Lukaku torna al gol, il rigore torna all'Inter. Tante esperienze emozionali concentrate in quell'arco di 95 minuti di cui tanti sentivamo la mancanza. Specie il diretto interessato, che ha potuto finalmente timbrare il cartellino 115 giorni dopo l'ultima rete siglata contro il Viktoria Plzen, 189 giorni dopo quella messa a segno al Via del Mare contro il Lecce, 636 giorni dopo l'ultimo sigillo in casa in campionato, il 13 maggio 2021, sempre contro l'Udinese. L'arbitro Dionisi segue la scia dei predecessori, e non ne vuole proprio sapere nulla di essere lui il fischietto che tornerà ad assegnare un penalty per l'Inter 101 giorni dopo l'ultimo decretato da Colombo lo scorso 9 novembre nel 6-1 dei nerazzurri con il Bologna. Per fortuna in sala VAR ci sono Abbattista e Forneau, non solo personaggi della commedia francese ma anche due angeli custodi del calcio italiano.
Dionisi va all'on-field review, ovviamente controvoglia, e indica il dischetto. L'esultanza di San Siro si raffredda subito perché all'appuntamento tra Lukaku e il gol si presenta anche il terzo incomodo Silvestri. Ancora sala VAR chiama Terra e Dionisi: Masina, anche lui tornato in campo dopo 5 mesi dalla rottura del crociato, vuole prendersi la scena ma entra in area troppo in anticipo. Rigore da ripetere e stavolta Lukaku non può sbagliare, altrimenti chissà quale sarebbe stata la reazione di Barella. Nessuna mossa né finte perché Big Rom al secondo tentativo non va per il sottile, palla di potenza in buca d'angolo, Silvestri si mette le mani nei dreads perché aveva di nuovo intuito il lato. L'Inter trova più campo perché l'Udinese aggredisce meno rispetto alle precedenti avversarie, tant'è che per far chiudere il primo tempo sull'1-1 serve un regalo dei nostri.
A differenza dell'Inter di Conte granitica e calcolatrice, l'Inter di Inzaghi è concentrata sul qui e ora e quando attacca pensa ben poco alle conseguenze che avrebbero un'azione fallita. Da ciò i gol subiti (o le chance concesse) in ripartenza, persino in dieci uomini come contro l'Empoli. Sabato il quattro contro quattro innescato dal passaggio errato, che diventa un quattro contro tre perché alla fine sono due i giocatori (Acerbi e Barella) a interessarsi del portatore di palla Pereyra, mentre Lovric viene lasciato libero di colpire il povero Handanovic, anche lui al ritorno tra i pali e non certo più una saracinesca. Brozovic è ancora appannato e allora per far cambiare disco all'Inter bastano gli ingressi di Calhanoglu e Lautaro, con il primo sempre più in versione Karma(noglu) visto il 3-1 con cui i nerazzurri superano lo scoglio friulano ricalcando il punteggio dell'andata.
Il turco alza i ritmi e il livello delle giocate in mezzo al campo, il Toro lanciato a tu per tu contro Silvestri prima tenta il lob, non esattamente nelle sue corde, poi sfonda la rete sulla sciabolata dalle retrovie di D'Ambrosio e si prende l'esultanza liberatoria di tutto San Siro. Nel mezzo gli sprint e la classe di Mkhitaryan, alla 14esima gara da titolare con Inzaghi ed evidentemente uno di quelli che non credono poi tanto a questo turnover. Onana e Skriniar sono rimasti a riposo perché mercoledì sera in Champions non puoi permetterti degli errori. In attacco chissà si rivedrà la faccia intera della LuLa e non più in staffetta, visto che Dzeko può anche sentirsi affaticato dopo gli straordinari impostigli da Lukaku nella prima parte di stagione. Al Meazza l'Inter torna a rivedere le stelle contro il Porto, squadra che non perde dal ko contro il Benfica dello scorso 21 ottobre. Dopodomani saranno ben 124 giorni...
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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