Domenica sera al San Paolo l’Inter è uscita dal campo con un pareggio positivo, soprattutto perché arrivato in rimonta nel finale, quando tutto sembrava ormai perso. Invece un baricentro più alto, un modulo a specchio con quello del Napoli e la stanchezza degli uomini di Benitez hanno permesso ai nerazzurri, con tanta volontà, di agguantare il 2-2. Ma al di là della sensazione gradevole per un risultato a un certo punto insperato, non si può ignorare quanto avvenuto fino al 65esimo minuto, quando Mancini, subito il secondo gol dei padroni di casa, ha inserito Hernanes al posto di uno spento Brozovic e ha cambiato modulo, passando al 4-2-3-1.
(TROPPE) FOLATE AZZURRE - Prima del ribaltone tattico e psicologico, l’Inter è stata a lungo alla mercé del Napoli, che ha letto perfettamente le varie situazioni di gioco girandole a proprio vantaggio. Tanti, troppi i contropiede concessi dai nerazzurri solo per poter attuare la propria strategia del possesso palla, con annesso pallino del gioco. Una volontà che i partenopei hanno agevolato, approfittando dei tanti palloni persi in mediana per eccesso di confidenza o per errori nei passaggi o nei controlli dei centrocampisti di Mancini. Ovvio che le reprimende siano state indirizzate direttamente alla difesa, ma sarebbe un errore fossilizzarsi sulle responsabilità del reparto arretrato dimenticando quelle di chi gioca in zone più avanzate. È infatti in mediana che nascevano le folate del Napoli, con velocisti quali Mertens, Hamsik e Callejon bravi a ripartire e a cercare frequentemente un Higuain maestro nei movimenti offensivi.
PROBLEMI PER JJ - Benitez, evidentemente consapevole della svolta tattica in corso a Milano dall’arrivo di Mancini, ha scelto l’attendismo, convinto di poter creare più problemi con il contropiede. E ha avuto ragione, per quanto visto in campo. Il Mancio sapeva a quali rischi sarebbe andato incontro, giocare con un baricentro così alto al San Paolo significa avere personalità (e il tecnico sta lavorando soprattutto sulla testa dei suoi) ma senza meccanismi ben oliati e giocatori bravi nel palleggio l’imbarcata è dietro l’angolo. La volontà di tenere alti i difensori li ha esposti chiaramente agli uno contro uno e se Ranocchia se l’è cavata pur avendo un passo diverso dagli esterni di casa (bravo su Mertens, troppe volte perso da Santon), ad avere più problemi è stato Juan Jesus, portato a scuola dal Pipita e a tratti anche in confusione, forse per quel cartellino giallo rimediato dopo appena 40 secondi.
CAMBIO DI MENTALITA' - Andando ad analizzare i due gol del Napoli, l’apice delle ripartenze firmate dai padroni di casa, si evince che il brasiliano sia stato, a livello tattico sulla rete di Hamsik e a livello tecnico su quella di Higuain, il principale responsabile. Serata storta per lui, senza dubbio, ma non è la prima volta che insieme a Ranocchia o a turno i due centrali titolari si trovano in difficoltà quando vengono attaccati. Colpa di limiti personali, ma anche del cambio di mentalità imposto da Mancini, che chiedendo ai suoi di stare più alti mette ovviamente a repentino la sicurezza dei difensori, costringendoli spesso ad affrontare avversari più veloci nell’uno contro uno. Fa parte del gioco, per crescere bisogna pagare dazio di tanto in tanto e la costruzione del nuovo approccio evidentemente vale la candela.
PRIMO GOL - L’analisi dei gol subiti domenica parte dal minuto 52’, quando Hamsik sblocca lo 0-0 (fig. 1). Nello specifico, Henrique crossa da destra e Juan Jesus si fa scavalcare dal pallone, lasciando libero lo slovacco. Nel mentre, Ranocchia si ritrova in mezzo tra due avversari e non riesce ad accorciare sul capitano partenopeo, ben appostato sul primo palo. Lo stesso D’Ambrosio resta troppo lontano, su Mertens, e non scala in mezzo all’area abbandonando il numero 23 al proprio destino. In sintesi, quello fuori posizione è soprattutto Juan, che non sta marcando nessuno mentre Hamsik colpisce di testa e manda in tilt gli automatismi arretrati a difesa apparentemente schierata.
SECONDO GOL - Al 64’ arriva il raddoppio, e Juan si ‘macchia’ di due responsabilità: tecnica (fig. 2) e tattica (fig. 3). Innanzitutto, con il pallone spostato sulla sinistra e in possesso di Hamsik (a chiudere c’erano Ranocchia, Guarin e poi D’Ambrosio), il brasiliano si fa anche lui attrarre dallo stesso e perde di vista l’accorrente Higuain. Poi, errore ancora più grave è la postura con cui affronta l’argentino: le anche sono mal posizionate e in pratica invitano Higuain a prendere la corsia di destra, suo piede forte, agevolandone la conclusione (bellissima, tra l’altro). Inoltre, il difensore non ha l’equilibrio necessario per riprendere la posizione e ostacolare il tiro né può contare sulla diagonale di Santon, troppo distante. La sensazione è che Juan voglia tentare di intercettare quel pallone, ma si renda conto in ritardo di non potercela fare e non riesca a rimediare causa mancanza di equilibrio. Una manna per un cecchino come il Pipita, che può persino misurare la velocità del vento per piazzare il pallone dove desidera, con lo specchio libero davanti.
FA PARTE DEL PERCORSO - Lungi dall’essere un atto di accusa nei confronti di un difensore classe ’91 che sta ancora imparando il mestiere e, nel ruolo, l’esperienza è un fattore fondamentale. Trattasi nella fattispecie di una valutazione analitica e oggettiva di quanto avvenuto ieri al San Paolo in occasione dei gol del Napoli. Pesa, in questi svarioni, giusto ribadirlo, anche il cambio di atteggiamento della squadra, che per imporre il proprio gioco chiede ai suoi difensori un maggiore impegno psicofisico rispetto a quello a cui erano abituati. Fa parte del percorso di crescita di un gruppo che ancora deve metabolizzare certi dettami. La speranza è che con il tempo il numero 5 dell’Inter possa abbinare mezzi fisici e atletici straordinari alla maturità tecnico/tattica che ancora gli manca. Serve tempo, ma ha tutto per farcela.
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