Le parole di Ivan Cordoba dopo Inter-Livorno riecheggiano anche al di là delle mura di San Siro e restano vive persino ad Appiano Gentile, dove in molti la pansano come il colombiano. Il quale, parlando di Balotelli, si è lanciato in un paragone forte, come una delle sue uscite palla al piede dalla propria area di rigore: "Anche Adriano era ciecamente convinto di avere ragione, poi in un'intervista rilasciata in Brasile ha ammesso di aver capito che Mancini diceva certe cose per il suo bene. In ogni caso in questi momenti sono importanti anche le persone che ti stanno attorno". Un accostamento pericoloso, considerando com'è andata a finire con l'Imperatore, che oggi gioca e segna in Brasile, ma è sempre al centro di casi che riguardano la sua immagine e il suo comportamento fuori dal campo. Probabilmente il paragone regge solo nel modo di atteggiarsi dei due attaccanti: entrambi faticano ad accettare determinate scelte tecniche dell'allenatore o decisioni societarie. E si comportano di conseguenza, senza pensare ai rischi.

Ma per il resto, Balotelli e Adriano hanno vissuto (e stanno ancora vivendo) situazioni diverse. Il brasiliano, infatti, come ammesso dopo l'addio all'Inter, soffriva di una forte depressione, calmierata nell'alcol e nelle nottate in discoteca, tra divertimenti senza orari e compagnie poco raccomandabili. Tutto il necessario per danneggiare la propria immagine. Ma assai di rado ha avuto da ridire con i propri compagni di squadra, quando aveva la lucidità necessaria cercava di mettere tutto sé stesso per ritornare a essere il fenomeno che i tifosi nerazzurri avevano abbracciato di ritorno dai prestiti a Firenze e Parma. Tentativi tutti miseramente falliti, pur caratterizzati da false speranze. Mancini ci si è messo d'impegno, senza avere fortuna. Mourinho gli ha persino posto in mano le chiavi dell'attacco, ma anche il portoghese si è dovuto arrendere all'evidenza di un ragazzo schiacciato dalle responsabilità, dalla crisi personale e dalla mancanza di punti fermi cui aggrapparsi. Non è un caso se, a distanza di tempo, Adriano abbia speso belle parole per la società nerazzurra e per Mourinho, che lo hanno atteso a lungo, anche se inutilmente. Va ricordato, a parziale giustificazione del giocatore, che a un carattere debole si è aggiunto il peso della scomparsa prematura del padre, che ha lasciato un segno talmente forte da rimanere latente ed emergere a distanza di mesi.

E Balotelli? Anche lui ha trascorso un'infanzia difficile, abbandonato dalla famiglia con la quale non vuole avere più rapporti, ma per sua fortuna accolto da un'altra che non gli ha fatto mancare nulla, compreso lo sport che oggi gli sta regalando un futuro. Mario ha un carattere orgoglioso, ai limiti dell'arroganza, sente di poter essere il migliore e non vuole attendere la dovuta gavetta. Il talento gli consentirebbe di bruciare le tappe, ma la testa non lo aiuta in quest'ottica. Non si parla di uno scapestrato, di un giovane viziato che non rispetta le regole dentro e fuori dal campo. Ma di un 19enne che si sente già arrivato e pensa che tutti glielo debbano riconoscere: il classico errore che ha stroncato le carriere di tanti campioni in erba, poi spariti nel mare magnum del calcio italiano e internazionale. Nessuno oserebbe dire che Balotelli non è un fenomeno, ma da qui a metterlo davanti a gente che il suo posto se l'è sudato con la fatica e con l'attesa, ce ne passa. E lui questo non riesce a capirlo. Proprio su tale aspetto la società e Mourinho, anche con il pugno duro, stanno lavorando, e adesso anche la squadra ha deciso di farsi capire con parole forti e chiare. La classe non basta per diventare campioni veri ed essere d'aiuto ai compagni sul rettangolo di gioco. Prenda spunto, Balotelli, da gente come Eto'o, giusto per citare un collega di maglia: il camerunense, che ha un palmares che in pochi possono vantare, si sbatte come pochi in campo, accetta le decisioni di Mourinho senza lamentarsi (anche quando deve rimanere in panchina) e poi quando ha l'occasione per mostrare la sua classe, la sfrutta. Con la testa di Eto'o (ma anche di Milito e Pandev, altri attaccanti nerazzurri) e il talento di Balotelli, si potrebbe costruire in laboratorio il giocatore più forte al mondo.

Pertanto, anche se Adriano e Balotelli possono essere accostati per la convinzione di avere ragione a prescindere, le loro due storie sono diverse. E la speranza è che Mario faccia in tempo a riprendere la giusta strada, per fare in modo che anche l'epilogo sia un altro...

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 26 marzo 2010 alle 09:29
Autore: Fabio Costantino
vedi letture
Print