"Rispetto a due anni fa, quando l'Inter planò a Istanbul dallo scivolo di un bel tabellone e nell'approccio alla finale palesò timore reverenziale per il City, siamo proprio in un'altra dimensione. L'Inter si è meritata Monaco attraversando il purgatorio del Bayern e l'inferno del Barcellona, e l'ovvio rispetto per il Paris Saint-Germain non contiene in alcun modo elementi di paura". Inizia così il pensiero di Paolo Condò espresso sulle colonne del Corriere della Sera, dove l'editorialista del quotidiano milanese, nell'analisi che propizia la finale di Champions di stasera tra PSG e Inter, sviscera le motivazioni per le quali rispetto all'ultima finale di UCL giocata dai nerazzurri, quella di Monaco li vede arrivare non da favoriti, ma di sicuro neppure da sfavoriti.

"Del resto sono le esperienze vissute a definirci, agli occhi di chi ci guarda ma anche ai nostri" continua col pensiero rivolto a quel 10 giugno di tre anni fa, quando a Istanbul l'Inter cadde sotto il gol di Rodri che "ha avuto il pregio di dotare la squadra di Inzaghi di un'autostima che ha prodotto uno scudetto dominato e, adesso, una Champions senza limiti". Da allora i nomi e gli uomini aggiunti alla rosa di Inzaghi non sono stati banali, da Sommer, a Thuram, passando per Pavard e Frattesi che "tra andata dei quarti e ritorno delle semifinali ha segnato uscendo dalla panchina i gol che hanno fatto la differenza".

"Due anni fa - continua Condò - l'Inter era molto soddisfatta di essere arrivata in finale. Oggi è orgogliosa del cammino percorso, ma nemmeno inconsciamente lo ritiene compiuto, perché da subito puntava alla vittoria e perché la sconfitta in campionato le ha tolto la rete di protezione, il retropensiero del 'qualcosa comunque ho già vinto'. La stagione si definisce stasera, e una squadra così esperta, rodata al punto da fornire ad alcuni componenti una chance estrema e non ripetibile - la famosa 'last dance' - difficilmente sbaglierà partita". E tra due squadre così 'differenti', specie per età media, "il punto di contatto fra Inzaghi e Luis Enrique è l'ambizione di costruire una squadra, tema quasi inedito al Psg", ma soprattutto, il punto di unione tra una e l'altra finalista è "il senso delle finali, la reattività nel momento di massima crisi. Il Psg è stato grande a fine girone col City, quando si trovò sotto 2-0 e vinse 4-2. L'Inter, beh... chiedete quanto si è pentito a chi lasciò San Siro dopo il gol di Raphinha".

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Sezione: Rassegna / Data: Sab 31 maggio 2025 alle 12:50
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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