"Mi alleno tutti giorni con una squadra della MLS e lavoro anche con un mio piccolo team di preparatori. Mi sento bene e mi manca solo di giocare una partita, ma fisicamente sto alla grande". Lo dice Giuseppe Rossi, intervistato dal Corriere dello Sport proprio nel giorno in cui si gioca Italia-Usa, amichevole tra le 'sue' due nazionali: "Io sono nato negli Stati Uniti, ma sono un azzurro, ho sempre tifato per l’Italia e ho anche vestito la maglia azzurra 30 volte", dice. 
 
Per il momento però è sempre senza contratto. Perché? 
"È difficile per me dare una spiegazione. Devo essere paziente e pensare a farmi trovare pronto quando avrò un’occasione perché questa situazione non è nelle mie mani". 
 
Cosa la infastidisce di più in questo momento? 
"Il pregiudizio che c’è nei miei confronti. Finché l’inattività era dovuta alla vicenda doping potevo accettarlo, ma adesso... E’ dura star fuori perché qualcuno ha paura degli infortuni passati se non ci sono più rischi di squalifica e se fisicamente sei integro. E’ una cosa che non lo posso proprio digerire. Io cerco la felicità, la sensazione di poter dire che posso giocare ancora ad alti livelli. Mi basta un’occasione". 
 
Dove le piacerebbe avere questa occasione? 
"Voglio una squadra che capisca bene chi è Giuseppe Rossi come giocatore e quello che può dare. Quando sento una certa fiducia sono capace di fare il mio lavoro e non ho 40 anni, ma 31... Sono ancora giovane e davanti a me ho molte stagioni importanti". 
 
Altri atleti reduci da più infortuni in passato lo hanno fatto. 
"I miei modelli sono i miei ex compagni Thiago Motta e Marcos Senna. Loro si sono rialzati, hanno trovato formazioni che hanno dato loro una chance e hanno vinto tanto battendo la sfortuna. Voglio imitarli". 
 
Nel frattempo segue ancora la Serie A? Chi vincerà il campionato? 
"Secondo me è lo stesso film degli scorsi anni e il finale sarà identico: la Juve domina e vince, Napoli gioca un gran bel calcio, ma è sempre costretto a inseguire con la Lazio, l’Inter, la Roma e il Milan".  

Qual è stato l’allenatore più importante della sua carriera? 
"Dico Ferguson perché a 17 anni mi ha permesso di stare tra i grandi giocatori di un top club come il Manchester United. Con lui sono cresciuto molto come calciatore e come uomo". 
 
Altri tecnici che stima? 
"Mourinho non mi ha mai allenato, ma lo stimo molto. Quando mi sono fatto male la prima volta al Villarreal, mi ha mandato un messaggio di incoraggiamento. E’ una brava persona". 

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Sezione: Rassegna / Data: Mar 20 novembre 2018 alle 10:03 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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