Cosa succede tra l’Inter e Stevan Jovetic? A dar retta alla ridda di voci che si è sparsa nelle ultime ore sembrerebbe che il rapporto tra club e montenegrino sia ormai agli sgoccioli. C’è chi addirittura ipotizza un addio già a gennaio o, più probabile, a giugno, per far posto ad altri profili più adatti alle necessità di Roberto Mancini. Proprio quel Mancini che voleva Jojo già ai tempi del Manchester City, che ha approvato il suo arrivo a Milano la scorsa estate e che oggi, si mormora, avrebbe deciso di rinunciarvi. Le ultime due panchine contro Empoli e Sassuolo, con appena 8 minuti totali di impiego nel finale, hanno dato il via alle ipotesi più catastrofiche, rafforzate da quanto avvenuto durante e dopo Inter-Lazio di fine dicembre. Nello specifico, la ricostruzione ha presentato un duro confronto tra Jovetic e il suo allenatore, che lo ha sostituito al minuto 58 dopo avergli comunicato l’avvicendamento con Ljajic all’intervallo. Momenti di tensione senza dubbio accentuati dal punto di vista mediatico e ridimensionati da tutti i protagonisti nei giorni successivi. Non abbastanza, a quanto pare, considerando gli scenari futuri che vogliono l’attaccante ex City in lista d’uscita.
QUESTIONE DI TATTICA - Può davvero essere lo scarso feeling tra Mancio e Jojo alla base di questa variazione di status da incedibile a cedibile? Certo è che il montenegrino sia uscito dal ‘Meazza’ scontento al termine del lunch match contro il Sassuolo, vuoi per il risultato finale vuoi per i pochi minuti concessigli. Non c’era bisogno di chiedergli come stesse, chi lo ha incrociato glielo poteva leggere in faccia. L’ipotesi delle due panchine punitive per il post-Lazio è debole ma non può essere scartata aprioristicamente, conoscendo il carattere di entrambi i protagonisti della vicenda. Ma la motivazione principale delle scelte di Mancini, che pubblicamente ha sempre speso ottime parole per il suo giocatore, è di natura prettamente tattica: Jovetic non è un giocatore da tridente offensivo, a meno che non si adatti a fare la punta centrale (come accaduto contro la Roma, per esempio). Lo ha ammesso lo stesso allenatore dopo la sconfitta contro il Sassuolo: “Jovetic è un attaccante e fa un po’ di fatica nel 4-3-3. Lo vedo sempre bene ma serve equilibrio, serve gente che costruisca ma anche difenda”. Tradotto, il numero 10 va in campo solo con altri sistemi di gioco, perché il ruolo di punta è già di Icardi e perché altri offensivi sono più adatti ad agire sulle corsie esterne.
EFFETTO RECENCY - Nulla di nuovo, il fatto che Jovetic fosse una seconda punta e non un’ala era noto anche prima che l’Inter mettesse a budget una quindicina di milioni di euro per prelevarlo dal Manchester City. Una scelta consapevole dettata dalle qualità indiscutibili del giocatore e dall’età che lo rende un investimento finanziario del club. Mancini ha costruito un’Inter camaleontica, in grado di interpretare vari moduli, ma quando opta per il tridente fatica a trovare spazio per Jojo. Meglio, decisamente, in un 4-2-3-1 o in un lineare 4-4-2, in cui il classe ’89 di Podgorica può svariare su tutto il fronte offensivo e agire anche più vicino alla porta, cercando il dialogo (finora non molto proficuo) con Icardi. Non a caso, il montenegrino finora è sceso in campo 15 volte, anche se in quattro occasioni da subentrato e in tre di queste per pochi spiccioli di partita. Va aggiunto che due partite le ha saltate per infortunio e in altrettante è rimasto in panchina. Non un bilancio da titolare inamovibile (profilo che in questa Inter è una rarità), ma neanche da alternativa di lusso. A enfatizzare il malcontento è l’effetto recency, vale a dire le ultime due scelte del tecnico jesino che, casualmente, arrivano dopo le polemiche post-Lazio. Non certo il quadro ideale per fugare i dubbi.
ASPETTANDO L'ESTERNO - Ad oggi comunque non c’è nulla di concreto che possa lasciar presagire un addio immediato di Jovetic, sia perché l’attaccante non è in prestito ma è a tutti gli effetti stato acquistato dall’Inter, sia perché non c’è una valida alternativa per lui. Ovvio comunque che a fine stagione tutto potrà essere rimesso in discussione, dipenderà anche dai risultati della squadra e dal prosieguo della stagione del giocatore (il precedente di Shaqiri invita a non dare nulla per scontato). Che, giusto sottolinearlo, beneficerebbe e non poco dell’arrivo di un secondo esterno offensivo alla Perisic, che convincerebbe Mancini a orientarsi definitivamente sul modulo che aveva in mente inizialmente: il 4-2-3-1. Per ora si andrà avanti così, con ampio turn over anche nel reparto offensivo (solo Icardi oggi pare intoccabile) e la speranza che certi equilibri non si spezzino nel frattempo.
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