"La ripartenza del calcio italiano vale anche come contropiede ai luoghi comuni che hanno infestato, e in una certa misura continuano a molestare, il dibattito sull’opportunità di riprendere o meno". Lo scrive Paolo Condò oggi sulla Gazzetta dello Sport. "Fin dal primo giorno in cui ci si è chiesti quando ricominciare, l’impostazione corretta era quella di seguire lo sviluppo della pandemia: sino a una certa curva del contagio e delle vittime pensare alle partite del calcio era insensato, da un certo punto in poi - segnalato dai medici - se ne poteva parlare. In attesa di arrivare a quel punto, e dunque al via libera che c’è (parzialmente) stato giovedì, era ovvio che il mondo del calcio preparasse questa ripartenza. Cosa dice il giocatore in panchina quando viene intervistato? «Non sono contento, ma al momento di entrare devo farmi trovare pronto». Ecco, è esattamente la stessa cosa".

"Perché ho definito parziale la ripartenza annunciata dal ministro Spadafora? Perché sarà totale quando avremo la certezza che il campionato non solo riparta, ma si concluda, e questa certezza può essere data solo dalla cancellazione della quarantena di gruppo in caso di giocatore positivo - spiega Condò -. Come si dice da un po’, andrebbe trattato come un normale infortunato, con la semplice aggiunta dell’isolamento individuale. Sarà possibile? Anche qui, la risposta spetta ai medici: le varie curve stanno calando in modo ormai continuativo, alle prime partite mancano ancora due settimane, la speranza è che bastino per scendere al livello di contagio sufficiente per il decisivo emendamento alla quarantena".

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Sezione: Rassegna / Data: Dom 31 maggio 2020 alle 10:42 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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