Ammesso e non concesso che l'Inter abbia uno e un solo problema, questo è davvero da ricercare in panchina? È la domanda delle domande, quella che va posta in ottica prossima stagione. Perché da qui parte tutto.

Parliamoci chiaro: il lavoro di Simone Inzaghi non è stato apprezzato abbastanza. Lo scudetto dell'anno scorso viene visto come una macchia indelebile dai suoi detrattori. Eppure, se riavvolgiamo il nastro, le premesse della stagione 2021/2022 erano tutt'altro che esaltanti: si parlava di ridimensionamento e di qualificazione Champions a rischio. Non fu corretto, a maggio, dimenticarsi di tutto e trasformare in un boomerang l'ottimo lavoro svolto alla Pinetina dal piacentino, che tra mille guai condusse i nerazzurri a un passo dalla seconda stella oltre a costruire un cammino in Champions di tutto rispetto (senza contare i successi nelle due coppe domestiche). Tutto dimenticato, tutto dovuto. La narrazione era: "L'Inter ha la rosa migliore e doveva vincere lo scudetto". Non auguriamo questa critica e questi tifosi a Pep Guardiola: ultima Champions vinta nel 2011 nonostante abia allenato squadre mostruose tra Baviera e Manchester. 

L'Inter non ha affatto questa super-rosa che qualcuno vuole far credere. Non ce l'aveva l'anno scorso e non ce l'ha quest'anno. Ha certamente giocatori di livello, importanti, ma anche diverse lacune evidenti. Può vincere lo scudetto? Assolutamente sì. Deve competere? Altrettanto. Ma sono altri ad avere obblighi di sorta. Il camino in questo campionato, al di là della posizione tutto sommato accettabile, è ovviamente deludente. Ma per un'analisi corretta occorre accuratezza e memoria storica, fattori che spesso mancano a chi vuole solo fare sensazionalismo o a chi si lascia trasportare dagli umori del momento.

Inzaghi non è perfetto. L'impressione che si ricava da questi quasi due anni di Inter è quella di un (giovane) allenatore che sta crescendo e sta imparando in un contesto tutt'altro che lineare. O ci siamo dimenticati i problemi enormi della proprietà? Ecco. Il nocciolo della questione sta tutto lì, ai piani altissimi. Simone non sarà Guardiola o Klopp, Conte o Ancelotti. Ma siamo sicuri che l'Inter di oggi, tra ristrettezze economiche e guai assortiti, possa scegliere di strapagare un allenatore? Davvero la strada per restare in alto è quella di spendere per la panchina e magari togliere risorse al calciomercato? Perché a un primo sguardo, in realtà, i problemi dei nerazzurri sembrano più di rosa che di guida tecnica. Prendendo in esame il (quasi) biennio inzaghiano, si può ben dire che l'Inter ha un'identità delineata, un'anima offensiva, un percorso tracciato che ha più bisogno di interpreti di qualità che non di un cambio di direzione nel manico.

Poi magari l'idea è quella (ancora) di affidare nuovamente tutto all'"Uomo forte". La più classica delle scorciatoie: metto in panchina il mammasantissima e che gestisca tutto lui. Che sia lui a vincere titoli, far crescere il valore della rosa, quello del club, fare da scudo mediaticamente eccetera. Tutto già visto. Fino alla prossima curva. Conta più Conte? O conta più un'idea chiara di gestione del club e un mercato fatto come si deve? All'Inter, oggi, servono i giocatori forti. E quelli arrivano con i soldi della proprietà. Tutto il resto è contorno e poco più.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 28 marzo 2023 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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