Guardare avanti senza ricordarsi più di quello che è stato? No, niente affatto. Il campanello d’allarme c’è e deve persistere nella testa di tutti i nerazzurri scesi in campo all’Olimpico contro la Lazio. Quei fastidiosi ‘olè’ del pubblico di fede biancoceleste fanno parecchio rumore, se pensiamo alla dimensione in cui si colloca la storia dell'Inter. Pressoché inutile aggrapparsi alla catena episodica: i nerazzurri non hanno retto l’urto di una squadra dinamica e dal ritmo incessante, che quasi ha accomodato sul binario dello sfinimento la lotta a centrocampo. In queste gare il reparto di maggior rilievo è la mediana e tutte le sue componenti. Ma (la congiunzione avversativa è molto importante qui) non si può soccombere con così tanta facilità al cospetto di un avversario che ha dimostrato all'atto pratico padronanza fisica, tecnica e perfino mentale. Subire passivamente la superiorità degli uomini di Sarri non è stata una soluzione brillante, nemmeno la più adeguata, per affrontare le contingenze problematiche che un incontro propone nel suo svolgimento.

C’è anche da evidenziare la bravura di un gioco di Sarri che, come ho appuntato ieri, pare dirigersi sul binario dei tempi d’oro partenopei. Ci si trova ancora ad una distanza consistente, ripensando agli spazi concessi a 'palla scoperta'. Però, se anche giocatori come Romagnoli e Patric riescono a partecipare attivamente non solo al contenimento degli attaccanti, ma anche all’impostazione costruttiva della manovra, beh, l’impronta dell’allenatore è evidente. Quando non gira Lukaku sotto porta i problemi della manovra nerazzurra emergono in modo prorompente in superficie, così il blocco s’attiva in modo ineluttabile. L’interruzione della fase di spinta e la rottura dell’equilibrio con quella sventola creativa di Luis Alberto. Bisognava cavalcare l’onda elettrica dell’entusiasmo, perché la Lazio, dopo il pareggio di Lautaro Martinez, ha vissuto attimi di puro sbandamento e squilibrio barcollante. Adesso si torna in campo contro la Cremonese: vietato farsi ingannare dall’etichetta (a me non piacciono) di neopromossa. Alvini è all’esordio assoluto in Serie A ma l'ingrediente adottato è quello di percorrere la natura coinvolgente, mostrando coraggio e sfrontatezza. Il riscatto è lì dietro l’angolo. Andare a prenderselo sfoggiando una grande prestazione di sostanza è il minimo indispensabile, anche e soprattutto per scaraventare in tribuna quel vortice di dubbi che avvolge la tifoseria dopo le tre sberle di sabato sera. Che fanno male e non possono assolutamente essere dimenticate. Anzi, risuoneranno ancora per molto negli animi dell'ambiente. Così deve essere.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 28 agosto 2022 alle 00:01
Autore: Niccolò Anfosso
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