Inutile girarci attorno, far finta che tutto vada bene, che tutto sia normale. L'eventuale addio di Milan Skriniar sarebbe un colpo davvero duro da digerire. "Si tifa l'Inter, non chi è di passaggio", una delle invettive che va per la maggiore tra chi prova a fare il cinico. "Sono sopravvissuto agli addii di Boninsegna, Altobelli e Ronaldo, sopravvivrò anche a quello di Skriniar", aggiunge l'altra fazione dei tifosi neorealisti. Tutto giusto, per carità. L'Inter resta l'Inter in ogni caso. Ma lo sarebbe pure in Serie B, eppure non mi pare che nessuno faccia spallucce quando gli si prospetta davanti lo scenario della retrocessione.

L'Inter è l'Inter. Ma l'Inter con Simeone era migliore dell'Inter con Jugovic. L'Inter con Ronaldo era migliore dell'Inter con Livaja. L'Inter con Samuel era migliore dell'Inter con Vidic. O no? Detto questo, chiaramente le situazioni sono differenti. E non c'è alcun dubbio che, a livello tecnico, l'eventuale partenza di Skriniar venga assorbita nel migliore dei modi: Bremer è lì che aspetta solo un cenno per trasferirsi a Milano e anche con Milenkovic i discorsi sono molto avanzati. Benissimo. Ma c'è un fattore che non va mai sottovalutato quando si parla di calcio: l'appartenenza. Skriniar, arrivato cinque anni fa quasi in sordina, entra nell'ambiente nerazzurro in punta di piedi, ma già dalla primissima amichevole impressiona tutti e Spalletti non ha alcun dubbio nell'eleggerlo il titolare al fianco di Miranda. Tra lo slovacco e il popolo interista è amore a prima vista: a conquistare il pubblico è la qualità, la tecnica, ma soprattutto l'attitudine da guerriero. Skriniar incarna i valori tipici dell'interismo: mai domo, sempre a testa alta anche contro l'avversario più complicato, micidiale nell'uno contro uno. Insomma, un Walter Samuel dell'Est Europa. Non a caso il suo profilo è quello più gettonato per i tifosi quando si valuta il nuovo capitano

Milenkovic ha solo 24 anni e può senza dubbio crescere ancora molto. Bremer ha già dimostrato tutto il suo valore e si è imposto come il miglior difensore dello scorso campionato. Insomma, nulla da ridire sul piano strategico della tripla operazione che incorpora anche una buona dose di milioni all'attivo per le casse dissestate del club. Va benissimo. Però, appunto, non bisogna dimenticare quello che nessuna statistica e nessuna calcolatrice vi dirà mai: il valore umano di un calciatore. Skriniar oggi non è solo un eccezionale difensore, ma è il cuore della squadra di Inzaghi, forse perfino più di Brozovic e di Barella. Senza dubbio più di chiunque altro in rosa. Per questo una sua cessione potrebbe essere ammortizzata a livello di campo sulla carta, ma non in campo. O, almeno, non così automaticamente come radiomercato sembra far credere.

L'identità di una squadra si costruisce attraverso la crescita dei singoli. Ripartire da zero non è sempre facile. Il calcio non è un business come tutti gli altri: si fonda prima sulla passione e solo dopo sulla finanza. Questo rischio, dunque, va tenuto in conto molto attentamente. Guai a sottovalutarlo. E poi, a parte tutto, noi a Skriniar vogliamo davvero bene. 

Sezione: Editoriale / Data: Mar 28 giugno 2022 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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