Quel "stai muto" pronunciato al primo minuto di gioco di Inter-Fiorentina all'indirizzo di Ranieri ha fatto capire fin da subito lo stato d'animo di Simone Inzaghi nell'ultima settimana. Il risultato si è visto nel Monday Night di San Siro, dove il piacentino ha messo in vetrina un linguaggio (del corpo e non) cambiato drasticamente rispetto alle abitudini, sia a bordocampo che davanti ai microfoni. La rabbia e la voglia di rivalsa sembravano telecomandare movimenti e parole del Demone, stavolta apparso davvero... indemoniato. E questo per l'Inter non può che essere un bene.
L'atteggiamento di Inzaghi in panchina si è trasferito sulla squadra quasi per osmosi, culminando in un approccio alla gara, una cattiveria agonistica e una prestazione diametralmente opposta rispetto a quella horror offerta appena qualche giorno prima al Franchi, dove Lautaro e soci sono apparsi molli, scarichi e svuotati prima di uscire con le ossa rotte sotto i colpi dei viola. Una sconfitta (appena la seconda in campionato dopo il derby d'andata) che ha generato non pochi attacchi gratuiti e senza mezze misure, soprattutto all'indirizzo di Inzaghi: i pungenti titoli di alcune prime pagine parlavano addirittura di "scudetto o fallimento", mentre sui social e in qualche studio televisivo si chiedeva già la sua testa lanciando addirittura il toto-allenatore, con il nome di Massimiliano Allegri tra i più gettonati. Critiche che il tecnico nerazzurro non ha (giustamente) digerito e ha trasformato invece in un plus, per lui e per la sua squadra.
Nel secondo round contro la Fiorentina si è rivista un'Inter affamata, vogliosa di portare a casa i tre punti e di non far scappare il Napoli che, ricordiamo, fino a questo momento conta dieci partite in meno dei campioni d'Italia in carica (le otto di Champions League e le due di Supercoppa). Ma si è visto anche un Inzaghi elettrico, arrabbiato, carico, che spronava i suoi giocatori, infiammava i tifosi e rispondeva a tono all'avversario. E non solo. "In questi giorni abbiamo cercato di recuperare, di ascoltare poco quello che si diceva: l'importante è che quello che si diceva era contro di me, quindi nessun problema" ha detto con un velo di fastidio a DAZN nell'immediato post partita, replicando alle accuse dei media dopo la débâcle di Firenze. Per poi rincarare la dose anche nella sala stampa di San Siro: "Abbiamo analizzato ciò che è successo giovedì, ho cercato di alleggerire i ragazzi e infatti non abbiamo fatto ritiro. Ho detto loro che io ero il garante del gruppo e di non ascoltare nulla".
Un messaggio che il gruppo ha recepito e riportato in campo, con l'unico grande obiettivo di ravvicinarsi alla vetta (dopo aver centrato la qualificazione diretta agli ottavi di Champions e ai quarti di Coppa Italia) e di zittire una volta per tutte le polemiche. Eccessive, senza il minimo dubbio, per una squadra che è ancora in corsa su tutti i fronti e che in tutta la stagione ha perso appena due partite in campionato, una in Champions e una in Supercoppa, la finale contro il Milan. Partita dalla quale sonno partiti anche una serie di errori arbitrali consecutivi contro l'Inter: il fallo di Morata su Asllani da cui nasce poi la punizione di Theo Hernandez, il rigore non fischiato in Inter-Bologna per fallo di Skorupski su Thuram, il rigore non fischiato in Inter-Empoli per fallo di Ismajli su Lautaro, il rigore non fischiato in Lecce-Inter per il braccio largo di Baschirotto, il rigore non fischiato nel derby di campionato per fallo di Pavlovic su Thuram. Fino ad arrivare al rigore concesso alla Fiorentina per il tocco di braccio (non punibile, vista la palla inattesa e la trattenuta di Kean) di Darmian quasi per compensazione dopo l'abbaglio sul corner inesistente che aveva portato al vantaggio nerazzurro. Inzaghi, evidentemente saturo, ha iniziato ad alzare la voce anche su queste casistiche, con una comunicazione in 'stile-Mourinho'. In questo momento il Demone è indemoniato. E (messaggio per la società) non va lasciato solo.
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