Dopo Nicola Berti, è Javier Zanetti, storico capitano e attuale vice presidente dell'Inter, a raccontare la sua lunga cavalcata in nerazzurro attraverso le immagini più belle proposte dal format di Inter TV 'Careers'. Partendo dal suo primo giorno da interista: "Bellissimo ricordo, era la mia presentazione a Sebastian Rambert. C'era una grande persona come Giacinto Facchetti, che ha fatto la storia del club. E' stato il mio primo impatto con l'Italia, questa foto rappresenta l'inizio della mia carriera all'Inter. Era la prima volta che indossavo un abito, in Argentina lo usavi solo per le grandi feste. Quando ho saputo che l'Inter mi aveva preso ho dovuto comprarmi un abito che mi costò anche caro... Rambert lo sento ogni tanto, è il vice di Ramon Diaz. C'è un bellissimo rapporto, per entrambi era un sogno arrivare all'Inter. Era lui il più forte in quel momento, in quel momento ero uno sconosciuto mentre lui era stato capocannoniere in Argentina. Però ho avuto la felicità di iniziare a giocare e di non fermarmi più. Io come Facchetti? Parlare di Giacinto è una grande emozione, da quando l'ho conosciuto ho capito che si trattava di una grandissima persona. La sua presenza ad Appiano valeva il rispetto di tutti. Mi ha insegnato tanto, mi manca tanto; avrò sempre un grandissimo ricordo".
La vittoria di Parigi nella Uefa 1998 con il suo gol.
"Fu una rivincita dopo aver perso con lo Schalke. Non è mai facile fare due finali internazionali di seguito, per noi era una notte sognata. Non ho fatto tanti gol e questo è stato molto importante. Era il gol del 2-0, che ci metteva in tranquillità. In tribuna c'era anche la mia famiglia, condividere con loro e coi tifosi questa immensa felicità per me è stato il massimo. Il gol? Stava calciando Diego Simeone, io gli urlo di lasciarmela. Lui mette la gamba dietro e io col destro la mando all'incrocio. Rivedendo i filmati vedo la faccia del presidente della Lazio Sergio Cragnotti che non poteva credere a un gol così... Quella Inter la ricordano tutti perché era un bel gruppo, Gigi Simoni era il nostro condottiero; ci guardava come dei figli, avevamo valori umani immensi. Questo gruppo ha vinto la Coppa Uefa perché eravamo uniti. Potevamo vincere di più, poi abbiamo capito perché non accadde. Ma lasciavamo tutto sul campo. Su WhatsApp ora Francesco Moriero ci manda le foto delle Maldive...".
Lui e Paolo Maldini.
"L'ho sempre ammirato, con lui c'è sempre un grande rapporto dentro e fuori dal campo. Una persona reale, molto rispettosa. Abbiamo fatto tantissimi derby e lui difendeva la maglia e la storia del club come facevo io, però rimane sempre questa grande amicizia. L'avversario più grande? Ho giocato contro grandissimi campioni, mi viene in mente umanamente Roberto Baggio: anche con lui c'è un grandissimo rapporto, abbiamo creato una grande amicizia quando è arrivato. Da avversario non era mai semplice affrontarlo. Poi penso a Zidane, Ryan Giggs, Lionel Messi che ho affrontato in Champions in una partita dalla posta in gioco molto grande. Ma al di là di quello che danno in campo, sono tutti grandi persone".
Il gol al derby del 1998-1999.
"Sono sempre partite molto sentite, le emozioni che provi in un derby difficilmente le provi in un'altra partita. Vedere San Siro pieno è una sensazione unica. Ricordo i derby di Champions quando fummo eliminati per due pareggi: in quelle due settimane c'era una tensione incredibile a Milano, ovunque andavi ti facevano capire l'importanza di quella sfida".
Gli argentini del Triplete.
"Cambiasso, Samuel e Milito sono come fratelli, tutte persone che hanno dato tutto per l'Inter. Noi nell'Inter non ci sentivamo stranieri, era la nostra casa e la nostra famiglia. Volevamo solo scrivere pagine importanti della storia del club. Abbiamo vinto tutto perché eravamo grandi uomini prima ancora che grandi calciatori. Ci aiutavamo, era un gruppo molto generoso. Eravamo guidati da grandi allenatori che ci facevano andare oltre le nostre possibilità".
Quanto è stato difficile aspettare prima di vincere?
"Quando parlo coi ragazzi di ora, che magari dopo una sconfitta si abbattono, dico sempre che l'Inter è resiliente. E glielo dice uno che in tanti anni ha vinto solo una Coppa Uefa, ha visto vincere sempre gli altri ma dicevo anche al presidente Massimo Moratti che il nostro momento sarebbe arrivato, e il tempo mi ha dato ragione".
L'ultima a San Siro.
"Uno dei momenti più emozionati della mia carriera. Fu molto emozionante, c'erano tutti: quella notte lì fu la fine di una carriera piena di emozioni, mi tengo tutti i momenti, specie i più difficili perché mi hanno aiutato tantissimo prima di vincere tutto quello che ho vinto. Mi sono venute in mente tutte le cose che ho fatto per 20 anni, tutti i chilometri, le partite, le persone; sarei uscito dallo stadio ad abbracciare tutti i tifosi perché anche adesso mi dimostrano affetto ed è la cosa più bella che mi riconoscano per quello che ho dato".
Tu però non piangesti.
"Il pianto era dentro, ero emozionato ma ho pianto prima e dopo. In quel momento me la volevo godere guardando San Siro strapieno".
Il momento più bello e più brutto.
"Quello brutto il 5 maggio; fu difficile, triste, durissimo perdere lo Scudetto all'ultima giornata dopo essere stati in testa tutto il campionato. Il calcio ci diede le spalle. Quello bello è sicuramente la notte di Madrid, lì abbiamo coronato un sogno".
La vittoria in Supercoppa con la Juventus e la foto con tutti i dirigenti.
"Una vittoria sofferta, in questa foto c'è il lavoro di chiunque per far sì che la squadra renda al meglio. Mi auguro che sia sempre così, che ci sia unione di intenti perché l'Inter abbia sempre serate così. La vita ora è diversa, ma mi piace perché sono legato sempre all'Inter. Faccio tutto con passione, non ci sono interessi personali".
Chi è Javier Zanetti?
"Una persona vera, che cerca sempre di trasmettere a chi ha accanto quello che è. Uno che ha compiuto tanti sogni che aveva da bambino".
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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