Il giusto e lo sbagliato. Il bianco e il nero. L’integrità e la corruzione. Nella vita ci sono alcune certezze che rappresentano quello che uno dovrebbe seguire, senza se e senza ma. Altre volte però, è solo una questione di punti di vista. Ossia una stessa situazione, analizzata seguendo il pensiero di tutte le parti coinvolte, può far arrivare a differenti conclusioni. Ecco, credo che la vicenda Skriniar sia uno di questi casi. Mi spiego meglio.

È normale che il tifoso sia affranto e triste per la probabile partenza di quello che aveva individuato come futuro capitano della propria squadra. Il dirigente calcistico deve però agire per il bene della sua squadra, cercando il perfetto connubio tra l’aspetto sportivo e quello economico. Il giornalista dal canto suo deve raccontare i fatti nel modo più oggettivo e imparziale possibile. Mentre il calciatore, che è una persona normale con un conto in banca fuori dal comune solo perché sa tirare due pedate ad un pallone, resta comunque un professionista che svolge un determinato mestiere. Ergo: se riavvolgiamo il nastro a questa estate, ogni supporter dell’Inter non avrebbe mai voluto cedere lo slovacco. Per motivi affettivi, ma pure di forza della propria squadra.

Marotta e Ausilio, evidentemente, hanno pensato di poter incassare eventualmente di più dalla possibile cessione del difensore o di arrivare facilmente a dama col prolungamento del suo contratto, mentre a sua volta il calciatore, dopo aver dichiarato più volte amore totale alla Beneamata, si è comunque visto mettere sul mercato senza tanti giri di parole. Tutte posizioni diverse, ma tutte comunque capibili e comprensibili. Solo che oggi è piuttosto semplice trovare alcuni errori, di ragionamento e comportamento, dei protagonisti della vicenda.

È chiaro ed evidente che perdere a zero un tuo asset (e che asset) non va bene per le casse della società. E che di rimando i tifosi si sentano anche traditi perché sino a poco tempo fa: “tanto Skriniar rinnova sicuro”. Se però ci immedesimiamo in Milan, nessuno si era fatto poi così tanti problemi nell’immolarlo sull’altare del bilancio a fronte di un’offerta ritenuta congrua (in un modo o nell’altro devi fare player trading). E oggi, tra il diventare una bandiera guadagnando comunque tanto e ricevere invece una cifra fuori dal mondo, che basterebbe a sfamare generazioni e generazioni di famiglia, non è così irreale pensare che si possa scegliere la seconda strada. Lo è per il tifoso che sogna di giocare per l’Inter quando è bambino. Non per chi vive e mangia grazie al mondo del calcio.

Soprattutto se da una parte c’è una società che nei prossimi anni baserà il proprio mercato sull’autofinanziamento e dall’altra un Psg, con Messi, che punta a conquistare tutto, Champions League compresa. Forse duole ammetterlo, ma oggi il progetto sportivo e di carriera che contrappone Inter e Psg pende totalmente verso i transalpini. E questo, unito a stipendi faraonici e alla possibilità di fare la storia, conta e sposta le decisioni. Da qualsiasi punto di vista lo si guardi.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 27 gennaio 2023 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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