Quello andato in scena ieri sera a San Siro, potrebbe essere considerato il primo atto di una guerra di logoramento tra Inter e Napoli per la testa della classifica. Dopo lo scontro del San Paolo, un punto divide le due squadre, con la Roma e la Fiorentina a ridosso e la Juventus in netta crescita. I nerazzurri sono usciti sconfitti dal monday night di qualche giorno fa, ma convinti di potersela giocare fino in fondo anche per qualcosa di più del terzo posto. In un campionato senza padroni, los huevos faranno la differenza. E l’Inter, oltre al talento dei singoli, dispone anche di questa caratteristica. L’ottavo successo di fila per uno a zero testimonia quanto emerso in due mesi di campionato: l’Inter brutta, sporca, odiosa di Mancini, è una solida realtà fatta di muscoli e grinta, amalgamati a talento e cuore. Elementi indispensabili della ricetta del Mancio per far grande una squadra che fino a qualche mese fa inciampava sempre e solo su se stessa. Piccoli passi che issano l’Inter in cima alla classifica, in attesa del Napoli, impegnato quest’oggi nell’anticipo dell’ora di pranzo contro il Bologna.
LA STRANA COPPIA - In una sera in cui non sono Jovetic e Icardi ad accendere la luce, a far grande l’Inter ci pensano due giocatori entrati in punta di piedi ad Appiano Gentile, ma che stanno facendo la differenza: Adem Ljajic e Jonathan Biabiany. Il serbo è il match winner di ieri sera, quindi è naturale che si prenda molte più luci del francese, anche perché si sta dimostrando fondamentale per gli equilibri della squadra, avendo contribuito a cinque degli ultimi sei gol nerazzurri. Ma gli strappi dell’ex giocatore del Parma - ad un certo punto c'era chi sospettava che fosse posseduto dallo spirito di Jair - sono stati il pepe del primo tempo arrembante dell’Inter, che grazie alla sua incredibile velocità palla al piede ha trovato varchi dove colpire la retroguardia del Genoa, arroccata nella propria trequarti campo. I due acquisti estivi hanno sublimato il gioco sulle fasce dei nerazzurri, adottando quegli scambi a uno-due tocchi invocati da Mancini per tutta la pre-season. La difesa avversaria è costretta a collassare di fronte all’avanzata di tanto talento offensivo, per cui la potenza di fuoco dei nerazzurri sta venendo fuori alla distanza, anche se pure ieri sera il risultato è stato un altro - odiosissimo, direbbero gli esteti del pallone - 1-0. Ma, come si dice in America, gli attacchi vendono biglietti, le difese vincono titoli. E Mancini, sotto questo punto di vista, è assolutamente un tipo pragmatico.
M&M’S - E, se si parla di difesa, i protagonisti assoluti diventano Murillo e Miranda, la muraglia umana che difende Handanovic e si reinventa ogni settimana, a seconda dell’avversario che si ha incontro. Dopo le difficoltà di Napoli, contro quel marziano di Higuain, l’accoppiata della M gioca una partita totale contro Gakpé e i suoi compagni d’attacco, provocando loro un bel mal di testa: se li vedevano sbucare ovunque! Una quantità pressoché infinita di palloni recuperati e la sensazione di essere complementari: Miranda è il vecchio saggio, Murillo il giovane - e un po’ indisciplinato - che deve imparare i segreti della Forza. Insieme tuttavia sono imperforabili e confermano quella nerazzurra come la miglior difesa della Serie A, pur dovendo spesso giocare con l'handicap dell'uomo in meno. Cinque espulsi in quindici giornate: l'anno scorso vennero estratti a sfavore dell'Inter lo stesso numero di cartellini rossi. Ma in tutto il campionato. Casi, ovviamente, ma il fatto che quattro delle cinque espulsi siano arrivate per doppia ammonizione, con sventolate quantomeno inopportune (Nagatomo, Murillo e Melo su tutti), fa irritare molto i nerazzurri. Tanto che Miranda, uno dei più pacati, afferma piccato: "Ci dovremmo iniziare ad allenare in dieci". Citofonare Mourinho, allora: lui è solito organizzare partitelle a tema.
I DUBBI - E’ ovvio che la bella vittoria con il Genoa, ottenuta mostrando un buon calcio pur riuscendo a non snaturare l’entità difensiva della squadra, riconsegni agli ordini di Mancini una squadra dall’ottimo morale, con l’autostima sufficiente per affrontare l’inverno che si preannuncia molto lungo. E’ tuttavia doveroso ricordare che l’Inter ha dei limiti evidenti che si palesano a più riprese durante la stessa partita: la squadra non riesce ancora ad addomesticare la gara secondo le sue volontà, trovandosi in alcuni casi in affanno, come all’inizio della ripresa, quando il Genoa spingeva e l’Inter provava a difendersi. Certo, i sopracitati MM sbrigano parecchie soluzioni, ma affidarsi sempre all’1-0 può portare risultati spiacevoli, come a Palermo, quando una beffarda carambola punì i nerazzurri, da poco in vantaggio. La squadra del Mancio, inoltre, dimostra ancora di non avere la maturità e la capacità di ammazzare la partita: una volta segnato, i ritmi si affievoliscono e non si riescono a far coesistere il legittimo senso difensivo con il bisogno di segnare la seconda rete, per mandare in ghiacciaia il match. Per ora tutto questo marasma di dubbi e insicurezze è offuscato da una brillante fase difensiva e da un attacco che di giornata in giornata trova sempre un nuovo condottiero a cui affidare la ricerca dei tre punti. Bertold Brecht aveva avvisato tutti, del resto: “Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi”. Ecco, l’Inter non ha personaggi omerici in squadra, non si affida a nessuno se non a tutti per vincere le partite. Risuona frase di capitan Maurito Icardi, ieri in panchina: "Siamo tutti Capitani della squadra". Ed è proprio quest’entità a far da padrona, nei primi due mesi di Inter 2.0. Il gruppo come dogma fondamentale, a caccia di qualcosa di grande. Perché una volta imparato a sognare… è brutto doversi svegliare.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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