Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Sergio Battistini, libero dell'Inter nei primi anni '90, racconta le tappe della sua lunga carriera, con particolare riferimento ovviamente alle esperienze in nerazzurro e ai cugini del Milan. "Ho esordito nel Milan a 17 anni e vivevo a Milanello. Solo nell’ultimo anno abitavo a Milano città: adesso è cambiata tantissimo, è diventata una metropoli bellissima. Quando sono tornato con l’Inter, nel ‘90, con la spinta del Mondiale, San Siro era nuovo. Mi fece effetto vedere una piscinetta nello spogliatoio. Pensavo: come siamo avanti", ricorda.

Con il Milan vinse due volte la B. Una retrocessione per il calcio scommesse, l’altra sul campo. La prima fu uno shock per un ragazzo arrivato dal vivaio?
"A 16-17 anni non stavo a pensare ai problemi enormi che c’erano in società, a cosa era stato combinato con il calcio scommesse. Vivevo in un sogno. Vedevo a Milanello Albertosi arrivare con la pelliccia, a Rivera sformavo le scarpe: era un onore per me".

Che cosa significa?
"A quei tempi i materiali per le scarpe erano diversi, quelle nuove andavano usate prima per prendere la forma e toccava ai ragazzi metterle per i titolari e avere le vesciche. E ricordo ancora il debutto in Coppa Italia accanto a questi campioni. La seconda retrocessione fu dura, la squadra era buona. Avevo 18 anni ed ero nei 40 per il Mondiale ‘82, poi vinto. Ma quell’annata storta mi costò l’ingresso nei 22".

A Firenze diventò libero?
"Pensi che io nasco centravanti. Poi nelle giovanili del Milan Italo Galbiati mi mette a centrocampo. A Firenze arriva Eriksson e vara la difesa a quattro, con me al centro. Proprio da libero il Trap mi vuole all’Inter e ritorno a Milano. Vinco due volte la Coppa Uefa. Finalmente".

L’EuroInter del 93-94 rischiò però la retrocessione. Che cosa ha pensato: ci siamo di nuovo?
"Sono quelle annate storte. L’anno prima siamo arrivati secondi dietro al Milan, c’era Bagnoli in panchina. Lui e Trap sono stati tra gli allenatori migliori per me. Ma il secondo anno abbiamo avuto qualche problemino, quando non si andava bene c’è stato il cambio ed è arrivato Marini. Abbiamo sofferto tanto, se non pareggiamo in casa con la Roma rischiamo veramente la B. In Europa invece era un’altra cosa. E abbiamo battuto il Salisburgo nella doppia finale".

Ma dopo la prima Uefa, Trap se ne va e arriva Orrico. Come è stato il passaggio per voi?
"Orrico è di Massa come me, qualche volta lo incrocio. Com’era? Stavamo sempre nella gabbia".

Spieghi cos’era quel sistema.
"Era un campetto, tipo il doppio di uno da calcetto. Con le sponde e la palla non usciva mai, non si fermava. Però se giochi solo in 20 metri e a testa bassa manca la profondità del lancio. Era un sistema per poter velocizzare il movimento, il pensiero, tutto. Ma se stai sempre con la testa giù, non è che poi la alzi e vedi un compagno che scatta e lo lanci. Era un’idea particolare, però nel calcio le partite le vincono i giocatori. Guardiamo la Nazionale adesso. Possiamo prendere anche il Mago Zurlì. Ma se non fanno giocare gli italiani in Italia, l’allenatore può arrivare fino a un certo punto".

Sezione: Rassegna / Data: Mer 16 luglio 2025 alle 11:40 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni
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