“L’Inter deve vendere” è una frase pronunciata spesso negli ultimi anni, anche se con accezioni e riferimenti diversi. “L’Inter deve vendere” i big, ad esempio, o semplicemente “l’Inter deve vendere” almeno un top player per questioni di cassa. O, ancora, “l’Inter deve vendere” gli esuberi se non vuole vedere ancora sfumare le trattative già impostate. Fino alla ‘conseguenza’ che “Suning deve vendere l’Inter”: un concetto racchiuso nelle proteste sotto la sede dei tifosi (specie nel periodo post-pandemia) e incarnato nell’hashtag #SuningOut, mandato ciclicamente in tendenza su Twitter.

Dopo i pesanti addii della scorsa estate (Hakimi al PSG, Lukaku al Chelsea ed Eriksen, costretto a salutare la Serie A per ben altri motivi), non è da escludere che il film possa ripetersi anche quest’anno, con il nome di Skriniar sempre al centro delle preferenze dei parigini e con il fantasma dell’ormai celebre +60 milioni di euro di attivo da mettere in cassa prima del 30 giugno 2023. Per non sacrificare l’ennesimo pezzo da novanta nel giro di 365 giorni, l’accoppiata Marotta-Ausilio è chiamata al ‘miracolo’, che si traduce con il verbo ‘vendere’. Chi non rientra più nel progetto, possibilmente. Già, perché se finora il mercato in entrata è stato tutto sommato low cost e portato avanti in maniera intelligente, in uscita la squadra di Viale della Liberazione continua a fare fatica ad incassare soldi freschi e preziosi come l’ossigeno.

Sono infatti praticamente nulle le cessioni a titolo definitivo: l’Inter ha perso a zero Perisic e Ranocchia, mandato via Vidal col pagamento della buonuscita (stesso destino che attende Sanchez) e lasciato partire tanti giocatori in prestito secco (vedi i vari Sensi, Radu e Satriano). A questo lungo elenco si aggiungono i trasferimenti con diritto di opzione e contro opzione che sono ora tornati di moda e che hanno riguardato diversi giovani su cui il club nerazzurro non vuole perdere il controllo (da Esposito a Vanheusden, passando per Pirola, Mulattieri, ecc…). Sul groppone ci sono invece ancora i vari Pinamonti, Lazaro, Dalbert e appunto Sanchez, per i quali si fa fatica a trovare una quadra che accontenti tutte le parti in causa e porti introiti o risparmi importanti. Fatto sta che “l’Inter deve vendere”.

Chi a vendere l’Inter pare non pensarci proprio, invece, è il presidente Steven Zhang, che stando alle ultime indiscrezioni de La Gazzetta dello Sport non ha la minima intenzione di cedere il club nerazzurro nonostante le palesi difficoltà economiche e il pesante prestito da 275 milioni di euro (con tassi d’interesse superiori al 10%) contratto con Oaktree e da saldare entro il 2024. Sotto il comando di Suning, il club nerazzurro si trova quindi obbligato ad intraprendere un percorso che prevede sacrifici e, a volte, anche intoppi in entrata come accaduto quest'anno con Bremer e, in parte, con Dybala. Va comunque ricordato che dal 2016 in poi (e quindi dal doppio-costoso flop Gabigol-Joao Mario fino ai colpi Lukaku-Barella-Hakimi-Eriksen dell’Era-Conte) il colosso di Nanchino “ha pompato in cassa 553 milioni di euro, quasi sempre con prestiti soci”, ricorda la recente analisi de La Repubblica basata sulla classifica stilata da Swiss Ramble su dati Deloitte. Lo scoppio della pandemia e i famosi ‘rubinetti chiusi’ dalla Cina per i settori ritenuti non strategici come lo sport hanno poi complicato la situazione.

Cosa succederà nel prossimo futuro? Si continuerà su questa tortuosa strada? O forse arriverà un nuovo socio di minoranza con la licenza di investire? Oppure le restrizioni cinesi verranno allentate e Suning riuscirà a tenersi ancora stretta un’Inter competitiva? O magari il club passerà nella mani di Okatree, visto il pegno sulle quote? Tante domande, poche risposte: chi vivrà, vedrà. Per adesso, che si parli di breve periodo sul fronte mercato o di medio-lungo termine per le questioni societarie, in casa Inter il verbo ‘vendere’ è diventato una costante.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 27 luglio 2022 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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