In diverse interviste rilasciate a più quotidiani inglesi, ovviamente prima del match-scandalo di ieri sera contro la Sampdoria, Josè Mourinho ha parlato ampiamente del suo legame con il Chelsea, a partire proprio dall'eventualità di una vittoria: "Non esulterei, perchè non avrebbe senso festeggiare il successo in una partita quando ancora non si è vinto nulla. E poi, io non devo dimostrare nulla a nessuno". Già, proprio perchè la sua avventura con i Blues è stata indimenticabile, e lui la ripercorre al Sunday Mirror: "Io sono parte della storia del Chelsea – ha detto l’allenatore nerazzurro – e loro sono parte di me. Quando arrivai in Inghilterra, la gente si chiedeva chi fossi, ma poi hanno cambiato atteggiamento quando ho detto loro che ero lì per conquistare dei trofei e ho mantenuto le promesse fatte. Il Chelsea sarà sempre speciale per me e in molte occasioni ho detto che spero di ritornarvi un giorno. Ma quando dico “un giorno”, non sto dicendo quando questo succederà".

Lui, Josè Mourinho, che il Chelsea lo conosce benissimo: "E’ vero, conosco bene il Chelsea e, quindi, non è una gara così difficile da preparare per me. In genere, sono meticolosissimo, ma dalla mia partenza da Stamford Bridge (settembre 2007, ndr) nulla è cambiato: affrontano le partite esattamente come facevano quando c’ero io e anche gli uomini che scendono in campo sono gli stessi. Non credo, però, che il Chelsea abbia paura dell’Inter, perché è un grande club con grandissimi giocatori. E, del resto, nemmeno noi abbiamo paura di loro: rispetto questo sì, ma paura mai. Per nessuno". Ritornando all'Italia, Josè si sofferma sulla maggiore competitività della nostra Serie A: "E' un campionato più competitivo di quello inglese, perché il gap fra le squadre di vertice e quelle dietro non è così grande come, invece, succede in Premier League". Però, per gli allenatori stranieri, il rispetto è poco: "meno che tu non sia italiano, non vieni considerato meritevole di stare qui. In Inghilterra, invece, c’è rispetto per gli allenatori stranieri ed è questo il motivo per cui ero più felice là".

Poi, si passa a parlare di Roman Abramovich, il presidente che lo volle al Chelsea e che poi su lo stesso che lo mandò via: "I rapporti restano comunque ottimali con Abramovich", e si rapporta il magnate russo a Massimo Moratti, passano però per il presidente realmente più amato da Mou: Jorge Nuno Pinto da Costa del Porto: "uno che c’era quando doveva esserci e che parlava quando doveva parlare, che mi ha dato tutto quello che volevo e mi ha sempre appoggiato in pieno. Uno che si è adattato alla mia mentalità, rendendo tutto più facile". Un grande amore, il Porto, così come i giocatori africani: "Ci sono sempre stati degli africani che giocavano nei campionati europei – ha spiegato l’allenatore alla stampa di casa nell’intervista ripresa dal domenicale inglese – ma non credo sia sbagliato dire che sono stato uno dei primi a capirne le potenzialità". Il giocatore preferito, però, è uno: Frank Lampard: "Sono davvero orgoglioso di aver lavorato con un campione e con un uomo del genere – si legge ancora sul “Sunday Star” – perché non è uno che si accontenta ma vuole sempre migliorarsi e questo per me significa essere un vero professionista. Quando Frank gioca, la squadra gioca e Frank gioca sempre, tanto che ha un record di presenze incredibile e non si risparmia mai".

Sezione: In Primo Piano / Data: Dom 21 febbraio 2010 alle 13:56 / Fonte: Gazzetta dello Sport - Sunday Mirror; News of the World; Sunday Star
Autore: Fabrizio Romano
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