti, Hamsik nel secondo tempo si spegne, non soltanto dal punto di vista fisico ma anche e soprattutto sul piano tattico. Sarri, a questo punto, lo sostituisce con Allan.
Ma l'ingresso in campo del brasiliano, così come quello di Rog, non cambia il leit motiv della partita: a centrocampo l'aspetto che fa la differenza non è soltanto la qualità (entrambe le compagini dispongono di ottimi giocatori nel reparto) o l'esperienza (tutti i centrocampisti scesi in campo - eccetto Hamsik - sono nati negli anni '90), quanto piuttosto l'abitudine a giocare insieme e la continuità del progetto tattico che, al di là degli interpreti di gioco, resta lo stesso e non si adatta all'avversario. Il sistema di Sarri, inoltre, a differenza di quello di Pioli coinvolge più giocatori in mezzo (esterni offensivi compresi) mentre nell'Inter la partecipazione delle stesse ali d'attacco sembra più un espediente dedicato all'avversario di turno. Ciò sta a sottolineare che il Napoli adotta sempre il solito schema di gioco, e che i nerazzurri - al contrario dei partenopei - siano privi di certezze tattiche e continuità di rendimento. Valutazione scontata se si lavora insieme da almeno un paio di anni, ma serve anche la predisposizione e la disponibilità degli interpreti per rafforzare i concetti espressi. Da entrambi i punti di vista l'Inter è terribilmente in ritardo.
Andrea Pontone
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