Stasera, con Inter-Udinese, si chiuderà il quadro degli ottavi di finale di Coppa Italia. Il solito impegno che a questo punto della competizione genera ‘fastidio’ sia per le piccole che per le grandi squadre per la natura iniqua di un format completamente da rifare. Ieri, a proposito di formule rivedibili, mentre l’Atalanta passeggiava sulle riserve del Cesena (6-1 il risultato finale a Bergamo), dall’altra parte del mondo, in Qatar, nello stadio in cui due anni nadò in scena la finale della Coppa del Mondo più spettacolare della storia moderna, il Real Madrid ha celebrato il quarto trionfo nella Coppa Intercontinentale. Una competizione svuotata del suo significato primordiale, visto che all’orizzonte si intravede la sagoma tutta nuova del Mondiale per Club 2025, il primo torneo tra club mutuato da quello per Nazionali che eleggerà la squadra più forte del pianeta. Almeno secondo la FIFA e il suo più grande promotore, il presidente Gianni Infantino, che sulla base di alcuni criteri arbitrari, riunirà sotto il cielo statunitense 32 squadre provenienti da ogni angolo del globo dal 15 giugno al 13 luglio.
Intanto, il Real Madrid dovrebbe (usiamo il condizionale) essersi laureato campione del mondo per il 2024, ma avrà comunque la possibilità di aggiungere altra gloria alla sua storia trionfando nella prima edizione del FIFA Club World Cup per rimanere la squadra regina di tutti i continenti per un quadriennio. Un cortocircuito bello e buono in un calendario pieno zeppo di impegni che fa perdere l’orientamento rispetto all’importanza dei trofei in palio. Si è già detto nell’incipit del formato della Coppa Italia, un premio che si può mettere in bacheca giocando appena cinque partite. Una situazione in controtendenza con gli altri tornei, ingolfati da impegni extra: si pensi alla Supercoppa italiana che dalla passata stagione si è trasferita in Arabia Saudita per la disputa delle final 4. Da quest’anno, anche la Champions League ha aggiunto due partite nella fase a gironi, senza contare l’andata e ritorno dei playoff che dovranno affrontare le formazioni che si sono piazzate dal nono al 24esimo posto nella maxi classifica a 36 squadre. Il tema dei campionati nazionali da accorciare, inoltre, è materia di discussione da anni in Italia, ma la Serie A non sembra voler seguire l’esempio della Bundesliga o della Ligue 1, le due leghe tra le top cinque d’Europa a contare 18 partecipanti anziché 20 come Premier League e Liga.
Insomma, lo scenario è variegato nel vecchio continente, per storia e cultura dei vari Paesi. In Inghilterra, per esempio, c’è sia la Coppa di Lega (Carabao Cup) che la più prestigiosa Coppa della Federcalcio (FA Cup). Convivono e coesistono per tradizione, che qualche volta va a urtare contro la modernità: celebre il caso del Liverpool che nel dicembre 2019, causa concomitanza col Mondiale per Club, dovette mandare i ragazzini dell’Academy per sfidare l’Aston Villa in Coppa. Scherzi di un calendario che saranno sempre più ricorrenti nei prossimi mesi. C’è chi come Pep Guardiola ha già lanciato l’allarme con largo anticipo denunciando il fatto che non ci sarà praticamente una sosta tra la vecchia stagione (quella corrente) e la prossima: "Puoi sopravvivere per alcune partite ma lo facciamo da oltre un mese con giocatori con molti minuti nelle gambe. Non è perché non lo vogliono, è per via del calendario, del programma. Andremo a giocare la Coppa del Mondo per club a Orlando la prossima estate e poi dovremo iniziare la Premier League tre settimane dopo. È impossibile", ha spiegato recentemente il manager del Manchester City, in crisi di risultati anche per il logorio dei suoi leader. Una frase che può essere letta solo superficialmente come la ricerca di alibi da parte di un allenatore che, dopo aver vinto e rivinto tutto negli otto anni con i Citizens spendendo cifre astronomiche, ora sta attraversando il momento più complicato della sua carriera in panchina.
In realtà nelle parole del catalano c'è di più: allargando lo sguardo per avere una visione d’insieme sullo stato attuale del calcio, si capisce in fretta che le dichiarazioni non solo sono sacrosante, ma sono la conclusione a cui giungeranno prima o poi tutti gli attori in gioco. Bisognerà semplicemente aspettare questo esperimento folle per trarre un bilancio definitivo su ciò che proporranno le squadre impegnate in questo tour de force. I punti cardine devono essere sempre due: salute dei giocatori e spettacolo da offrire ai tifosi che pagano. Questi devono andare a braccetto con l’ambizione dei protagonisti che, essendo molto competitivi, vanno in campo per dare il meglio in ogni competizione ufficiale, senza fare calcoli o tirando indietro la gamba. Un concetto espresso recentemente anche da Simone Inzaghi, parlando degli obiettivi della sua Inter: "Quando si è qui bisogna puntare a fare più gare possibili e non si può scegliere". E’ il modello stesso che lo impone, un modello di business messo in discussione negli ultimi anni. Prima dalla fu Superlega, morta in culla nell’aprile 2021, ora dalla proposta che A22 Sports Management ha presentato a UEFA e FIFA per ottenere il riconoscimento ufficiale della Unify League. Nelle intenzioni degli ideatori, il torneo ha un sistema di qualificazione rivisto rispetto a quello precedente, che era elitario, grazie al quale la partecipazione dei club è basata sulla performance annuale nei campionati nazionali. "Secondo la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) qualsiasi competizione, la cui qualificazione sia inclusiva, meritocratica e compatibile con il calendario complessivo, può essere avviata", la frase chiave del comunicato ufficiale. Se avrà un futuro lo capiremo nei prossimi mesi. Intanto lo show (?) prosegue con la Coppa Italia invecchiata male, ogni anno sempre più anacronistica.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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