Parte fortissimo l'Inter nel ritrovato San Siro, gremito come al solito, dove per quindici minuti almeno non esiste altra squadra al di fuori di quella di casa, prorompente in avanti e pericolosa già un paio di volte, di fronte ad un'imbottigliata Udinese, totalmente schiacciata nella propria metà campo. Udinese poco Udinese per buona parte del primo tempo, concentrata a difendere e contenere la furia dei nerazzurri, vogliosi di trovare soluzioni e intelligentemente capace di scovare varchi laddove non arriva la squadra di Cioffi, sapientemente parcheggiata nei primi trenta metri della propria area. Complice la sfrenata pressione dei padroni di casa, è di rado propositiva la squadra friulana, in chiara difficoltà d'uscita oltre il centrocampo, ma zelante all'inverosimile nel murare ogni tentativo di incursione di un avversario che l'occasione più che cercarla se la crea. In ogni momento e in ogni luogo. Non è un caso che la squadra di Simone Inzaghi scaglia ben quindici tiri verso Silvestri nella prima frazione di gioco, di cui sei in porta, capitolizzandone la metà. Finisce 3-0 il primo tempo, un risultato che la dice lunga sulla strabordante forza della capolista che non ha nessunissima intenzione di cedere il proprio posto alla peggiore delle avversarie, distante solo due punti e fino a un paio d'ore fa davanti. Pali, tiri da fuori sul fondo di poco, lisci per un soffio e mani sul volto solo per il capitano, sfortunato più di un paio di volte, ma prezioso a sbloccare il match senza sottoscrvere il tabellino: è l'argentino a farsi furbo al contrario dell'ingenuo Perez che si lascia sopraffare da furia, frustrazione e paura di un gol già scritto e trattiene, seppur leggermente, il diez di Bahia Blanca che, con esperienza, non fa nulla per reggere e si 'lascia' sbilanciare. Rigore ed epilogo già scritto dal momento in cui dal dischetto si presenta il cecchino di Milano, Hakan Calhanoglu. Se sul primo gol i tifosi dell'altra sponda del Naviglio e della vicina Torino si sono sbizzarriti gridando al 'regalino' evidentemente noncuranti del regolamento, nulla han potuto recriminare sul secondo meraviglioso score siglato dal solito caldo piedino di Federico Dimarco, ma ancora meno sul 3-0 made by Marcus Thuram che ha mandato in insufficienza respiratoria i tifosi della Beneamata, costretti a passare da un'esultanza all'altra senza avere il tempo di prendere fiato.
Respiro che trova invece la squadra di Cioffi nel secondo tempo che riparte con un ritmo differente rispetto alla prima parte di gioco. Il triplo vantaggio fa sì che l'Inter conceda a sé stessa e agli avversari qualcosa in più: serenità e un ritmo più rilassato alla prima, spazio e metri ai secondi. Si allargano le maglie del gioco dei padroni di casa che ricevono forze nuove a dieci minuti dalla ripresa con Carlos Augusto e Arnautovic, rispettivamente al posto di Bastoni e Thuram. Un braccetto nuovo di zecca per Inzaghi che mette a riposo l'appena rientrato Basto, e fa mettere benzina nelle gambe all'austriaco, a lungo ai box per via del brutto infortunio rimediato ad Empoli e reinserito dallo staff tecnico, da Salisburgo in avanti, con il dosatore per evitare stress post-traumatici. A cambiare è anche Cioffi che stronca il desiderio di rivalsa di Lazar Samardzic, costretto ad uscire da un campo sul quale, nei sessantadue minuti di ghosting, non ha lasciato nessun particolare ricordo, cedendo il posto a Lovric. È quest'ultimo che regala un vero squillo alla squadra ospite quando riesce a trovare la porta di Sommer con Lucca che trova il tap-in sulla respinta dello svizzero, ma la giovane promessa ex Pisa ha preso male le misure e, troppo avanti rispetto alla linea di difesa, è costretto a salutare la sfiorata gioia della rete dell'orgoglio nella Scala del calcio. Assopimento difensivo che non fa piacere a Francesco Acerbi, furosissimo nonostante la bandierina alzata che spazza i rammarichi. Eccessivi relax e assopimento che non vengono apprezzati da entrambi gli ex Lazio, il sopraccitato difensore e quello in panchina che non a caso mischia ancora le carte e ne cambia altri due per conferire ai suoi quel brio e quell'attenzione che nel secondo tempo sembrano essersi persi. Torna in campo anche Stefano Sensi e torna al gol anche il capitano che fa esplodere il Meazza anche in un secondo tempo di certo non entusiasmante come il primo. Sedicesimo gol stagionale per il Toro, che torna ad allargare petto e braccia sotto la Nord.
Non si va oltre il poker sotto la pioggia milanese, un risultato che delude in molti: i superstiziosi, che auspicavano la (potenziale) devastante combo Natale-Udinese-maglia speciale; i milanisti, che cercavano consolazione dal triste pomeriggio di Bergamo; gli juventini, che anche questa volta capolisti la prossima; e gli interisti stessi, che al 46esimo avevano sperato in un 6-0. Triplice fischio che fa pendere sulla testa di tutti un quesito: questa Inter qui, ma chi la ferma? Provate a farlo, e tanti auguri.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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