"Sabato sera ero a casa. Preparavo la cresima dei miei figli del giorno dopo. Ho capito subito. Così mi sono alzato e ho spento la tv. Stop, non ho visto quella scena, non volevo che la vedessero neppure i miei figli. E così è stato, quel che è successo poi l’ho letto e basta". Questo è il racconto di Martin Jorgensen, ex centrocampista di Udinese, Fiorentina e della Nazionale danese. Alla Gazzetta dello Sport, Jorgensen racconta anche un aneddoto che lo lega a Christian Eriksen.

Ce la racconta la storia del soprannome?
"Il vecchio fisioterapista della nazionale danese mi chiamava sempre “il fratellino”. Ero il fratellino di Helveg, in effetti: ero sempre con lui, a Udine mi aveva aiutato appena arrivato, poi lo stesso anche in nazionale. Poi nel 2010 è arrivato in nazionale Eriksen, per la prima volta. Aveva 18 anni, io ero verso la fine della mia storia con la Danimarca. E così il mio soprannome è passato a lui: “il fratellino” è Christian, ancora oggi. Poi con lui il rapporto è continuato, perché io successivamente sono entrato nello staff della nazionale con Morten Olsen, abbiamo lavorato insieme".

Giocare in casa, in situazioni simili, è un vantaggio o no?
"Tutti quelli che saranno sugli spalti dello stadio Parken sanno alla perfezione che cosa è successo. E cosa può passare nella testa dei giocatori. Quindi, qualsiasi cosa accada, non faranno mancare il loro incoraggiamento: resta un vantaggio, quindi".

Come si ferma Lukaku?
"Non concedendogli il corpo a corpo, innanzitutto. E poi pensando ad anticiparne i movimenti. La Danimarca dovrà essere brava a tenere il pallone. E poi a colpire il Belgio in ripartenza: in velocità i difensori di Martinez possono andare in difficoltà. La vittoria della Russia è un buon risultato per Hjulmand: io credo che la mia nazionale abbia ancora il 50% di possibilità di passare il turno".

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Sezione: Rassegna / Data: Gio 17 giugno 2021 alle 11:34 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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