L’annus horribilis di Ivan Juric, culminato con la rovinosa retrocessione in Championship del Southampton, rischiava di far precipitare la Roma in un baratro senza fine. Poi, è arrivato lui, l’aggiustatore per antonomasia, che dopo aver vissuto una seconda esperienza a Cagliari ha deciso di viverne addirittura una terza alla guida della sua Roma. E con pazienza e cesello, Claudio Ranieri ha saputo rimettere in sesto la macchina giallorossa fino a farla viaggiare a velocità supersoniche, al punto che la Roma è la squadra che da quando è iniziato il 2025 ha messo in carniere il maggior numero di punti tra le 20 della Serie A e può addirittura dire la sua nel discorso qualificazione in Champions League.
Questo pomeriggio, il tecnico testaccino vivrà la sua ultima partita a San Siro, lui che l’Inter la guidò per qualche mese nella stagione 2011-2012 dopo la negativa parentesi di Gian Piero Gasperini, esperienza che iniziò discretamente ma poi finì malamente. E che all’Inter che vinse lo Scudetto nel 2021 tributò coi giocatori della Sampdoria un pasillo de honor prima della partita che vedeva di fronte nerazzurri e blucerchiati, ulteriore segnale di signorilità ed eleganza di un tecnico che dovunque sia andato, è riuscito a farsi benvolere da tutti. Questo pomeriggio, però, a San Siro, Ranieri e la Roma non arriveranno certo a stendere tappeti rossi ai padroni di casa.
Il dover affrontare una Roma in questo stato di forma rappresenta per l’Inter di Simone Inzaghi la ciliegina su un’amarissima torta ingurgitata lungo tutta una settimana: iniziata con l’ormai consueto dazio da pagare al Bologna di Vincenzo Italiano, passata per la giostra senza controllo che è stata la collocazione oraria di questa partita e l’improvvisa (?) scoperta dell’impossibilità di riuscire a conciliare gli interessi del calendario della Serie A e le esigenze dell’Inter di preparare al meglio la semifinale di Champions League col Barcellona, senza contare le annunciate minacce di ritorsione in caso di spostamento al mese prossimo. Il tutto culminato con la pesante sconfitta nel quinto derby stagionale contro il Milan, che dopo essersi preso la Supercoppa ha cancellato l’ipotesi Triplete nerazzurro con un sonoro 3-0 che ha permesso ai rossoneri di volare in finale di Coppa Italia e a certi suoi rappresentati di lanciarsi in voli pindarici e dichiarazioni, per così dire, avventurose…
Questa settimana ha però sbattuto in faccia a tutti un fatto evidente: l’Inter non sta bene. È stata protagonista di una stagione sfiancante sul piano fisico ed emotivo condotta però al meglio fino a poche settimane fa nonostante le difficoltà legate ai continui infortuni, al carico di partite, alle fatiche in serie, che sembravano comunque aver scalfito solo fino a un certo punto le certezze del gruppo nerazzurro. Ma proprio sul più bello, la fatica ha deciso di presentare il conto all’improvviso, e di farlo nel modo più cinico e baro possibile: proprio quando la stagione è in fase di esaurimento, quando ormai i vari traguardi sono lì all’orizzonte. Proprio nel momento della resa dei conti, l’Inter scopre di essere in riserva di energia permanente e in un attimo rischia di dover passare dal sogno della triplice corona all’incubo dell’annata a secco, quando solo fino a qualche giorno fa l’ipotesi sembrava sostanzialmente remota.
All’improvviso, dunque, Simone Inzaghi si trova pienamente in un limbo di incertezze: come un pilota di Formula 1 che conduce serenamente un gran premio ma a pochi, pochissimi giri dal traguardo sente la macchina fare le bizze mentre le altre vetture sopraggiungono roboanti e feroci. Ed è il momento in cui andare ai box è una mossa non consigliabile, perché ormai la gara volge al termine e fermarsi vorrebbe dire vedere andare tutto all’aria, anche perché eventuali componenti di riserva da inserire in luogo di quelli principali magari danneggiati non offrono performance di qualità sufficiente a reggere l’urto con la corsa.
Sente la pressione, il Demone di Piacenza, probabilmente teso e nervoso come mai lo è stato in questi quattro anni di gloriosa militanza nerazzurra, a parte forse quella fase della prima stagione dove si divorò un vantaggio consistente sul Milan che poi andò a conquistare lo Scudetto. Sente però di correre quest’anno un rischio di beffa ancora più atroce, dove tutto il meraviglioso castello costruito in questi mesi di duro lavoro può venir giù alla prima folata di vento. E nell’aria c’è un’elettricità che da parecchio tempo non si avvertiva: sia dentro la squadra come avvenuto a Bologna e come ammesso pubblicamente nelle varie interviste del dopogara, sia per l’allenatore stesso, come testimonia anche quell’urlo, quel ‘non voglio recupero, non mi prendete per il c..o’ pronunciato negli attimi finali del derby, accolto peraltro in maniera inusitata dall’arbitro Daniele Doveri. Quasi un urlo di dolore, un tentativo di evitare ulteriori beffe a risultato ormai definitivamente segnato; ma anche un non necessario e tecnicamente poco galante ‘mettere il becco’ negli affari della terna arbitrale come sottolineato anche dai dirigenti dell’AIA.
Quel che è certo è che siamo nel momento dello showdown e allora Inzaghi vuole dare fondo alle ultime gocce di energia di questa stagione pazzesca, anche facendo uso di tutta la psicologia e dei mind games di cui è a conoscenza. Questi giorni sono stati quelli della chiamata a raccolta del gruppo, da parte sua come della società che si è schierata prontamente al fianco dei giocatori; e sono anche i giorni in cui, almeno sul fronte infortuni, si registrano solo belle notizie con i rientri di Denzel Dumfries e Piotr Zielinski, con Marcus Thuram ormai pronto ad uscire dai box. Con la speranza che la maledetta porta girevole dell’infermeria abbia la compiacenza di fermarsi una volta per tutte.
Il grande sogno, magari l’obiettivo principe arrivati ormai a questo punto, è la finale di Champions League; ma come ha sottolineato Nicolò Barella dopo Bologna, dopo aver faticato tanto per arrivare praticamente in fondo a tre competizioni, buttare tutto all’aria sarebbe quasi un crimine. E allora, per evitare anche un pericolosissimo effetto piano inclinato, bisognerà cominciare a dare tutto già oggi; perché sia il giorno in cui rendere tutti gli onori a Claudio Ranieri per la sua ‘last dance’ a San Siro, ma non quello in cui trasformare il finale di campionato in una serie di ultime chiamate per non far fuggire il Napoli.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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