L’importante è vincere. Cit. Romelu Lukaku. Peccato che l’Inter da un pezzo sembra essersi scordata come si faccia, quantomeno con continuità e soprattutto senza soffrire. Un saliscendi di risultati proporzionato alle prestazioni che ormai non stupisce più neanche un pochino e che al contrario finisce con l’irritare e non poco. No alibi, né scuse e ogni spiegazione a posteriori che Inzaghi tenta di rifilare a stampa e tifosi risulta fastidiosa e poco altro. Da Udinese a Udinese e se il ko dell’andata aveva messo Inzaghi alla gogna facendo spopolare sui social l’hashtag #InzaghiOut, hashtag e malumori che la reazione in Champions aveva felicemente sfumato, i primi quarantacinque della gara di ritorno con i friulani avevano riaperto i dubbi sul piacentino. La vittoria, alla fine, arriva, ma non senza fatica, agitazione e preoccupazioni tipiche da Inter e a fare di Inzaghi il primo della lista degli imputati è la fantasia di formazione alla quale ha attinto l'ex Lazio per l'undici iniziale che ha fatto strabuzzare gli occhi ai più. Un undici inedito che ha fatto discutere non poco prima del fischio d'inizio di Dionisi e ancor di più al 45esimo quando i padroni di casa stavano sull'1-1 dopo una rete di Lovric che al 43esimo aveva risposto per le rime a Romelu Lukaku e un primo tempo dei nerazzurri sotto tono, disordinato, nervoso e con qualche errore di troppo che aveva fatto mugugnare un Meazza sollevatosi con Mkhitaryan e tornato definitivamente a sorridere con il tris calato dal solito, immenso, Lautaro Martinez.
Reazione, e vittoria portata a casa dalla squadra di Inzaghi che torna a riconquistare tre punti fondamentali più a mantenere il distacco dalle inseguitrici che ad accorciare sul Napoli, ormai impendibile, che però non cambiano più di tanto le considerazioni generali. Se è vero che il buon secondo tempo bilancia la brutta prima frazione di gioco, non è tutto oro quel che luccica e l'ennesimo gol incassato e i troppi errori non passano inosservati ai più pretenziosi che lamentano una mollezza e flemme di troppo. Dettagli che addizionati ai sopraccitati fanno della prestazione contro gli uomini di Sottil una buona gara ma non di certo eccellente come è stata definita dall'allenatore nel post gara a cui sembrerebbe essere piaciuto "tutto tranne il gol preso". E se lo dice lui... Contento lui, contenti tutti. Diremmo... Ma così non è affatto. E a dar ragione a gran voce ai pretenziosi di cui sopra è la classifica. Classifica che parla chiaro: 15 punti di distacco tra prima e seconda che incoronano sì il Napoli, ma condannano senza ombra di dubbio i secondi, che non a caso sono proprio i meneghini, inceppatisi più volte su se stessi esattamente come nel primo tempo di ieri sera, quando a differenza di altre volte per fortuna i vice-campioni d'Italia sono riusciti a riprendere le redini di se stessi e del match.
Se non è oro tutto ciò che luccica è altresì vero che non è tutto neppure da buttare e la lieta nota di ieri, oltre ai tre punti, è il ritorno del signor Marcelo Brozovic, tornato finalmente titolare dopo un'assenza dalla formazione iniziale che si protraeva da fine settembre, prima dei vari infortuni che ne hanno falciato la continuità. Il croato è tornato in cabina di regia, costringendo Inzaghi a mischiare ancora una volta le carte e tentare un esperimento che, appunto, sulle prime non aveva premiato. Non sarà un caso che a dare benzina all'Inter sono stati i cambi, nella fattispecie la staffetta Lukaku-Lautaro che ha immediatamente portato quello speedy in più che giovava a cambiare l'inerzia di una gara che sembrava non volerne sapere di mettersi in discesa. Non si può certo addossare le colpe a Big Rom, tornato peraltro al gol nella speranza che possa dargli quell'energia necessaria a ritrovare il gigante buono conosciuta sotto l'egida di Conte. Il belga, alla seconda rete in campionato della stagione, fa quasi tutto bene (senza però mai rasentare all'ottimo): corre, serve i compagni, mette il fisico, si mette a disposizione e si sacrifica per i compagni e segna pure, seppur al secondo tentativo. Eppure il paragone col Toro, il fratello gemello di un tempo, non lo regge affatto. Non in questa Inter almeno, sempre più Lauti-dipendente e Lauti-splendente. Ma a far riflettere, questa volta, non è affatto l'attacco, bensì la difesa e le strane scelte del tecnico, giustificate dal 'turnover' pre-Champions dal peso non indifferente. Una riflessione che, al sempre più vicino addio di Skriniar fa paura non solo ai tifosi, e fa suonare campanelli d'allarme alla dirigenza in vista del prosismo giugno, nella speranza che le parole di 'rassicurazione' espresse da Marotta nel pre-gara in merito ai rinnovi (Bastoni su tutti) non abbiano lo stesso epilogo delle già note rassicurazioni su Perisic prima e Skriniar dopo...
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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