L’Inter sbanca l’Allianz Stadium di ‘horto muso’ vincendo 1-0 contro la Juventus grazie ad un calcio di rigore contestato dal pubblico bianconero con il coro “Solo rubare, sapete solo rubare” intonato sul finale del primo tempo. Eh no, non è una barzelletta. È quanto accaduto la notte di domenica a Torino, dove la Juventus più bella della stagione è riuscita comunque a perdere contro l’Inter più brutta della stagione. Ma anche contro quella che si è dimostrata cattiva al punto giusto per riuscire a vincere una partita sporca che si traduce in tre punti vitali per tenere ancora vive le speranze Scudetto. Specie dopo l’inaspettato rallentamento del Milan col Bologna.

A Torino c’era solo un risultato per entrambe le squadre. Si sapeva, non era un mistero e l’hanno giustamente sottolineato tutti durante le lunghe settimane di sosta, dove i sempre più piatti studi televisivi son riusciti ad arricchire i loro argomenti di discussione solo per la bruciante eliminazione dell’Italia dai playoff Mondiali. Il risultato alla fine l’ha portato a casa l’Inter, a casa del grande nemico. Dopo i blitz con la Lazio tra campionato e Supercoppa, Simone Inzaghi si dimostra un’altra volta l’ammazza-Juve, la bestia nera della Vecchia Signora. Il pari di San Siro con penalty last minute realizzato da Dybala - quando "all'andata ho buttato la giacca e sono stato espulso prendendomi un pareggio e stando zitto a vedere la partita" (come ricordato dallo stesso Inzaghi a DAZN) - non è andato proprio giù a Simone, che in un anno di nerazzurro ha fatto male alla Juve per due volte su tre sia sul piano del risultato sportivo che su quello psicologico: prima la vittoria della Supercoppa all’ultimo respiro dei tempi supplementari con la zampata dell'amigo Sanchez, poi il ko a domicilio con il discusso rigore depositato in rete da Calhanoglu. E qui torniamo alla finta barzelletta. Il rigore su Dumfries c’è perché il pestone di Morata è netto, l’errore grave di Irrati semmai è non averlo fischiato direttamente. Il richiamo al VAR porta alla logica conseguenza del dischetto, così come l’ingresso anticipato in area di De Ligt alla ripetizione di un penalty che è diventato un altro elemento di discussione, perché l’autogol bianconero poteva tranquillamente essere convalidato dal principio senza ulteriore cinema.

Poi c’è il caso Zakaria-Bastoni ed i vari frame fatti circolare sui social. Come fatto filtrare dai vertici dell’AIA capitanati da Rocchi, il fallo è stato fischiato dall'arbitro ma le immagini al VAR non erano chiare e non hanno quindi potuto far luce piena sulla zona effettiva in cui si consuma il tocco decisivo, se all'interno o all'esterno dell'area di rigore. Ergo, c'è una sorta di 'zona grigia' che non ha permesso di modificare la decisione iniziale presa in campo, che in caso di mancanza di "chiaro ed evidente errore" ha di diritto la precedenza. Sul piano della gravità si tratta di un episodio ben diverso dal celebre contatto Cuadrado-Perisic dello scorso campionato, quando il colombiano frappose astutamente (e vigliaccamente) il piede sinistro tra le gambe del croato per guadagnarsi un calcio di rigore pesante che non ha di certo cambiato la storia di quell’Inter, arrivata allo Stadium in pantofole con lo Scudetto giù cucito sulla maglia, ma che ha contribuito a cambiare quella del Napoli e della corsa Champions, dove alla fine a spuntarla è stata la Signora (in giallo). E tra parentesi, per chi ha la memoria corta, in quel contatto lì di check con il VAR non ci fu neanche l'ombra. Da una parte abbiamo quindi un rigore (inesistente) regalato alla Juve, dall’altra uno (potenziale) non concesso alla Juve. Questione di karma? Forse. Il parallelismo tra i due episodi resta comunque necessario anche per mantenere lo stesso contesto (lo Stadium) e gli stessi attori protagonisti (Juventus e Inter).

Ora una domanda: al fischio finale di quel discusso Juve-Inter 3-2 chi, nel mondo nerazzurro, si presentò davanti alle telecamere per fare polemica con affermazioni al limite dell’accettabile? Nessuno. Dopo l’ultimo Derby d’Italia, invece, mentre Massimiliano Allegri evitava saggiamente di buttare benzina sul fuoco (e anzi, poche ore dopo a 'Striscia la Notizia' promuoveva l’arbitraggio di Irrati), Adrien Rabiot si travestiva da Gigi Buffon improvvisato arrivando a petto in fuori per fare la voce grossa tra tv e profili social, a caccia dei like di tanti frustrati. Di tanti ‘altri Rabiot’. E allora via ai “Stasera l'arbitro ha deciso la partita” fino ad arrivare all'accusa “È difficile vincere in undici contro dodici”, concetto ribadito più volte tra microfoni e post su Instagram.

Ricordiamo al francese che gioca per la Juventus, la cui storica reputazione in meriti di correttezza non è di certo invidiabile.

Una società per cui da sempre “Vincere è l’unica cosa che conta”, e non importa come.

Un club che ha voluto ‘insegnare’ con presunzione al mondo del calcio italiano - soprattutto con il già citato portavoce-bandiera Buffon - che “L’arbitro è l’alibi dei perdenti”. Ma da domenica sera è diventato anche l’alibi dei Rabiot, sparsi qua e là nell’universo bianconero.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 06 aprile 2022 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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