Abnegazione, perseveranza, pazienza, fiducia e tanto lavoro sono i punti cardinali che hanno guidato la navigazione di Federico Dimarco negli ultimi anni. Una traversata non semplicissima, partita dal basso, step by step che, prima di esordire con la Prima squadra in quel lontano 2014 in Europa League sotto l’egida Mancini, lo ha visto indossare la maglia nerazzurra dalle giovanili sin dall’età di 7 anni.
Nel gennaio 2016 il biondino terzino sinistro salpa verso Ascoli con la precisa missione di macinare minuti e farsi le ossa e con i marchigiani mette insieme 15 presenze e 4 assist. Nel giugno successivo fa ritorno all’Inter prima di partire per Empoli, dove però non splende, riuscendo a calcare il campo per sole 13 volte tra Serie A e Coppa Italia, aggiungendo al cv un solo assist vincente e niente più. Un’annata che spenge un po’ gli entusiasmi del canterano interista che dopo la parentesi toscana passa, a titolo definitivo, al Sion. In Svizzera il vento spirato in quel di Empoli non cambia particolarmente e, complice qualche problemino fisico e un lungo infortunio al piede, tra U21 e prima squadra colleziona soli 10 presenze, 1 gol e 2 assist. Dalle Alpi alla pianura padana - passando sempre dall’Inter che lo riacquista dal Sion -, ma anche tra le mura del Tardini il vento avverso non si placa del tutto e al contrario sul giovane milanese continuano ad abbattersi raffiche di Austro: infortunio agli adduttori che lo ha costretto ai box per più di due mesi e una forma fisica non ottimale lo costringono a qualche panchina di troppo e una stagione di chiaroscuro, con l’unico vero chiaro espresso a San Siro sotto gli occhi dei mai troppo fiduciosi tifosi interisti, costretti al ko dal peregrinante Dimarco. Una sola rete nella stagione 18/19, segnata proprio contro l’Inter, non convinta del tutto delle potenzialità del classe ‘97 neanche la stagione successiva nonostante l’iniziale permanenza a corte di Antonio Conte (appena arrivato), con il quale ha svolto tutta la pre-season senza però riuscire a scuotere le gerarchie dell’allenatore nei mesi insieme. Ma in marineria si sa, “sappi navigare in secondo il vento, se vuoi arrivare in porto di salvamento” e la svolta arriva nel gennaio 2020, quando ad onta dei soli 102 minuti nei quattro mesi contiani approda al Verona di Ivan Juric che di Dimarco ne diventa il timone.
Nave senza timone difatti va presto al fondo, lo sa bene il tecnico croato e dell’interista arrivato in prestito si fa carico come un figlio, trascinandolo verso la metamorfosi seppur graduale e non senza difficoltà. Nella prima parentesi veronese infatti Dimarco quanto Juric sono chiamati al lavoro sporco: prendere le misure l’un l’altro e soprattutto trovare la giusta collocazione il campo che possa conciliare caratteristiche individuali del giocatore con la filosofia di quel Verona. Con una dose di fiducia massiccia iniettata nelle vene del milanese e la complicità della positività al Covid di Lazovic, la quadra definitiva viene trovata a novembre 2020, dopo la conferma agli scaligeri ancora in prestito per un’altra stagione.
Da timido difensore in cerca d’identità ad esterno di centrocampo dall’intelligenza tattica che ben si sposa con il gioco dei gialloblu: ricezione in corsa, inserimento tra le linee, tagli in diagonale, raffinatezza di passaggio, controllo nello stretto, attenzione ai movimenti di compagni e avversari, senza contare avvitamenti e torsioni che gli permettono una capacità d’impattare il pallone che talvolta sbalordisce specie nei tiri d’esterno e soprattutto a volo che più volte sono andati in rete con traiettorie quasi tennistiche. Un mix esplosivo che nell’ultimo anno gli ha fruttato più di un applauso e strappato qualche ‘vuoi vedere che…’ che ha finalmente preso sempre più quota anche con la maglia pitonata black ’n blue come attestano le parole di Inzaghi e Marotta in queste prime uscite estive nerazzurre: “Penso proprio che rimarrà con noi” ha detto il mister dopo il match contro il Lugano, dopo l’ad interista che nel pre-gara aveva definito l’ex Verona “il presente e il futuro dell'Inter”.
Parole coralmente attestate anche dall’agente del giocatore che sistematicamente alla domanda su Federico risponde con un registro analogo da settimane: “Dimarco resta all’Inter”. E così sia, salvo la solita ‘irrinunciabile offerta’ - discorso esteso a tutti i componenti della rosa-. In attesa dello scioglimento del nodo Nandez, dei ‘chissà’ su Dumfries e del ‘vediamo come procede’ per Bellerin, una cosa è certa: il vento in casa Dimarco è proprio cambiato. Niente più Austro, Scirocco, né Libeccio, all’orizzonte il cielo è sereno e la visibilità è tornata ottima. Il navigante Federico potrebbe smettere di peregrinare di porto in porto e può finalmente dismettere la benda sull’occhio e calare l’ancora. Buio e vento avverso sono ormai brame di un passato inchiodato da una crescita insindacabile da chiunque come quel siluro dai 30 metri con il quale inchiodò Handanovic anni fa col suo primo gol in Serie A. Il primo di una lunga serie alla Dimarco style che oggi è marchio di fabbrica registrato e che vale più di un semplice copyright. Lo sa Inzaghi e lo sa Marotta, che oggi Dimarco se lo coccola, trovando in lui un’ancora reciproca dalla quale poter ri-partire verso un viaggio insieme che finalmente ha trovato il momento di compiersi.
Nel gennaio 2016 il biondino terzino sinistro salpa verso Ascoli con la precisa missione di macinare minuti e farsi le ossa e con i marchigiani mette insieme 15 presenze e 4 assist. Nel giugno successivo fa ritorno all’Inter prima di partire per Empoli, dove però non splende, riuscendo a calcare il campo per sole 13 volte tra Serie A e Coppa Italia, aggiungendo al cv un solo assist vincente e niente più. Un’annata che spenge un po’ gli entusiasmi del canterano interista che dopo la parentesi toscana passa, a titolo definitivo, al Sion. In Svizzera il vento spirato in quel di Empoli non cambia particolarmente e, complice qualche problemino fisico e un lungo infortunio al piede, tra U21 e prima squadra colleziona soli 10 presenze, 1 gol e 2 assist. Dalle Alpi alla pianura padana - passando sempre dall’Inter che lo riacquista dal Sion -, ma anche tra le mura del Tardini il vento avverso non si placa del tutto e al contrario sul giovane milanese continuano ad abbattersi raffiche di Austro: infortunio agli adduttori che lo ha costretto ai box per più di due mesi e una forma fisica non ottimale lo costringono a qualche panchina di troppo e una stagione di chiaroscuro, con l’unico vero chiaro espresso a San Siro sotto gli occhi dei mai troppo fiduciosi tifosi interisti, costretti al ko dal peregrinante Dimarco. Una sola rete nella stagione 18/19, segnata proprio contro l’Inter, non convinta del tutto delle potenzialità del classe ‘97 neanche la stagione successiva nonostante l’iniziale permanenza a corte di Antonio Conte (appena arrivato), con il quale ha svolto tutta la pre-season senza però riuscire a scuotere le gerarchie dell’allenatore nei mesi insieme. Ma in marineria si sa, “sappi navigare in secondo il vento, se vuoi arrivare in porto di salvamento” e la svolta arriva nel gennaio 2020, quando ad onta dei soli 102 minuti nei quattro mesi contiani approda al Verona di Ivan Juric che di Dimarco ne diventa il timone.
Nave senza timone difatti va presto al fondo, lo sa bene il tecnico croato e dell’interista arrivato in prestito si fa carico come un figlio, trascinandolo verso la metamorfosi seppur graduale e non senza difficoltà. Nella prima parentesi veronese infatti Dimarco quanto Juric sono chiamati al lavoro sporco: prendere le misure l’un l’altro e soprattutto trovare la giusta collocazione il campo che possa conciliare caratteristiche individuali del giocatore con la filosofia di quel Verona. Con una dose di fiducia massiccia iniettata nelle vene del milanese e la complicità della positività al Covid di Lazovic, la quadra definitiva viene trovata a novembre 2020, dopo la conferma agli scaligeri ancora in prestito per un’altra stagione.
Da timido difensore in cerca d’identità ad esterno di centrocampo dall’intelligenza tattica che ben si sposa con il gioco dei gialloblu: ricezione in corsa, inserimento tra le linee, tagli in diagonale, raffinatezza di passaggio, controllo nello stretto, attenzione ai movimenti di compagni e avversari, senza contare avvitamenti e torsioni che gli permettono una capacità d’impattare il pallone che talvolta sbalordisce specie nei tiri d’esterno e soprattutto a volo che più volte sono andati in rete con traiettorie quasi tennistiche. Un mix esplosivo che nell’ultimo anno gli ha fruttato più di un applauso e strappato qualche ‘vuoi vedere che…’ che ha finalmente preso sempre più quota anche con la maglia pitonata black ’n blue come attestano le parole di Inzaghi e Marotta in queste prime uscite estive nerazzurre: “Penso proprio che rimarrà con noi” ha detto il mister dopo il match contro il Lugano, dopo l’ad interista che nel pre-gara aveva definito l’ex Verona “il presente e il futuro dell'Inter”.
Parole coralmente attestate anche dall’agente del giocatore che sistematicamente alla domanda su Federico risponde con un registro analogo da settimane: “Dimarco resta all’Inter”. E così sia, salvo la solita ‘irrinunciabile offerta’ - discorso esteso a tutti i componenti della rosa-. In attesa dello scioglimento del nodo Nandez, dei ‘chissà’ su Dumfries e del ‘vediamo come procede’ per Bellerin, una cosa è certa: il vento in casa Dimarco è proprio cambiato. Niente più Austro, Scirocco, né Libeccio, all’orizzonte il cielo è sereno e la visibilità è tornata ottima. Il navigante Federico potrebbe smettere di peregrinare di porto in porto e può finalmente dismettere la benda sull’occhio e calare l’ancora. Buio e vento avverso sono ormai brame di un passato inchiodato da una crescita insindacabile da chiunque come quel siluro dai 30 metri con il quale inchiodò Handanovic anni fa col suo primo gol in Serie A. Il primo di una lunga serie alla Dimarco style che oggi è marchio di fabbrica registrato e che vale più di un semplice copyright. Lo sa Inzaghi e lo sa Marotta, che oggi Dimarco se lo coccola, trovando in lui un’ancora reciproca dalla quale poter ri-partire verso un viaggio insieme che finalmente ha trovato il momento di compiersi.
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