Mancano pochi giorni. Il 24 ottobre, il palcoscenico degli spionaggi riaprirà i battenti dopo la richiesta accolta di Christian Vieri, a cui l'Inter replicherà in appello. Stavolta, sarà l'ora dell'udienza per Massimo De Santis. La vicenda dello spionaggio tramite Telecom sostenuta dall'ex arbitro tornerà di moda, anche perché il signor De Santis ha chiesto a FC Internazionale un risarcimento da 21 milioni di euro. Prepariamoci dunque a un nuovo tornado mediatico intorno a una vicenda su cui il presidente Massimo Moratti aveva già preso posizione in passato, con una linea chiara e precisa: "Non credete a tutto quello che dice Tavaroli. Lo conoscevo, certo, ma non gli ho mai dato alcun incarico di spiare. Un uomo si offrì di mettere sotto osservazione De Santis, sottolineando che conosceva persone in grado di darci delle informazioni, ma non uscì nulla, zero su tutta la linea. L’Inter non ha dato nessun mandato per seguire qualcuno", parole risalenti al 2006.

Adesso, De Santis chiede ben 21 milioni di euro perché "rivoglio la mia dignità. Sono entrati nella mia vita con un cavallo di Troia". Questa la tesi dell'ex fischietto. Singolare sentire tali parole da chi invece è stato chiamato solo due giorni fa a risarcire lo Stato dalla Corte dei Conti per il marcio emerso da Calciopoli. Questo, però, è un altro discorso. Perché il signor De Santis si oppone quindi alla linea dell'Inter, accusa e chiede danaro. Tanto danaro. Addirittura, un anno fa, l'ex arbitro dichiarava: "Ho chiesto alla FIGC di poter agire contro l'Inter per l'affare Telecom, non mi hanno mai risposto". Naturale, perché la giustizia sportiva non ha nulla a che vedere con questa vicenda. E sarebbe quantomeno curioso il contrario, con un arbitro condannato che prova a rigirare la frittata con un altro appiglio.

Ma la domanda basilare è in un altro punto. Chi ha il coraggio di credere al signor De Santis? In molti hanno rimosso quanto accaduto nel 2009. Dall'ex arbitro, che aveva gettato fango sulla figura facilmente attaccabile di Giacinto Facchetti, parte una lettera di scuse all'indirizzo della famiglia Facchetti stessa. Come mai? Perché "in una trasmissione del 30 aprile 2007 su Antenna Tre Lombardia, avevo affermato che 'avevo rapporti telefonici con Facchetti perché avevo un ottimo rapporto con lui: si parlava, si telefonava, mi chiedeva determinate cose. Forse in qualche occasione si è andato oltre quello che poteva essere il lecito...'". Fango inventato, falso, gratuito. Facile da tirare fuori.

E proprio De Santis scriveva ai Facchetti: "Si tratta di una vicenda incresciosa: oggi non ripeterei quelle parole che non corrispondono per nulla al vero; con Facchetti avevo solo ed esclusivamente rapporti istituzionali ai quali eravamo tenuti nei rispettivi ruoli. Quelle frasi, di cui mi dolgo, sono false e gravi per l' offesa che hanno recato alla sua memoria, ovvero di una persona che non era coinvolta in qualsivoglia pratica illecita e che neppure era adusa a tenere comportamenti men che corretti. Mi dispiaccio di quelle parole per le quali mi scuso pubblicamente". Tutto è reperibile qui, per chi non ricordasse. Insomma, è facile adesso parlare di dignità. Ancor più semplice farlo il 24 ottobre, quando ci sarà l'udienza per Telecom. Ma di fronte a quei 21 milioni richiesti per risarcimento danni, che prezzo ha il fango inventato su Giacinto Facchetti? De Santis sarà naturalmente libero di dire la sua, nella prossima udienza. Vedremo cosa ne verrà fuori. Intanto, buona fortuna a chi lo ascolterà...

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Ven 19 ottobre 2012 alle 13:48
Autore: Fabrizio Romano / Twitter: @FabRomano21
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