Undicesima sconfitta in Serie A. Per la prima volta nella storia l'Inter perde tre partite consecutive in casa senza neanche riuscire a segnare una rete. Due dati che la dicono lunga e allo stesso tempo tagliano corto: l'emergenza è reale ed è grave. L'Inter cade a strapiombo e mentre c'è chi si domanda chi la spunterà tra Napoli e Milan il prossimo martedì, con tanto di testa alla semifinale di Champions, la squadra di Simone Inzaghi fa di tutto per ricordarci che il prossimo anno il rischio di non sentire neanche l'odore dell'Europa inizia ad essere concreto e adesso seriamente preoccupante. Dopo il pareggio pomeridiano del Milan, ancora una volta i nerazzurri non approfittano della possibilità di sorpasso servita dai cugini e restano inermi e immobili a 51 punti, dietro la squadra di Pioli, dietro la Roma, la Lazio e il Napoli, a +3 dall'Atalanta, vantaggio che domani contro la Fiorentina avrà la possibilità di azzerare e zona Conference League sia... ma qui pensiamo alla semifinale, senza considerare una gara di ritorno che a giudicare dalla partita di stasera non è esattamente così scontata. 

Un po' per autodifesa, un po' per consolazione, un po' per masochista e, ultima a morire, speranza di rivalsa la Champions è diventata, clamorosamente, la carta da giocarsi... Come se dalla rapa in questione, per quanto ghiotta, ci siano davvero possibilità di cavare sangue. Certo, mai dire mai, ma oggi la Champions e l'impegno di mercoledì lasciano spazio ad altre, quasi ben più grandi, inquietudini: una posizione in classifica che potrebbe aggravarsi mercoledì stesso con il verdetto dell'udienza che riguarda la Juventus, ma soprattutto che può e sembra inesorabilmente peggiorare partita dopo partita. Dal match di questa sera c'è poco di buono da estrapolare e in una prestazione in cui tutti andrebbero convocati all'appello degli imputati, eccezion fatta per qualche rarissima eccezione tra cui Nicolò Barella, da salvare non c'è neppure il post-gara, l'ennesimo post-sconfitta durante il quale è Simone Inzaghi l'unico a parlare. L'unico a mettere la faccia in un fallimento progettuale, ad oggi, innegabile che fagocita tutti: da chi scende in campo a chi siede negli uffici, passando per la panchina.

Se è vero che in questa giornata di campionato tutte le squadre impegnate nei quarti di finale di Champions League hanno mancato all'appuntamento alla vittoria, eccezion fatta per Real Madrid e City, a conferma di quanto gli impegni europei tolgano qualcosa alle squadre, altrettanto vero è che quello dell'Inter non è un problema legato esclusivamente alla stanchezza fisica. Ed è proprio questo il punto: questa sconfitta, come le altre, non può trovare giustificazioni e alibi nel dispendio di energie dei giorni scorsi, non più. In ballo, da qualche giornata a questa parte, inizia ad esserci un palio che va ben oltre il fondamentale: lo sanno i dirigenti quanto i calciatori, eppure dopo il disfacimento del progetto sportivo sembra che anche quello economico inizia a non stare più a cuore. Diversamente non si spiega il silenzio dei dirigenti, indifendibili dinnanzi l'ennesima apparizione dell'allenatore ai microfoni che oggi, a rigor di logica, sarebbe dovuto restare negli spogliatoi a mandare all'aria completini, scarpini e corde vocali. E invece no. Anche stavolta è il piacentino a parlare, e anche stavolta a non dire nulla che possa davvero suonare da spiegazione vera e propria di uno scempio che non trova parafrasi da nessuna parte. Anche stavolta nessuno di chi siede al nono piano del The Corner si è preso la briga di alzare la voce pubblicamente alzando un freno a mano che possa mettere fine alla caduta libera di una squadra che non sembra aver compreso a pieno la realtà: in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi minimi, ovvero il piazzamento tra le prime quattro, il fallimento progettuale sarebbe consumato e le conseguenze economiche sarebbero drammatiche, come se gli ormai tradizionali ridimensionamenti stagionali non fossero già abbastanza stringenti e se stralciare contratti, farsi ingolosire da ingaggi faraonici e compagni stellari è ormai la moda del momento e cambiare squadra alla ricerca di nidi migliori è l'idea di molti... ingaggi e prestazioni attuali difficilmente renderebbero facile il lavoro dei rispettivi procuratori e il fallimento a quel punto non è più di 'chi è sempre rimasto' ma anche di chi, ad una certa, sarà costretto a restare. La mancata qualificazione in Champions non conviene a nessuno e a meno che la Coppa non la si vince, i numeri oggi sono chiari: non c'è convenienza all'orizzonte. Eppure Istanbul non è così semplice, dovrebbero saperlo i diretti interessati, gli stessi che a San Siro non segnano da tempo immemore, Monza docet... City e Real figuriamocis. Se Inzaghi ha una dose di colpevolezza non da poco, sottoporlo a stress e responsabilità mediatiche tanto alti non è certo d'aiuto per sé stesso e per la squadra che oggi, a rigor di logica, dovrebbe avere un biglietto di solo andata per Appiano fino a data da destinarsi... o meglio, fino a obiettivo minimo conquistato. Perché per quanto alletti, Istanbul resta utopia, il quarto posto è un dovere.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 16 aprile 2023 alle 00:30
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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