"La differenza nel calcio non la fa il modulo, che per troppi allenatori è l’unico parametro su cui lavorare, ma il modo in cui i giocatori lo interpretano. Ecco perché ho potuto giocare con tre difensori e quattro centrocampisti solo alcune volte: negli altri casi non era possibile per caratteristiche o circostanze particolari. All’Inter, per esempio, con Coco fuori per infortunio giocai a quattro". Lo ricorda Alberto Zaccheroni, intervistato dalla Gazzetta dello sport.

E la sua filosofia di linea difensiva a tre da cosa nacque?
"Andavo in giro, studiavo, e vedevo cose che personalmente non mi piacevano. Osservavo Cruijff a Barcellona così come Zeman a Foggia, ma non erano le soluzioni che cercavo. Non condividevo la mediana a tre, che poi costringeva a un inevitabile 4-5-1. Il mio obiettivo era tenerne tre davanti, che non dovessero ripiegare tutte le volte, e allora mi misi a lavorarci su. Prima con carta e penna, poi sul campo. Così, dopo aver sperimentato la mediana a quattro, mi dedicai al modo in cui far giocare i tre dietro. Diciamo che fu una conseguenza, un domino. L’obiettivo primario era evitare che le punte disperdessero troppe energie".

Prove generali a Udine, scudetto al Milan.
"Sarò sempre grato a giocatori come Maldini e Costacurta, gente che aveva vinto tutto e avrebbe anche potuto mandare a quel paese me e le mie idee. Invece mi seguirono e mi permisero di proseguire su concetti non condivisi dal club".

In effetti Berlusconi non la trattò benissimo.
"Io rispetto tutti, ma l’importante è che non mi si venga a dire cosa devo fare. Finché ci sono io, si fa a modo mio. Galliani mi offrì il rinnovo, ma non firmai perché non c’erano più le condizioni. Occorre sintonia. La verità è che se sei convinto delle tue idee, devi essere pronto a fare la guerra. Si tratta delle tue conoscenze, del tuo bagaglio, devi avere coraggio".

Sezione: Ex nerazzurri / Data: Dom 17 settembre 2017 alle 18:31 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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