Mercoledì il popolo nerazzurro ha accolto il ritorno di Romelu Lukaku. Il belga ha nel potente serbatoio la prestigiosa fame del riscatto. Lo cerca e lo vuole ad ogni costo, dopo una stagione a tinte oscure nella ‘sua’ Londra. La scalata dei cuori nerazzurri a colpi di pedale per tornare ad essere il faro dell'Inter: Romelu desidera questo e molto di più. Al Chelsea, vuoi per il gioco di Tuchel poco adatto alle sue caratteristiche strutturali, vuoi per lo scarso feeling con il tecnico dei Blues, ha mostrato qualche crepa che un po' di squarcio nella sua patente qualitativa l'ha creato. Ma le condizioni per ritrovare lucidità e brillantezza sussistono a pieni voti: determinazione Seguire 'Big Rom' per un difensore di Serie A è come scalare una montagna con un tratto in sterrato. Mansione complicata per la fisicità, la forza, la potenza e la scaltrezza del belga nel primo movimento a contatto con il diretto avversario. L'ottovolante di emozioni vissute alla corte di Conte è replicabile? Sì.

Mercoledì gli interisti hanno salutato da vicino, dopo le visite mediche, anche un talentino dalle rosee prospettive: Kristjan Asllani. Un centrocampista che conosce a menadito le coordinate delle transizioni. Ha studiato e si è applicato con il trascorrere delle esperienze. Ne ho scritto un mese fa su queste colonne: il classe 2002 contiene nel bagaglio personale la traccia del puro e moderno metodista. La sua modernità è definita da due ingredienti ontologici del reparto: flessibilità ed elasticità. Lavora orizzontalmente nei movimenti e verticalmente col pensiero. Questo è l’aspetto preponderante del centrocampista moderno di qualità.
Linee interpretative legate da un filo quasi invisibile con i compagni, di cui coglie la sensibilità per smarcarli anche nelle contingenze più complicate. Ricordate il 'Metodo del viaggio'? È la fase dove si immagazzina il maggior numero di elementi per sparigliare le previsioni dell’avversario. Testa alta, verticalizzazione e pensiero celere. La sua connessione cognitiva è la traccia del puro regista. Che sa impostare ma ha le coordinate dell’inserimento senza palla (Inter-Empoli docet: controllo orientato, lettura del lancio, dimestichezza nel controllo e freddezza sotto Handanovic). Ha fatto vedere qualità notevoli sin dai tempi delle giovanili, incantando la Primavera a suon di docili melodie. E negli scorci che Andreazzoli gli ha meritatamente concesso ha impressionato anche per carisma e personalità. Due doti di rilievo ontologico per spiccare il volo verso i palcoscenici più elevati.

Sposto l'attenzione su Gleison Bremer. Il difensore brasiliano ha condotto una stagione in veste di professore ordinario dell’assetto arretrato. Posizionamenti precisi ed efficaci, letture magistrali nelle traiettorie aeree e nel gioco palla a terra. Dunque tempismo, senso di padronanza, forza sulle gambe e la certificazione d'una consapevolezza progressiva nella comprensione anticipata della scelta da adottare. Ci ricordiamo molto bene il modo in cui ha annullato Dusan Vlahovic, portandolo a spasso per il campo senza nemmeno concedergli l’appoggio arretrato. E questo è un fattore che mi preme sottolineare: Bremer non concede nemmeno gli scarichi ai centravanti forti fisicamente. Gli fa sentire il peso del confronto, del duello fisico e in velocità. Sul lungo è un avversario temibile, anche quando deve correre all’indietro. Con potenza e tempestiva copertura degli spazi. E sa essere decisivo a pochi passi dalla porta, svettando sui colleghi difendenti, come accaduto contro l’Inter quest’anno. Del suo trasferimento si discute da tantissimo. Pare imminente e Marotta non deve farselo scappare. Perché acquistandolo si fa un grande affare.

Chi ha tempo non aspetti tempo. Sull’altra sponda di Milano ne sanno qualcosa.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 02 luglio 2022 alle 00:00
Autore: Niccolò Anfosso
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