Altro giro, altra polemica. L’ultimo dibattito sull’Inter che vola in solitaria in vetta alla classifica vede ora al centro dei discorsi il concetto di bellezza del gioco. Dai social ai salotti televisivi, l'argomento trova facilmente spazio anche sui giornali, con il Corriere dello Sport che nella giornata di ieri affrontava il tema del Contismo che funziona in Italia ma fallisce in Europa: "In Italia l’Inter, questa Inter, può aprire un ciclo come quello della Juve. Per vincere lo scudetto basta e avanza. Ma se supera i confini nazionali allora non basta più" si leggeva sulle pagine del quotidiano romano, che definiva Antonio Conte come un "grande allenatore, capace di vincere uno scudetto con Matri e Vucinic come coppia d’attacco, quattro scudetti (con quello che sta per arrivare) e una Premier League. Ma gli manca ancora il respiro europeo, gli manca quel passaggio definitivo, gli manca quel gioco". 

Già, proprio quel 'bel gioco' che non si capisce ancora che tipo di forma/aspetto/sembianze abbia, anche perché appena poche settimane fa gli stessi (presunti) esteti del grande calcio esaltavano la nuova uscita pubblica di Massimiliano Allegri ponendo l’accento più sull’importanza del pragmatismo che sul piacere generato da un impalpabile tiki taka. Il tema è spinoso ed è un cane che si morde la coda: se si offre alla platea un ‘bel gioco’ ma non si vince, allora sei colpevole perché non hai portato a casa il risultato; se ‘giochi male’ ma vinci, sei comunque chiamato a farti un esame di coscienza. È un discorso che riguarda da vicino proprio questa Inter, nella passata stagione (e anche all’inizio di quella attuale) bistrattata quando teneva la palla, controllava il gioco, occupava stabilmente la metà campo avversaria e faticava più di ora a fare risultato, ma oggi comunque criticata perché in Serie A vince di continuo dall’inizio del girone di ritorno ma "senza convincere sul piano del gioco".

Eppure chi ama il calcio non dovrebbe avere difficoltà a ricordare la grande prova offerta dall’Inter al Camp Nou contro il Barcellona (ma si ricorda con facilità solo l’uscita ai gironi) così come le prestazioni maiuscole che nel post lockdown hanno portato i nerazzurri a vincere e convincere in Europa fino ad arrivare alla finale di Europa League, poi persa con il Siviglia. Con il passare dei mesi, Conte è stato semplicemente bravo ed intelligente a tornare sui suoi passi, a capire le reali caratteristiche della rosa a disposizione facendo rendere ogni elemento al meglio. Il tutto adattando la prestazione all’avversario di turno: ci sono le partite in cui si pressa alto e si comanda il gioco e ci sono quelle in cui si attende, si concede poco e si riparte per fare male. Questa è notoriamente definita ‘strategia tattica’, a molti evidentemente sconosciuta. 

E poi si dimenticano i numeri di un’Inter che sta pian piano provando ad ammazzare il campionato in anticipo contro ogni pronostico. Una squadra che ‘gioca male’ difficilmente a nove giornate dalla fine del campionato si trova con un vantaggio di 11 punti (con scontro diretto a favore) sulla prima inseguitrice; una squadra che ‘pensa solo a difendersi’ difficilmente diventa il miglior attacco della Serie A (ora Lukaku e soci sono a 68 reti realizzate, a pari merito con la spumeggiante Atalanta del Gasp). E una squadra che ‘subisce il gioco altrui’ per 90’, difficilmente concede solo 27 reti in 29 giornate (quella dell'Inter è la seconda miglior difesa con un solo gol in più incassato della Juve, a quota 26). 

La miglior risposta alle sterili polemiche l'ha data direttamente Conte a SkySport dopo il prezioso 2-1 contro il Sassuolo: "Il problema è uno solo. Noi abbiamo fatto una Champions importante facendo anche delle ottime partite, poi siamo usciti mostrando un bel gioco ma di questo non è fregato niente a nessuno. Alla fine tutti sono bravi a parlare, ma poi ti dicono che sei uscito dalla Champions. Oggi noi abbiamo un obiettivo, non trascuriamo l’estetica ma ci adattiamo alla situazione che è molto importante: se l’estetica arriva bene, altrimenti l’importante è che arrivi lo scudetto. Se saremo noi a spodestare la Juve, allora avremo fatto una grande cosa. Per l’estetica, poi andremo tutti in un centro estetico e faremo un lifting".

Dall’indimenticabile notte di Madrid del 22 maggio 2010 sono passati quasi 11 anni esatti, ma dalle nostre parti non è cambiato niente. Anche in quella circostanza per l'opinione pubblica del Belpaese il ‘bel gioco’ non si è mai visto, nonostante la leggendaria Inter di José Mourinho sia riuscita a vincere tutto in un solo anno, sia dentro che fuori dai confini nazionali. E allora la sensazione è che in Italia servirebbe più un lifting culturale che di altro genere.

La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla ed ogni mente percepisce una diversa bellezza.
[David Hume]

Sezione: Editoriale / Data: Sab 10 aprile 2021 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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