La prova di forza dell'Inter a Genova rallegra e inquieta allo stesso tempo. Diffidare da chi ora parla di avversario inconsistente, la Beneamata su quel campo tinto di rossoblù aveva ottenuto un misero punto nelle ultime sei stagioni, con ben cinque sconfitte consecutive. Il Genoa non si è visto perché l'Inter ha finalmente giocato da Inter, con voglia, tecnica e testa. Ha imposto la legge del più forte e sappiamo bene che, finora, non sempre era successo contro avversari inferiori e che non creano quindi stimoli naturali. Importante è stato offrire la prova di forza dopo soli tre giorni dall'amara sconfitta contro la Lazio, avversario pericoloso per la volata Champions. Inquieta pensare che questa squadra sia forte, abbia dei giocatori in grado di fare la differenza, ma non sempre rimane sul “pezzo”, vive ancora di umori e non di certezze.

Il discusso e chiacchierato rientro di Mauro Icardi ha rappresentato un fattore per molti motivi. Tecnici, perché la presenza lì davanti di un centravanti con le sue caratteristiche pesa eccome, e mentali. I compagni, amici e nemici, o presunti tali in entrambi i casi, hanno giocato sopra le righe per dimostrare di voler remare tutti dalla stessa parte in nome di una professionalità giustamente invocata alla vigilia della gara da dirigenza e allenatore. Lui, l'osservato speciale, ha interpretato la parte con molta intelligenza e la necessaria umiltà. Dopo una normale fase iniziale di assestamento, con il passare dei minuti Icardi ha fatto capire di essere sceso in campo per aiutare l'Inter a vincere la partita e in maniera quasi naturale ha indotto i compagni a coinvolgerlo nelle giocate. Senza sorrisi forzati o finte manifestazioni d'affetto, lo strappo c'è stato, c'è e non si ricomporrà. Ma tutti, in campo, hanno dimostrato per una volta come ci si possa comportare da squadra anche senza l'obbligo di dover andare a cena insieme.

Il “famoso” gruppo, per molti segreto dei successi negli sport di squadra, si può cementare in campo quando c'è da raggiungere un obiettivo comune. Ci si può passare il pallone anche se in privato ci si manderebbe volentieri a quel paese per qualsivoglia motivo. Perché è il loro lavoro, profumatamente pagato e devono rendere conto a milioni di appassionati. La storia racconta di squadre vincenti, in cui vi erano parecchie inimicizie. Prendo ad esempio la Lazio che vinse lo scudetto nella stagione 73/74. Al campo di allenamento vi erano addirittura due spogliatoi separati, guai se qualcuno appartenente ad un gruppo entrava nello spogliatoio dell'altro, anche per chiedere un po' di bagnoschiuma. La domenica, però, tutti uniti verso la vittoria, trascinati dalla leadership di un certo Giorgio Chinaglia e dalla saggezza, in panchina, del grande Tommaso Maestrelli.

A Genova, però, Icardi non è stato risparmiato dagli esponenti della Curva Nord presenti. Si è visto addirittura un lancia cori con megafono in mano chiedere al settore di non esultare dopo il calcio di rigore realizzato da Maurito, rigore che sanciva il 2-0 per l'Inter in una gara così temuta alla vigilia. Comportamento assolutamente coerente con quanto scritto in precedenza dagli ultrà nerazzurri in un comunicato con il quale rompevano definitivamente con Mauro Icardi, non considerato più un giocatore dell'Inter dopo le note, o non note del tutto, vicende. La coerenza mostrata dagli esponenti della Curva non significa, per il sottoscritto, che abbiano fatto bene. Un tifoso dell'Inter che non esulta istintivamente quando un giocatore con la maglia nerazzurra mette il pallone alle spalle del portiere avversario, fa pensare. Crea disagio, va contro lo stesso, giusto, principio ultrà, secondo il quale la Squadra sia sopra a tutto e tutti. Il comportamento della parte più calda del tifo interista ha scatenato polemiche e prese di posizione sui social. Sono insorti i tifosi nerazzurri non di curva, anche quelli che non stanno con Icardi, offesi poi dal fatto che gli ultras si siano definiti i veri tifosi, minimizzando così la fede di chi soffre per la Beneamata seduto in altri settori o davanti a una Tv. Questa polemica nata tra sostenitori dell'Inter è brutta, inutile e rischia di essere dannosa per le sorti della squadra.

La Curva, tutte le curve, hanno a mio avviso una parte fondamentale nel calcio. Detto questo, sottolineo con forza che il mio intendere la vita e i rapporti con gli altri, mi porta a condannare senza se e senza ma i buu razzisti, gli scontri con i tifosi avversari in nome di chissà quale spirito di appartenenza. Ma da piccolo, entravo allo stadio e con un occhio guardavo la partita e con l'altro rimanevo affascinato dai cori, dal rullio dei tamburi, dalle bandiere sventolanti, dai fumogeni provenienti dal quel settore che poi ho iniziato anche a frequentare. Nei derby, la riuscita di una scenografia mi interessava quasi quanto il risultato della partita. Senza curve non c'è tifo, soprattutto a San Siro il resto dello stadio rimane per lo più silente a guardare la gara, è indubbio che la carica alla squadra la dia quel settore dietro la porta. Se poi decidiamo che lo stadio si debba trasformare in un teatro dove ogni tanto si alternano applausi e fischi, aboliamo il tifo organizzato ideato e voluto da un certo Helenio Herrera e cambiamo il modo di supportare una squadra. Ci si abitua a tutto, tra poco potrebbe diventare realtà anche la demolizione di San Siro, che problema c'è.

Io continuo a preferire lo stadio con i suoi riti, anche le sue contraddizioni, ma dove di respira aria di vita vissuta e non di recita preconfezionata. Ma ci tengo a ribadire che questa presa di posizione, che affronta il tema ultras storicizzandolo, non mi impedisce di dire che, Icardi o non Icardi, chi non esulta e obbliga altri a non esultare ad un gol realizzato dalla squadra del cuore, sia dalla parte del torto. Anche se coerente con una presa di posizione assunta in precedenza con un comunicato scritto. Ma non sempre la coerenza è sinonimo di giusto. Su questa vicenda, a mio avviso, la Curva sta sbagliando alla grande e la contrapposizione con gli altri tifosi dell'Inter sta diventando insopportabile.

Domani alle 18 a San Siro, dove si presenteranno i soliti sessantamila, si gioca Inter-Atalanta. Sempre assente Lautaro Martinez, Luciano Spalletti sceglierà ancora di mandare in campo Mauro Icardi dal primo minuto. Dà fastidio pensare che una gara così importante, contro un avversario così in salute, possa passare in secondo piano perché la notizia sarà sapere come la Curva e il resto del pubblico accoglieranno il centravanti dell'Inter. Il rischio di una serata tafazziana è forte, molto forte, proprio quando sarebbe fondamentale conquistare altri tre punti per mettere bene a fuoco, in questo finale di campionato, quel posto in Champions League che all'Inter dovrebbe appartenere di diritto, per storia e blasone. Staremo a vedere. La gara si preannuncia spettacolare, incerta, da vedere assolutamente. L'Inter di Genova è una garanzia contro chiunque, ma l'Atalanta dell'ex Gasperini è la squadra più difficile da affrontare in Italia. Corrono, spuntano da tutte le parti, sono organizzati e tecnici e ora credono anche loro ad un posto al sole. All'andata, giocata alle 12.30 sotto la pioggia, l'Inter fu letteralmente demolita dai nerazzurri di Bergamo che si imposero per 4-1 e quella sonora sconfitta pesò sul processo di autostima della squadra. Domani la possibilità di riscatto, il Gasperini atalantino una volta ne ha presi sette al Meazza dall'Inter che tanto simpatica non gli sta, insomma non mancheranno certo le motivazioni da entrambe le parti. Inter-Atalanta sarà una sfida che, come spesso accade nel calcio, vedrà sorridere la squadra che vincerà il duello a centrocampo.

Quello scelto da Luciano Spalletti a Marassi è stato pressocché perfetto. L'ex Gagliardini ha bissato la sontuosa prova sciorinata nel derby. Radja Nainggolan, pur sbagliando ancora qualche pallone facile, ha riacquisito gamba e tigna e piano piano sembra si stia convincendo che l'Inter è una bella piazza per un grande calciatore. Quasi perfetto Marcelo Brozovic, che quando gioca come mercoledì scorso, offre ai compagni mille soluzioni per andare in porta, oltre che un buon filtro davanti alla difesa. L'Atalanta dovrà fare a meno in attacco dello squalificato Duvan Zapata e questo sarà un indubbio vantaggio per Skriniar e Miranda, ma i due, anche loro, se giocano come a Genova, non la fanno vedere a nessuno. Troppi elogi? Stiamo beatificando una squadra che comunque ha già perso otto partite in questo campionato? No, stiamo solo registrando quanto visto mercoledì sera al netto del 4-0 finale. Ma, come detto, la cosa porta anche inquietudine, perché con questa Inter non puoi mai scommettere su una ripetizione fedele della prova precedente. Sia in positivo che in negativo.

Tornando all'osservato speciale, Mauro Icardi, si presuppone che la gara, la buona gara disputata a Marassi, lo abbia aiutato a ritrovare un po' di condizione dopo i quasi due mesi di assenza. Lo scatto messo in mostra in occasione del palo colpito è buon segno, il fatto che non abbia segnato un gol che in altri tempi avrebbe fatto a occhi chiusi, denotava invece una tensione e una voglia di risorgere che si può comprendere, anche se non si è dalla sua parte e non lo si consideri più un giocatore degno di giocare nell'Inter. Probabilmente le strade di Icardi e dell'Inter a giugno si divideranno, dopo sei anni scanditi da tanti gol, ma anche da zero vittorie e tante polemiche. O magari ci sarà il colpo di scena, con la conferma del giocatore e la partenza di altri. Questo lo deciderà la società. Ma fino al termine del campionato, Mauro Icardi indosserà sicuramente la maglia nerazzurra e, siccome è molto forte nel suo mestiere, potrà contribuire in maniera considerevole alle vittorie della squadra. E se, invece, non dimostrerà di poter essere ancora decisivo, lo scettro del comando dell'attacco nerazzurro passerà definitivamente ad un altro signor centravanti, che si chiama Lautaro Martinez. Chissà, magari scopriremo anche che i due, schierati insieme, potrebbero essere la coppia dei sogni. Valutazioni tecniche. Cercare di cosa possa essere veramente utile all'Inter. Perché, come dice la società, come dice l'allenatore, come dicono i tifosi, tutti, come dice l'inno: c'è solo l'Inter. Da tifare, sempre, con Icardi o senza. Il megafono serve a quello, non a chiamare il silenzio dopo un gol.

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Sezione: Editoriale / Data: Sab 06 aprile 2019 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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