"Che succede all'Inter?". È questa la domanda che continua a ribalzare da una parte all'altra in seguito al tris di non vittorie inanellato dai nerazzurri nel dopo sosta. Un fatto inedito, a cui non si era più abituati. Prima il pareggio di Monza, dove l'unica nota lieta è stata la reazione rabbiosa allo svantaggio; poi quello di prestigio nella tana del Manchester City, con una prestazione di tutt'altro tenore. E infine il ko derby. Che dopo sei stracittadine vinte di fila tra campionato, Supercoppa, Champions League e 'scudetto in faccia' ci può anche stare. Nella sostanza però, non nella forma. A fare più male dell'incornata last minute di Gabbia è stata la performance della squadra di Inzaghi: approccio sbagliato, gambe che non girano, morale inspiegabilmente sotto i tacchetti. Tutti elementi ai quali vanno aggiunte anche le discutibili scelte dello stesso tecnico piacentino, culminate con l'azzardato cambio in blocco del centrocampo dove Mkhitaryan (sottotono), Calhanoglu (ammonito) e Barella (bloccato da un problema fisico) hanno lasciato il posto a Zielinski, Asllani e Frattesi.
L'Inter ha meritato la sconfitta contro un Milan che ha dimostrato più fame, anche perché aveva molto più da vendicare. Ma c'è modo e modo di perdere. L'atteggiamento va cambiato subito: bisogna tornare umili, con i piedi per terra, e "lavorare, lavorare e lavorare, stando zitti", per dirla alla Lautaro Martinez. Uno dei big che in questa prima parte di stagione spicca sugli altri per una forma fisica non ottimale e per un rendimento ben al di sotto degli standard abituali. Gli fanno compagnia soprattutto Pavard e Mkhitaryan, due leader che in questo momento della stagione stanno facendo mancare il loro apporto. E non si tratta di puntare il dito su uno o più singoli, ma di dati di fatto. Magari una tappa in panchina ad osservare i vari Bisseck, Zielinski e Taremi potrebbe spronarli? Chissà. Inzaghi saprà cosa fare e gli va data fiducia, a lui come alla squadra che nella passata stagione ha dominato il campionato. È ovvio, però, che serve un cambio di rotta imminente a partire dalla trasferta di Udine, passando per il debutto casalingo in Champions con la Stella Rossa e per la sfida contro il sorprendente Torino di Vanoli che andrà ad anticipare l'ennesima sosta Nazionali.
Ed è proprio al rientro dalla pausa, quando l'Inter ha annotate sul calendario le trasferte contro Roma e Young Boys e il big match di San Siro contro la Juventus, che Barella dovrebbe tornare in campo a macinare chilometri. L'uomo più in forma del centrocampo interista si è fermato nel derby per un "fastidio" che gli esami hanno poi tramutato in una distrazione al retto femorale della coscia destra: una tegola che conferma l'attendibilità del detto "piove sul bagnato". Lo stop del motorino sardo apre le porte della grande chance a Frattesi, autentico spacca-partite da subentrato ma non ugualmente convincente quando promosso da titolare. Ora serve lo step in avanti, suo e di tutta la banda che, come giustamente sottolineato da Inzaghi nell'immediato post derby, nell'ultima uscita a San Siro è stata "poco squadra".
In questo momento l'Inter è sofferente in Barella, ma può guarire e rialzarsi con una doccia di umiltà. Perché il campionato è all'alba, le giornate in archivio sono appena cinque e tutte le pretendenti al titolo sono distanziate da pochi punti in classifica. Ergo, se la sconfitta pesante prima o poi doveva arrivare, allora meglio sia arrivata a questo punto della stagione. E meglio sia arrivata in questo modo bruciante, perché in caso di pareggio l'esame di coscienza - probabilmente - non sarebbe stato così approfondito. La speranza è che il violento gancio sferrato dal Diavolo serva a dare una sveglia al Biscione.
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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