Non so se davvero Rafa Benitez avesse già pronta un’alternativa all’Inter e per questo si sia ‘accontentato’ di una buonuscita di 3 milioni di euro (teoria di Antonio Bartolomucci), oppure abbia preferito uscire di scena con il suo abituale aplomb, senza sbattere portoni o mettersi troppo in mostra. Fatto sta che, se paragonata alla vicenda Mancini (durata oltre un anno e costata 8 milioni a Moratti), questa rescissione contrattuale è stata meno dolorosa per le finanze nerazzurre. Si chiude dunque il capitolo Benitez dopo appena sei mesi di lavoro, giusto al giro di boa che è valso all’Inter il Mondiale per Club. Che, sommato alla Supercoppa italiana conquistata in agosto, trascina di diritto lo spagnolo nella storia nerazzurra. Peccato per il fallimento di Montecarlo, la Supercoppa europea poteva arricchire il palmares di entrambi.

A serrande abbassate, una volta per tutte, ribadisco un concetto di cui mi sono impadronito da qualche tempo: Benitez, in questa sua breve esperienza nerazzurra, ha commesso degli errori dal punto di vista della preparazione atletica e di alcune interpretazioni tattiche. Il resto è stato naturale conseguenza, compresi gli infortuni a catena e i risultati sul campo. Poi, le responsabilità vanno condivise con la società e i giocatori, che di certo in fase di mercato (la prima) e sul rettangolo di gioco (i secondi) non gli hanno dato una mano. Poi, l’ombra di Mourinho ha completato il quadro drammatico di questa prima fase di stagione. Detto fra noi, non penso che Benitez abbia pagato con il posto di lavoro lo sfogo post-Mazembe. Direi piuttosto che il suo destino era già segnato, perché Moratti aveva da tempo inviato segnali sin troppo evidenti nei suoi confronti, parlando di altri argomenti come infortuni e ‘figure del cavolo’. Poi, a domanda diretta, il presidente ha sempre smentito un addio dello spagnolo, ma ciò è avvenuto fino all’annuncio ufficiale della rescissione contrattuale, in linea con la presa di posizione del club.

A mio parere, lo sfogo del tecnico è stato colto al balzo per porre fine una volta per tutte alla collaborazione. Non a caso, se non si fosse trovato un accordo, l’Inter sarebbe andata in tribunale sostenendo che tali dichiarazioni potevano essere una ragione valida per chiedere la risoluzione contrattuale senza buonuscita. Ma Benitez non è tipo da creare casi, lui vuole solo lavorare serenamente ed è questo l’augurio che, adesso, gli faccio: che trovi un’altra società in cui possa svolgere senza pressioni il proprio mestiere, costruendo un progetto tutto suo. All’Inter, dove il progetto altrui è ancora in atto, non è stato possibile.

Mi auguro, inoltre, che il club adesso si ravveda e rimedi, con il nuovo allenatore, agli errori estivi (soprattutto in fase di mercato). Forse la dirigenza sperava che la ‘presenza’ di un tecnico di livello internazionale e con esperienza da vendere fosse sufficiente per colmare il vuoto lasciato da Mourinho. Non è stato così, nessuno avrebbe potuto sostituire lo Special One. Serviva una guida gradita ai giocatori, etichetta che Rafa ha perso per strada. Magari Leonardo, persona distinta, elegante e mai sopra le righe, che vanta ottimi rapporti con molti giocatori (anche nerazzurri), potrebbe essere la soluzione giusta. Con lui la squadra ritroverebbe la serenità smarrita e ricomincerebbe a giocare come sa. Non serve un genio (nonostante il nome lo inchiodi…) per guidare questo gruppo di campioni, ma un tecnico che gli dia le indicazioni basilari e lasci alla loro voglia di riscatto e combattività comprovata il resto.

Nell’attesa dell’annuncio ufficiale, mi sorprende non poco la replica di Adriano Galliani alla sola idea di vedere Leonardo sulla panchina dell’Inter: “Non so come reagirei, lui ha una storia di 13 anni con il Milan, prima da calciatore poi da dirigente”. Parole che tradiscono un certo malumore da parte dell’a.d. rossonero, che solo in questa stagione ha ritrovato l’entusiasmo e la voglia di punzecchiare i nerazzurri. Beh, dopo Vieri, Ronaldo e Ibrahimovic, Galliani non ha molto diritto di esprimersi sull’argomento. Se poi ha un minuto da perdere, telefoni a Moratti e gli chieda come ci si potrebbe sentire a vedere un simbolo della tua squadra vestito con la maglia ‘opposta’.

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Ven 24 dicembre 2010 alle 13:10
Autore: Fabio Costantino
vedi letture
Print