Javier Zanetti apre le porte della sala trofei dell'Inter alla RSI, la televisione della Svizzera italiana. Con la quale il vice presidente nerazzurro si intrattiene per un'intervista a tutto tondo nella quale parla del suo legame ormai storico con questa società e non solo. Zanetti che accoglie gli inviati ticinesi con il solito e la cortesia che lo hanno sempre contraddistinto: "Diciamo che siamo in una sala che porta grandi ricordi e grandi emozioni. Aver contribuito a tanti successi e rimanere nella storia del club per me è molto importante. L'essere il giocatore che ha vinto di più con la maglia dell'Inter mi riempie d'orgoglio. Quando sono arrivato dall'Argentina ho fatto tutta la mia carriera indossando un'unica maglia e lo porterò sempre con me".
Lei oltretutto era arrivato come 'controfigura' di Sebastian Rambert.
"In realtà siamo arrivati con lui che era il più conosciuto, capocannoniere dell'Independiente. Il destino ha voluto che io facessi una carriera che dal 1995 mi vede protagonista".
Da capitano a dirigente del club.
"Diciamo che divido il mio status dell'Inter in due tappe: importante quella da giocatore, altrettante affascinante quella da vicepresidente. Mi sono dovuto preparare, ho dovuto studiare perché penso che essere vicepresidente dell'Inter richieda grandi responsabilità non soltanto sulla parte sportiva ma anche in altre aree del club che devono crescere. Mi rendo utile anche così".
Essere stato così vincente in campo aiuta nell'avere autorevolezza con gli altri?
"Sì, sono visto come un referente importante del club conoscendone valori e DNA. Quando parlo con i ragazzi e il mister, mi rendo conto che ognuno contribuisce per il bene del club".
Facile riconoscere per chi si avvicina all'Inter in lei la correttezza, l'essere visto come un esempio.
"Ci ho sempre tenuto alla correttezza e al rispetto per compagni e avversari. Quando si fa il nostro mestiere siamo presi come esempio da tanti bambini e dobbiamo stare sempre attenti a come ci si comporta in campo e fuori".
E infatti lei appare a ogni torneo Fair Play.
"Questo mi fa un grande piacere, vedere che la mia realtà extra campo venga riconosciuta. Le testimonianze di affetto sono sempre motivo di grande orgoglio".
Se non avesse fatto il calciatore, avrebbe fatto il muratore come suo padre. Però il muro lo ha alzato in campo.
"Sì, abbiamo cercato di alzare un muro alto perché non ci facessero tanti gol".
Sulla sua attività nella ristorazione.
"Ho portato l'esperienza argentina a Milano, una città ormai internazionale. Far gustare la nostra carne di sicuro per me è un grandissimo piacere per tutti gli italiani".
Sul Mondiale vinto dall'Argentina in Qatar.
"In finale mi avevano invitato in una trasmissione dove ho dovuto fare una promessa in caso di successo, e io ho deciso di presentarmi per una volta con un'altra pettinatura. L'ho fatto con grandissima felicità perché vivere quel Mondiale da vicino e provare quelle emozioni è stata una cosa unica".
Tanti interisti hanno tatuaggi col suo volto o il suo autografo.
"Questo mi fa un grandissimo effetto. Mi è capitato recentemente di andare ad una festa e tanti ragazzi avevano questi tatuaggi. La cosa emoziona, dimostra di avere un legame molto forte con l'Inter".
Su Giacinto Facchetti.
"L'averlo conosciuto è stata una cosa molto bella. Una persona straordinaria, che con la sua presenza ad Appiano Gentile ti faceva respirare la storia dell'Inter. Abbiamo fatto tante chiacchiere su cosa vuol dire indossare la maglia dell'Inter, esserne capitano".
Ha il rimpianto di non aver vinto nulla con la Nazionale?
"Sì, però per l'Argentina ho dato tutto. Il fatto di difendere la Nazionale in ogni parte del giorno è una vittoria".
Ha cercato di convincere Leo Messi a venire all'Inter, poi però è andato all'Inter Miami.
"Con lui c'è un rapporto molto bello, ci siamo conosciuti quando ha mosso i primi passi nella Nazionale e si vedeva che era un fenomeno. Ragazzo straordinario, che ci sorprende sempre di più in campo".
Su Moratti.
"Per me è come un papà. Mi ha portato all'Inter da sconosciuto, ha creduto in me e ha avuto sempre fiducia in un mio grande percorso all'Inter. Ringrazierò sempre lui e la famiglia".
Mourinho?
"Il nostro condottiero, in quei due anni abbiamo fatto cose straordinarie e scritto pagine importantissime della nostra storia".
Maradona nel 2010 non la convocò per i Mondiali. Si è rotta quell'idea di Maradona come icona?
"No, bisogna distinguere le cose. Diego per tutti gli argentini è diventato una fonte di ispirazione, mi ha portato in nazionale. C'è il rammarico per non aver giocato il Mondiale in Sud Africa, ma sono scelte che bisogna accettare e andare avanti".
Suo fratello Sergio ha salvato il Bellinzona.
"Uno splendido successo per la sua carriera. So quanto ci tenesse e quanto sia appassionato. Mi piaceva andare a vedere le sue partite".
La cosa indimenticabile di questi 50 anni?
"Sportivamente parlando la notte di Madrid, il fatto di riportare la coppa a Milano sarà sempre indimenticabile. A livello umano, la nascita dei miei figli; momenti che rimangono per sempre".
Un rimpianto?
"Quando uno vive la vita dando il meglio di sé, non ci sono rimpianti".
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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